Capitolo 37

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Il sole è sorto da qualche ora ,ormai, e io sono rimasto seduto di fronte al corpo addormentato di Morgan.

Dorme beatamente e ,più di una volta, ha anche russato ,per qualche minuto. Mentre lo osservo, rifletto su quello che ha detto la sera precedente e mi passano per la testa una miriade di pensieri.

Sono rimasto qui per tutta la notte, non potevo ignorare di non aver sentito quello che ha detto poco prima di addormentarsi e ,allora, ho deciso di non andarmene.

Sono le otto del mattino e non riesco più ad aspettare oltre.

Sono stremato dalla stanchezza, più mentale che fisica, ma devo conoscere la verità, devo sapere se avevo ragione sul fatto che c'era qualcosa che non quadrava.

Mi alzo lentamente e, senza fare rumore,vado in bagno. Mi sciacquo la faccia e mi ricompongo un pochino,anche se ,ovviamente, la privazione di sonno si nota eccome.

Trovo un secchio e lo riempio di acqua fredda .poi chiudo il rubinetto e mi sposto nella camera da letto dove Morgan ancora è nel mondo dei sogni.

Lo fisso per un altro momento, poi con tutta la forza che ho nel corpo, lancio l'acqua dentro il secchio su di lui.

Si sveglia di scatto e urla. "Che diamine." Si lamenta lui. Vedo che trema e cerca di riscaldarsi con le mani. "Che cazzo ci fai tu qui?" Mi domanda allarmato quando mi vede in casa sua.

"Scusami, non era mia intenzione svegliarti così, ma ho provato a chiamarti e non ci sono riuscito." Mi invento io. Lui mi guarda perplesso.

"Che è successo la scorsa notte?" Evidentemente non ricorda proprio nulla. Lo fisso inespressivo. "Niente, hai alzato il gomito un po' troppo e allora ho deciso di accompagnarti a casa." Gli spiego io calmo.

"E hai anche deciso di rimanere?" Sembra un pochino irritato. "Era molto tardi e non c'erano taxi disponibili."

"Capisco." Mi dice anche se mi guarda con sospetto. "Ho pensato che volessi essere svegliato in tempo per il grande giorno."

"Beh,in effetti, sono già le otto e trenta, hai fatto bene anche se il tuo modo di svegliare le persone è veramente da pazzi." Mi rimprovera lui. "Me ne ricorderò per la prossima volta." Rispondo secco.

"Allora." Incomincio io. "Immagino che sarai elettrizzato per il grande giorno di Annie." Lui torna a guardarmi perplesso. "Non posso dire che la cosa mi lasci indifferente, ma non sono neanche così eccitato" Dice cauto. Credo inizi a sospettare dove voglio andare a parare.

"Certo, certo." Lo canzono io. "Tu ed Annie siete molto legati. Voglio dire, passate così tanto tempo insieme sia in ufficio che fuori, fate tanti viaggi di lavoro che penso sappiate tutto l'uno dell'altra. Siete diventanti molto...intimi." Enfatizzo sull'ultima parola.

"Non direi che siamo molto intimi, ma sicuramente abbiamo un rapporto che va oltre il semplice lavoro. Siamo amici." ammette lui.

"E' quello che intendevo io." Lo preso in giro. "Sai che è successa una cosa molto curiosa? Sparo io. "Ieri sera , ti sei ubriacato di brutto e hai detto qualcosa di strano." Gli rivelo. Lui spalanca gli occhi e vedo che la preoccupazione emerge sul suo volto.

"Quando si è ubriachi si dicono tante cose, ,ma non vuol dire che siano vere." Si difende lui. "Sai come dicevano i latini? " Gli domando e lui rimane fermo. "In vino veritas."Sussurro. "Tu mi sembra che ne abbia bevuto parecchio. Anzi .ne sono molto certo visto che ho dovuto portarti di peso fin quassù."Gli spiego con tono minaccioso.

"Prima che potessi andarmene, hai detto una frase che mi ha fatto incuriosire. Se non avessi urlato il nome mi mia sorella, non ci avrei neanche fatto caso , ma visto che parlavi di Annie, mi sono insospettito. Sai cos'hai detto?" Lo sprono io. Morgan diventa pallido in viso e con la bocca spalancata mi fa segno di no. "Perchè non diciamo la verità ad Hank? Non voglio che la piccola non conosca il suo vero padre."

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