24. Let's play the Game.

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La serata, o meglio la bevuta, si prolungò leggermente più del dovuto e quando guardai l'orologio, che segnava le due di notte, nominai mentalmente Dio, Buddah, Allah e Odino. Mi sarei dovuta svegliare, come di consueto, due ore dopo e il tasso alcolico che scorreva nelle mie vene aumentava una birra dopo l'altra.
"Temo di dovervi lasciare. Tra due ore devo essere in piedi e non so nemmeno se riuscirò ad alzarmi da questa sedia prima che il sole sorga in cielo" dissi animata da un allegria dionisiaca.
Alle mie parole si levò un coro di ingiuria peggiore di un discorso senatorio nell'antica Roma, fatto di schiamazzi e negazioni primitive e barbare.
"Ilejay resta ancora un po'"
"Il mio dovere di soldato me lo impedisce, sergente" risposi all'oscuro signore della notte seduto di fronte a me. (Se non si fosse capito sto parlando di Brian, e chi altri sennò)
"Sembri una che diserta facilmente"
"Non in questo caso. Buonaserata soldati, mi sono divertita molto.
Buonanotte"
Salutai tutti e me ne tornai a letto, barcollando ogni tanto come un gatto ciccione dopo aver mangiato un'intera scorta di crocchette.
Non appena mi accoccolai a letto mi addormentai di sasso e in quelle due ore di tempo riuscii a ristorarmi quasi completamente.

*

La giornata seguente trascorse pressoché tranquillamente.
Non ci furono ulteriori sparatorie e nessun nostro soldato rimase ferito, tranne uno dei cadetti più stupidi che avessi mai conosciuto che, saltando come un deficiente lungo le scale di un palazzo, mise male il piede e si slogò una caviglia. Ci fece rallentare di una buona ora il lavoro e arrivai alla base molto stanca e frustrata.
"Ilejay, c'è un sergente che ha chiesto di te" disse un mio collega mentre mi stavo rilassando con la PS Vita, spudoratamente nascosta tra i miei bagagli il giorno della partenza.
"E che vuole?" dissi scocciata mettendo in pausa la schermata di gioco.
Il ragazzo inarcò le spalle e assumendo un'espressione ignara mi intimò a non fare attendere il sergente.
"E va bene, ci vado ci vado!" sbuffai alzandomi e sistemando l'abbigliamento scomposto
Faceva talmente caldo che la voglia di alzarsi si nascondeva lontana.
Uscii dal dormitorio e trovai Brian appoggiato alla colonna con le braccia tatuate conserte e lo sguardo fisso sulle scarpe sportive.
"Mi cercavi?" domandai avvicinandomi e lasciando due baci sulle due guance per salutarlo.
"Sì volevo solo sapere come stavi, donzella"
"Preferisci una dolce bugia o una cruda verità?"
"Opterei per la seconda se mi concedi di offrirti una sigaretta"
"Permesso accordato sergente"
Uscimmo dall'edificio e ci fermammo sul lato posteriore della base, per poterci godere il nostro piccolo vizio in tranquillità al riparo da occhi indiscreti.
"Allora Ilejay" cominciò "che succede?"
Odiavo come pronunciava il mio cognome. Aveva nella voce una nota di superiorità e provocazione leggermente irritante ma, tutto sommato, quel giovane era di piacevole compagnia.
"Giornata noiosa. Una totale perdita di tempo. E quel demente di Braxton si è slogato una caviglia"
"E come ha fatto?"
"Saltellando su delle scale" risposi svogliata mentre mi accendevo la sigaretta.
Passammo i cinque minuti seguenti a parlare di stupidaggini fino a quando non gettammo i mozziconi nell'unico cestino lasciato a marcire in quell'area della base.
"Dunque ti piace il sapore dolce amaro del pericolo" sentenziò riallacciandosi a quanto detto precedentemente.
"Diciamo che adoro l'azione e correre i rischi più impensabili. Vivo alla giornata e preferisco andare incontro a tutto e sbagliare piuttosto che rimanere nell'ombra di qualcun altro"
"Quindi" disse posizionandosi davanti a me, a giusto qualche centimetro dal mio volto accaldato (e anche un po' sudato sinceramente) per colpa dei 45 gradi che si sentivano nell'aria.
"Secondo la tua teoria, se io decidessi di ficcarti la lingua in bocca tu ricambieresti il bacio" concluse lasciandomi senza parole. Quel ragazzo aveva le palle, non solo nel vero significato del termine, gliene diedi atto. Era divertente stare al suo gioco.
"Carpe Diem" risposi prendendo il suo volto con le mani e facendo mie le sue labbra.
Potrei tranquillamente dare ragione a quell'immensa schiera senza fine di moralisti che mi giudicherebbero una ragazza facile a fronte di questa situazione.
Perché sì, care mie suorette, ero veramente schiava della lussuria e francamente ci navigavo come un pirata nell'oro.
Ma tornando a quell'accaldata, ora in tutti i sensi, giornata afghana, il giovane mi spinse al muro dell'edificio continuando a baciarmi con sempre più foga e passione, stringendo con una mano le mie natiche e con l'altra accarezzando il mio viso.
Dopo qualche momento però cominciai ad annoiarmi di un semplice bacio, così, constatando che non era nè il luogo nè il momento adatto per provare ad osare qualcosa di più, mi staccai da lui e mi allontanai di qualche metro.
"Prestazione interessante sergente. Se vuole completare il corso però le sarà richiesto molto più impegno" dissi sorridendo bastardamente con le mani incrociate al petto.
Il giovane ricambiò la mia provocazione con un sorriso perverso e mi lasciò con una semplice frase.
"Sarà che forse ha il terrore che l'allievo possa superare il maestro, signorina?"
Se ne andò lasciandomi un bacio sul collo e dandomi le spalle.
Mi voltai per osservarlo rientrare nell'edificio con una camminata soddisfatta e forse un po' eccentrica e scoppiai a ridere.
Vuoi giocare Haner? E allora giochiamo, pensai mentre mi dirigevo nella stessa direzione da cui ero venuta.

*

Devo ammettere che quella sera e i giorni seguenti non pensai più di tanto a quanto accaduto con il sergente Haner. Infatti l'arrivo di qualcuno alla base tenne la mia mente occupata.
"Piccola stronza!" urlò una voce troppo familiare mentre stavo cenando in compagnia di altri soldati.
"Johnny?!" urlai più felice che mai.
"In carne ed ossa!"
"Sono così felice di vederti! Come mai ti hanno mandato qui?"
"Con le perdite che ci sono state hanno chiamato alcuni dei nostri per sostituirli e portarvi un maggiore aiuto"
"Che bello! Quando sei arrivato?"
"Oggi stesso e devo dire che ho già capito una cosa. Dovrò cambiarmi mutande ogni ora, qui c'é un caldo infernale!"
"Sì purtroppo!"
Ero così felice di avere di nuovo il nano migliore del mondo al mio fianco, mi era mancato tanto e in un certo senso mi ricordava la vita che avevo lasciato partendo. Era come un ponte di collegamento fra le due dimensioni tra cui mi dividevo continuamente.
Dopo averlo salutato decisi di chiamare mio fratello, sperando di trovarlo libero. Era da troppo tempo che non sentivo la sua voce e ne sentivo profondamente la mancanza.
Mentre raggiungevo la zona in cui erano collocati i telefono pubblici, incrociai Haner nel corridoio che mi sorrise con malizia ma non mi fermai a parlare con lui. Non volevo che sí illudesse di avere una qualche sorta di predilezione rispetto altri, che fosse particolare o speciale. Perché non lo era. A quei tempi volevo semplicemente divertirmici perché era davvero molto intrigante e sexy ma nulla di più.
Dopo aver composto il numero di mio fratello attesi qualche secondo in linea, e fortunatamente rispose.
"Pronto?"
"Ar, sono Katherine!" dissi tutta allegra.
"Sorellina come stai? Finalmente ti fai sentire"
"Scusami ma sono stati giorni intensi. Come state?"
"Noi stiamo benissimo. Zacky é sempre più ubriaco, io sempre più innamorato e Matt..beh è sempre Matt"
"Sono felice di sentirti, mi sei mancato! Ma..cosa intendi dire riguardo Matt?"
"Ma nulla Kath, non preoccuparti. È sempre il solito" rispose cercando di deviare il discorso ma notai subito una certa preoccupazione nella sua voce.
"E senti..con Valary come sta andando?" domandai un po' insicura.
"Mm bene dai"
Rimasi mezz'ora al telefono con Arin e quando riattaccai andai subito a dormire.
Non dovevo e non volevo pensare a Matthew altrimenti avrei rimuginato troppo sulla mia decisione.
Perché infondo avevo lasciato l'unico ragazzo per cui avessi mai provato dei sentimenti veri e pressoché puri per inseguire un sogno di natura prettamente materialistica.
Mi maledissi più volte per ciò che avevo fatto ma ormai era troppo tardi e confidai nel fatto che le soddisfazioni migliori sarebbero arrivate dall'ambito lavorativo con il passare del tempo, a saturare quel vuoto causato dalla mancanza di amore nella mia vita.
Perché per quanto lo negassi a me stessa stavo cominciando a crescere e a diventare una donna adulta, con dei sogni anche affettivi ed amorosi.
Ma non avrei mai potuto realizzarli, io ero un soldato, la mia vita si giocava solamente sul campo di battaglia, avevo firmato uno sposalizio con la guerra dal momento in cui avevo messo piede al BT. Dovevo farmene una ragione, d'altronde ero Katherine Ilejay, non di certo una ragazzina romantica ed illusa.
L'amore era solo una stronzata per vili e deboli.

~Spazio Autrice: Sono sempre io in diretta dall'Iperuranio (?) In ogni caso spero che questo capitolo vi sia piaciuto e non vi abbia annoiato più di tanto. Volevo solo fare una precisazione, non illudetevi su Brian e Katherine, non andrà come pensate, nè in negativo nè in positivo. Sono crudele vero? *sfrega le mani come un genio del male* dunque piccolini commentate e fatemi sapere cosa ne pensate io sono sempre qui per ogni citica, consiglio e, diciamocelo, anche qualche apprezzamento piccino piccino. A presto💕~
Jù.

Missing in Action (M.I.A.) || (DA REVISIONARE!)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora