25. Danger Line.

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Mi svegliai sobbalzando sulla branda in preda al panico.
Le sirene di tutta la base rimbombavano pesantemente, stordendo ogni singolo individuo dormiente o vigile all'interno dell'edificio.
Mi alzai e mi guardai intorno confusa, i militari del mio plotone continuavano a vagare per la stanza buia alla ricerca di qualcosa, ma non capivo cosa.
"Che succede?"
"Quei figli di puttana sono entrati dal lato est, dobbiamo prepararci alla battaglia"
Come avevano fatto? Non lo avrei mai scoperto, non ce lo avrebbero mai detto.
In quel momento smisi di pensare e farmi troppe domande, indossando la mimetica e imbracciando il fucile che era appoggiato accanto al letto.
"Rich" urlai al giovane che stava correndo verso l'uscita.
"Mi devi fare da copertura, non posso lanciarmi da sola in mezzo al fuoco nemico con questa bestia" dissi correndo al suo fianco mentre indicavo il mio fucile.
"Okay ma non perdiamo tempo. Dobbiamo fermarli prima che arrivino al commando"
Feci un cenno con la testa e corremmo lungo il corridoio che conduceva al lato est della base, il punto in cui avremmo dovuto scovare i terroristi.
"Io li massacro finché non vedo i loro occhi spruzzare fuori dalle orbite" sussurrò Rich in preda ad una rabbia isterica.
Ignorai la sua sentenza e mi concentrai.
Passammo in rassegna ogni angolo di ogni singola stanza che ci si parò davanti, cercando di aguzzare la vista nella penombra notturna.
Non potevamo usare torce né tanto meno accendere alcuna luce o sarebbe stato più facile essere individuarci, se qualche arabo si fosse trovato fermo con il mirino puntato.
Un rumore attirò la mia attenzione.
Proveniva dalla stanza alla nostra destra e sembrava essere di un caricatore.
Mimai agli altri due militari al mio fianco di fare silenzio e di avanzare a passo felpato.
Portai il fucile in spalla e attivai i visori notturni, nascondendomi dietro ad una pila di scatoloni in modo da poter vedere la soglia della stanza.
Se ci fosse stato qualcuno là dentro prima o poi sarebbe uscito, e avrebbe dovuto farlo attraverso quella porta.
E io sarei stata pronta a sparare.
A sparare e a fucilare l'ennesima vita.
Perché con il passare delle settimane le morti sulla mia coscienza aumentavano a vista d'occhio, ammontando ad un numero impressionante, eppure non sentivo nulla, proprio nulla, quando premevo il grilletto. Anzi, ammazzare era diventato quasi un perditempo, forse vicino alla necessità, forse stava crescendo in meno un desiderio morboso che mi avrebbe portato sull'orlo della distruzione ma in quel momento non riuscivo a darci peso.
Dovevo uccidere, volevo uccidere. Ne avevo bisogno.
Rich si posizionò al mio fianco attivando a sua volta i visori notturni di cui era dotato il suo elmetto e mi indicò una figura prostrata a terra nell'angolo più buio della stanza.
"Ne vedi altri?" domandai con un soffio di voce mirando prontamente quel bastardo talebano con un insulso fucile quasi sicuramente semi automatico accanto. Sarebbe stato facile, un colpo secco e l'avrei steso, pensai tra me e me calmandomi.
"Uno sull'altro lato e basta"
"Okay Rich adesso devi ascoltarmi. Ho la certezza matematica che nel momento in cui ucciderò il suo collega l'altro si alzerà e si avvicinerà alla porta. Tu non devi far altro che aspettare che si avvicini abbastanza e farlo fuori, capito?"
"Certo"
Mi preparai a mirare quando una figura si posizionò accanto a noi, facendoci sobbalzare.
"Sullivan" disse Rich non distogliendo lo sguardo dal suo bersaglio.
"Cazzo James mi hai spaventato"
"Quanti ce ne sono?" domandò lui caricando il fucile.
"Due"
"Io vi copro" disse alzandosi e sgattaiolando presso il muro adiacente all'entrata della stanza.
"Sei pronto Rich?"
"Sì"
Tre, due, uno.
Un colpo silenziato e secco trafisse in pieno volto l'uomo appostato che crollò a terra senza emettere nessun grido.
Attraverso i miei visori notai una macchia di sangue formarsi sul muro accanto a lui e una sotto il suo cranio forato, farsi sempre più densa e grande.
"L'altro si sta muovendo" disse Rich pronto a sparare.
James portò a sua volta il fucile in spalla per aiutare Rich ma non ne ebbe il tempo.
"Ha una cintura esplosiva!" urlai in direzione di James ma non fece in tempo a spostarsi che un profondo boato invase tutta la stanza e un colpo ci sbalzò a qualche metro di distanza, stordendomi.
Con la vista sfocata cercai di distinguere le figure dei miei compagni che fortunatamente stavano bene.
Il corpo del militante arabo giaceva a terra smantellato in mille piccoli pezzettini e tra le sue viscere pregne di sangue si poteva ancora distinguere qualche frammento degli ordigni che portava in grembo.
Quel bastardo si era fatto esplodere pur di non cadere nelle nostre mani.
Mentre mi rialzai però notai qualcosa, o meglio, qualcuno qualche metro più a destra del corpo sfracellato.
Il sangue mi si gelò nelle vene.
"James!" urlai correndo nella sua direzione e accasciandomi al suolo al suo fianco.
No no no e ancora no.
Lo guardai, e più osservavo il suo corpo più il mio cuore sip frantumava in mille pezzi.
Il suo viso era pieno di cicatrici e di sangue secco e i suoi occhi mi guardavano pieni di dolore e rabbia.
Posai lo sguardo sulle sue gambe.
"James" dissi prendendo il suo viso sporco e lacerato tra le mani.
"Ascolta le mie parole. Ora ti porto in infermeria okay? Tu conosci un modo per arrivarci senza passare sotto occhi indiscreti?"
Lui annuì semplicemente e posò le braccia a terra, voleva alzarsi ma non potevo permettere che si accorgesse di tutto.
La sua gamba destra era stata letteralmente squarciata sopra il ginocchio e sbalzata via dall'esplosione ed ora ne rimanevano solo dei brandelli inzuppati di sangue e legamenti, coperti in parte dal pantalone strappato.
L'altra invece era messa leggermente meglio, non riuscivo a capire cos'avesse ma all'apparenza sembrava sana.
Misi un suo braccio attorno al mio collo e lo aiutai ad alzarsi.
Un urlo straziante fece rimbombare le pareti. Sapevo quanto gli facesse male.
E fu inevitabile.
James posò il suo sguardo su quello che rimaneva della sua gamba e cominciò a urlare come un ossesso.
Provava rabbia, impotenza, dolore, tutti insieme.
"Come cazzo farò adesso?" disse tra i rantoli di tosse mista a sangue che gli macchiavano la maglia ogni qualvolta che apriva bocca.
"Andrà tutto bene. Andiamo" dissi e ci dirigemmo verso l'infermeria.

*

Raggiungemmo l'ambulatorio in quello che sembrò un tempo infinito tanto che anche le sirene smisero di suonare, segnale che tutti i terroristi erano stati eliminati.
Mentre dei medici stavano cercando di fermare l'immensa quantità di sangue fuoriuscente dalla gamba di James e suturare le sue numerose ferite, io continuavo a camminare avanti e indietro aspettandomi il peggio.
Era davvero debole e le sue condizioni si facevano sempre più critiche ogni minuto che passava.
Mi sedetti su una sedia e mi addormentai di sasso, in attesa che mi aggiornassero sulle condizioni del mio amico.

*

Fui svegliata non poco bruscamente da due mani tatuate molto familiari, che continuarono a scuotermi fino a quando non aprii definitivamente gli occhi.
"Dov'è?"
"Nella stanza qua davanti. Non ti faranno entrare, sono ore che i medici non escono da quel cazzo di buco"
"È grave?"
Ingoiai un boccone amaro e cercai di reprimere le lacrime incombenti, visto che in quei pochi momenti ero riuscita a fare mente locale sulla situazione.
"Andrà tutto bene Brian" dissi infine alzandomi e dando una pacca amichevole al giovane che fissava atterrito il pavimento.
Quando alzò lo sguardo vidi la desolazione nei suoi occhi profondi, doveva essere stato provato da così tanta sofferenza nella sua vita a tal punto che glielo si poteva leggere in ogni minimo dettaglio del suo viso.
Avrei voluto così tanto aiutarlo ma mi sentivo impotente, non sapevo praticamente nulla di lui.
"Ho solo bisogno di sentirmi dire che ce la farà" implorò guardandomi negli occhi e in quel momento mi si sciolse il cuore.
Il legame che vigeva tra quei due era davvero forte, una vera e propria fratellanza di sangue.
Non seppi cosa dire ma Brian rispose per me.
Mi strinse al suo petto e lo sentii singhiozzare sul mio capo, mentre le sue lacrime scivolavano veloci lungo i miei capelli, sul mio collo, sul petto, fino a raggiungere quel briciolo di umanità rimasta in me.
"Jimmy è forte, lo sai meglio di me. Se non l'hanno distrutto tutte le birre dell'altra sera, non sarà di certo una stupida granata a buttarlo giù, vero?" dissi accarezzando la sua schiena.
Fece una piccola risata e mi strinse più forte, per poi lasciarmi andare.
"Grazie Ilejay"
"Di nulla Haner"
Sorrisi e lui di rimando. Non so che cosa successe in quel preciso istante ma il mio cuore cominciò a battere come un cavallo imbizzarrito e tutta l'ansia se ne andò improvvisamente.
Il rumore della porta alle spalle di Brian ci fece sobbalzare mostrando un giovane dottore di colore con in mano una cartella medica.
"Siete qui per Sullivan James?"
"Sì" dicemmo all'unisono.
"Siete arrivati in tempo. Per ora le condizioni sono stabili e si riprenderà. Ma siamo costretti a rimandarlo in patria, dovrà subire una serie di interventi e.."
Brian non lo lasciò finire cominciando ad esultare con le lacrime agli occhi.
"Lo hai salvato Katherine, tu lo hai salvato!" mi prese e mi alzò a mezz'aria come fossi una piuma.
In quel momento la sua allegria mi contagiò e mi lasciai sballottare ridendo come una pazza.
Era vero, lo avevo salvato e non sarei mai potuta essere più felice.
Per una volta avevo preservato la vita di qualcuno invece che distruggerla e la sensazione era così perfetta.
James era vivo e si sarebbe ripreso, questa era l'unica cosa che contava.
Brian mi fece toccare di nuovo terra e mi cercò di ripulire il volto ancora sporco di sangue e polvere esplosiva.
"Finalmente ti vedo sorridere" disse amabilmente accarezzando la mia guancia.
"Sono così felice"
"Anche io. Non ti sarò mai abbastanza grato per avergli salvato la vita"
"Non avrei potuto fare altrimenti. Lui merita più di molti altri di vivere e non avrei accettato di perderlo senza nemmeno aver provato a salvarlo"
Brian sorrise ma non disse niente.
"Che c'è?"
"Nulla"
"Stai ridendo del mio aspetto, Haner?" domandai fingendomi offesa.
"No scema, sei bellissima"
Scossi la testa e gli diedi un piccolo spintone avviandomi verso la stanza di James, seguita da Brian.
Quando entrammo lo vedemmo riposare tranquillamente, il suo respiro era regolare e un tubicino per l'ossigeno gli entrava nelle narici, coprendo in parte le varie ferite che aveva sul volto.
"Sembra un bambino" sussurrò Brian ridendo.
"Guardare che vi sento bastardi" rispose James sollevando le palpebre stanche.
Tirai un sospiro di sollievo quando sorrise, era stato solo un falso allarme, stava bene e presto sarebbe tornato a casa, com'era giusto che fosse.

~Spazio Autrice: Salve umanoidi v.v come state? avete mangiato? avete dormito? Okay la smetto. Dunque, cosa ne pensate? Spero non mi odierete se vi dico che James rimarrà senza gamba haha ma del resto non può andare sempre tutto a buon fine no? Dai dai sì con questi commenti che vi vedo un po' spenti, io vi esigo eh u.u
Ora vado a stendere la lavatrice, ciao pimpi belli alla prossima💕~
Jù.

Missing in Action (M.I.A.) || (DA REVISIONARE!)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora