"Kath, svegliati"
"Che ore sono?"
"La tua sveglia era impostata dieci minuti fa e non ha smesso di suonare da allora"
"Non l'ho nemmeno sentita"
"Sei sicura di sentirti bene?"
"Sono un po' rintontita ma sì, sto bene"
"Hai delle occhiaie mostruose"
"E lo saranno ancora di più una volta che avranno infossato il cadavere di Johnny"
"Kath.."
Mi alzai ignorando Arin e aprii l'armadio per cercare i vestiti che avrei indossato quel giorno così funesto.
Mio fratello capì all'istante che avrei preferito essere lasciata sola così uscì dalla stanza e mi aspettò in soggiorno, pronto per accompagnarmi.
Ci misi più del dovuto a cercare di risultare quanto meno presentabile ma era più forte di me, non riuscivo a trovare le forze per rialzarmi ed andare avanti.
"Andiamo?" domandai con un groppo in gola.
Mio fratello aprì la porta e mi diede una carezza sulla schiena per cercare di darmi coraggio.
Il cielo plumbeo oscurava la luce flebile ed invernale del sole.
Avevo passato così tanto tempo nel deserto afghano che non mi ero nemmeno resa conto che era già sopraggiunto novembre.
Il mese dei morti.
Quando giungemmo al cimitero comunale dove si sarebbe tenuta la cerimonia alcune gocce cominciarono a depositarsi sul vetro della macchina.
Sembrava che tutto l'universo si fosse fermato, cristallizzato in questo momento per compatire il nostro dolore, per solidarizzare con la sofferenza di ogni essere umano che lentamente si avviava per recare l'ultimo ed estremo saluto ad una giovane vita stroncata nel fiore degli anni.
"Aspetta che prendo l'ombrello" disse Arin al vento.
Il mio sguardo era fisso davanti a noi, all'esterno dell'auto, al di là del cancello spettrale del cimitero, attraverso il prato verde costellato di tombe; immobile e focalizzato su un singolo oggetto: una bara completamente nera.
"Kath.." apostrofò mio fratello prendendomi la mano.
"Io..non riesco a muovermi.." balbettai con le lacrime che forzavano la mia cavità oculare ad essere lasciate libere di fluire.
"Devi essere forte. Fallo per Johnny, ci starà sicuramente osservando da lassù"
"Jonathan é morto cazzo! E tra poco minuti sarà sotto terra. Come papà! Perché le persone buone se ne vanno sempre troppo presto?"
"Perché questo mondo così corrotto dalla lussuria non è degno di render pieno omaggio ad anime così pure..dai stellina, ce la possiamo fare. Ti va se ci teniamo per mano come quando eravamo bambini? Quando facevi i dispetti alla mamma e ti nascondevi alle mie spalle tenendomi con la tua piccola manina" disse rallegrando un po' il mio umore.
Le sue parole mi riportarono alla mente vari ricordi dell'infanzia felice nella nostra casa immersa nelle praterie texane.
"Non ti ringrazierò mai abbastanza per tutto ciò che hai sempre fatto per me fratellone" dissi abbozzando un sorriso tra le lacrime.
"E continuerò a farlo. Il mio compito è di proteggerti"
Si alzò e uscì dall'abitacolo, raggiungendo la mia portiera e tenendomi l'ombrello sopra la testa.
Aveva cominciato a piovere a dirotto.
La pioggia scalfiva duramente la superficie di ogni lapide, come tante lacrime angeliche provenienti dalla volta celeste.
Un piccolo gazebo fungeva da grande ombrello ad alcune file di sedie poste per i partecipanti al funerale.
La bara giaceva sorretta da aste di metallo sopra al foro praticato sul terreno scuro.
Era chiusa, ma nella mia testa mi figurai l'immagine di Johnny, dormiente e in pace, lontano da ogni dolore e sofferenza.
Una ragazza ci venne incontro, indossava un abito scuro che lasciava intravedere la sua corporatura un po' robusta ma molto femminile, il suo viso era di una semplicità e di una purezza disarmante ma le lacrime le avevano arrossato gli occhi chiari e dai tratti dolci.
"Katherine?" fece la ragazza.
"Uhm..sì sono io"
"Non immagini quanto sono contenta di conoscerti di persona. Sono Lacey"
"Oh" fu tutto quello che le mie labbra riuscirono a partorire, rendendo la situazione alquanto imbarazzante e scomoda.
"Perdonami, non volevo disturbarvi ma come penso tu sappia, Johnny mi ha..aveva sempre parlato molto di te" si corresse soffocando il pianto.
Avrei voluto abbracciarla, rassicurarla e confortarla dicendole che sarebbe andato tutto bene, che Johnny la avrebbe amata in eterno ma non riuscivo a dire nulla.
Il vuoto più totale aleggiava nella mia testa.
"Katherine" sussurrò mio fratello intimandomi di rispondere.
Scossi il capo e, dopo aver preso un respiro profondo, decisi di rispondere.
"Il piacere é mio. Credo che sarebbe ingenuamente superfluo chiederti come stai e per rispetto non lo farò. Volevo semplicemente farti sapere che ho promesso a Johnny che ti avrei aiutata, se tu lo avessi desiderato, e che se mai avessi avuto bisogno di una qualsiasi cosa lo avresti potuto chiedere a me"
"Davvero ti ha chiesto questo? Doveva fidarsi davvero molto di te"
"Sì, me l'ha chiesto e mi ha anche dato una cosa che avrebbe voluto che ti consegnassi" mentii per quanto riguardava la vera causa della morte di Johnny, non avrei voluto stravolgere ancora di più la sua esistenza di quanto non lo fosse già.
Le porsi la lettera un po' stropicciata e riscritta al computer.
"Grazie..sei stata molto gentile..la aprirò"
"Sii forte..ti amava più di qualsiasi cosa e lo farà in eterno"
"Lo credi sul serio?"
"Non lo credo. Ne sono sicura"*
Il funerale durò molto più del previsto però si giunse fin troppo presto al momento fatidico.
Una schiera di soldati posti in fila indiana cominciò a suonare una melodia funebre e ogni militare presente, me compresa, si avvicinò alla bara per porgere l'ultimo saluto al coraggioso compagno e incastonare il proprio stemma di riconoscimento per il suo nobile gesto.
All'ordine alcuni soldati muniti di fucili spararono alcuni secchi e cadenzati nell'aria, facendo tremare ogni singolo essere circostante e la natura stessa.
Uno stuolo di uccelli si levò in volo, disposto ad affrontare la pioggia battente a costo di sfuggire a quel suono tanto temuto.
Quando venne il mio turno mi appoggiai alla bara e una lacrima scivolò sul legno, mescolandosi alle gocce plumbee presenti sulla superficie.
Incastonai il mio stemma spingendolo con forza entro la corteccia dura e con rabbia strinsi i pugni.
I fucili liberarono il terzo sparo nell'aria e sussultai.
Cominciai a tremare e a battere i denti, mi voltai verso la piccola folla presente e comincia a correre lontano.
Avevo bisogno di stare sola, di lasciare che la pioggia inumidisse i miei vestiti e lavasse via il trucco inutile che avevo usato per mascherare il mio dolore..inutilmente.
Avevo solo voglia di gridare e scappare, senza fermarmi.
Raggiunsi l'esterno del cimitero e mi rifugiai presso l'entrata di una vecchia baracca, all'apparenza abbandonata.
Mi lasciai crollare a terra, gettando a lato la borsa e cominciando a singhiozzare come una bambina.
Non riuscivo a metabolizzare un pensiero razionale, la mia mente era un insieme indistinto di parole senza senso logico, senza via di uscita.
Mi sentivo così tremendamente codarda e vile ad essere fuggita, avrei voluto solamente tornare in Afghanistan e massacrare ogni singolo membro di quella etnia di malfattori e morbosi sporchi assassini.
Avevo un odio e una cattiveria incondizionata nell'animo che avrebbe spaventato chiunque.
Sentii dei passi sprofondare nelle pozzanghere così decisi di accendermi una sigaretta e alzarmi, per far sembrare tutto pressoché normale.
Ma quando vidi chi mi si parò davanti mi sentii quasi sollevata.
Il giovane mi venne incontro e si accese a sua volta una sigaretta, senza proferir parola, avendo probabilmente compreso il mio poco interesse ad interagire.
Rimanemmo in silenzio per molto tempo, a goderci il suono della pioggia e il gusto della sigaretta che bruciava lentamente.
"È assurdo come un oggetto così piccolo abbia effetti a tal punto devastanti sull'uomo, non credi?"
"Dove vuoi arrivare?"
"Vedi. La vita è così breve e volubile, se procedi a passi lenti e troppo calcolati finisci per scadere nella più pura banalità; se la vivi tutta d'un fiato, a passo spedito e irrefrenabile giungerai troppo presto al limitare della sua lunghezza. È proprio come una sigaretta, l'angoscia delle anche più piccole decisioni non lascia pace all'uomo, gli interrogativi mai risolti lo consumano così lentamente da non far nemmeno percepire ad egli stesso quanto sia vicina la fine. Dunque che cosa dovremmo fare? Attestarci sul margine della strada e aspettare l'arrivo incombente della morte, oppure correre senza meta fino ad inciampare inevitabilmente sul limite invisibile della nostra esistenza? Sono domande a cui non si potrebbe dare una risposta universale così come non sono universali le scelte umane"
"Così come io non dovrei colpevolizzarmi per una decisione di un'altra persona?"
"Esattamente"
Lo guardai senza dire nulla.
Era perfetto sebbene stesse indossando un abito funerario e la pioggia avesse scompigliato quella capigliatura scura e un po' sbarazzina che lo caratterizzava.
Mi persi letteralmente ad ammirarne la bellezza.
I suoi occhi color nocciola mi ammaliavano, mi persuadevano e mi rendevano schiava di un'emozione così perversa e malinconica a cui tutt'ora non saprei dare un nome.
Senza che riuscissi a controllarlo, mi gettai tra le sue braccia e cominciai a singhiozzare.
Quel suo calore e odore mi erano mancati sinceramente, ne avevo un tale bisogno represso che quasi impazzivo.
"Te l'ho detto che non ti avrei lasciata sola"~Spazio Autrice: Salve popolo! Io sono sempre molto puntuale con gli aggiornamenti haha vi giuro che non lo faccio apposta ma le mie sinapsi non funzionano molto bene con l'avvicinarsi della maturità xD anyway sono a scuola, perdonate gli errori di battitura por favor chicos u.u
Spero di non avervi annoiato troppo, a presto (forse)~
Jù.
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Missing in Action (M.I.A.) || (DA REVISIONARE!)
Fanfiction~Tutto è lecito in guerra e in amore~ "Corri" "Che cosa?" "Corri!" urlò il giovane balzandomi addosso e scaraventando entrambi a qualche metro di distanza, sul margine della strada. La granata era esplosa poco lontano da noi ma il soldato si rialzò...