"Fanculo!" urlai al vento lanciando il telefono contro lo schienale del divano.
La sveglia era impostata per le 06:30 di mattina e nemmeno un'ora più tardi mi sarei dovuta presentare all'aeroporto della base militare per tornare in missione.
Non avevano avuto nemmeno la decenza di farmi sapere il contenuto della nostra prossima missione e la cosa mi rendeva non poco nervosa.
Tenevo molto al mio lavoro e soprattutto all'organizzazione che necessitava e di cui spesso mi curavo, dunque quella loro mancanza ed incompetenza mi rese più impaziente del solito.
Mi feci una doccia veloce e indossai la mia uniforme, pronta ad una nuova partenza.
Ritornare in missione mi avrebbe certamente aiutato a superare gli avvenimenti dell'ultimo periodo e avrei sicuramente esorcizzato tutti i demoni che infestavano la mia mente.
Dopo aver sistemato l'attico passai da mio fratello per un saluto e gli consegnai le chiavi della mia dimora, prima di dirigermi a piedi verso il punto di raccolta in cui ci sarebbe venuto a prendere l'autobus dell'esercito diretto alla base.
Quando raggiunsi il luogo prestabilito incontrai gran parte dei colleghi con cui avevo condiviso gioie e dolori durante le missioni precedenti, tuttavia la mancanza di Johnny si fece sempre più presente man mano che rimembravo gli attimi trascorsi in sua compagnia.
Il solo pensiero della sua morte mi provocò la nausea e sentii che presto sarei scoppiata in lacrime se non avessi fatto qualunque cosa per distrarmi.
Mi avvicinai a due militari colleghi di Brian e li salutai cordialmente.
"Stavamo giusto discutendo di come Haner ci abbia abbandonato. Avrà deciso di mettere su famiglia il bonaccione!" disse il più alto scoppiando in un grossolano attacco d'ilarità.
Provai una certa repulsione nel sentir nominare il suo nome e la sola idea che al mio ritorno lo avrei molto probabilmente trovato con un'altra donna peggiorò la mia già critica situazione.
"E tu Katherine? Come te la sei passata in questi mesi?" domandò Clay, un ragazzetto alto un metro e una sega, con quattro peli pubici al posto della barba e un sorriso che avrebbe fatto cadere ai suoi piedi qualunque femmina in calore, chiunque tranne me.
Il giovane mi avvolse le spalle con il braccio muscoloso e si sporse verso il mio viso.
"Mi spieghi quale cazzo di problema hai?" domandai ironicamente anche se un po' infastidita dal suo comportamento.
"Sai tesoro, le ragazze solitamente mi adorano. Ma tu, tu non avresti voglia di essere soddisfatta?"
"Ci ha già pensato Haner a soddisfarmi in questo periodo di noia" risposi scostandosi dalla sua presa e avviandomi verso l'aereo.*
"Siamo in arrivò a Jalalabad" la voce robotica dell'auto parlante non mi era per niente mancata sebbene il solo sentir pronunciare quel nome mi rallegrò la giornata.
Fremevo dal desiderio di poter imbracciare nuovamente il mio amato fucile, di rivivere l'adrenalina, la paura, la forza che mi conferiva far parte dell'élite dell'esercito meglio addestrato sulla faccia del pianeta.
Dopo aver depositato i bagagli ed essermi fatta una doccia, mi ritrovai con altri soldati, scelti meticolosamente tra le schiere del nostro corpo d'armata, nella sala conferenze.
Il nostro generale ci espose nei minimi dettagli i risultati dell'ultima missione e gli obiettivi della prossima.
Da quanto riuscii a capire il fratello del Mietitore era riuscito a radunare sotto il suo comando un esercito di assassini a sangue freddo ed era prossimo ad assumere il comando dell'intera organizzazione terroristica del parente.
Uscimmo ordinatamente dalla sala circa un'ora più tardi e, siccome la missione sarebbe cominciata all'alba del giorno dopo e la sera era ormai prossima, sgattaiolai sul retro dell'area adibita a dormitorio e mi accesi una sigaretta.
Mi appoggiai tranquillamente al muro e osservai la volta celeste che si estendeva sopra il mio sguardo.
Mi era mancato il cielo Afghano e le sfumature che assumeva con il tramonto in atto.
Quando osservai l'ora sull'orologio rimasi stupida nel constatare che si erano già fatte le 23.00 e sarei dovuta essere nel mondo dei sogni ormai da un bel po'.
Mi rannicchiai sulla brandina scomoda e cigolante, tirando il lenzuolo fin sopra le tempie, infastidita com'ero dal russare perenne delle altre ragazze dormienti.
Prima di quanto potessi anche solo lontanamente immaginare, le sirene suonarono prepotentemente indicandoci che era ora di svegliarsi.
Mi preparai in fretta presentandomi prima di tutti presso il parcheggio dei fuoristrada.
Mi sentivo sinceramente bene mentre imbracciavo il mio fucile un po' segnato qua e là da qualche graffio e ammaccatura superficiali.
"Ilejay ci siamo alzati di buon'ora stamani?" domandò uno dei miei colleghi ciondolano con la sua inutile
mitraglietta d'assalto appoggiata sulla spalla.
"Così richiede il protocollo" ribattei freddamente, prendendo posto all'interno di una delle vetture.
Impiegammo un'ora intera prima di giungere nel centro abitato di una città minuscola e per metà disabitata.
Non appena scendemmo dai veicoli un piccolo gruppo di persone ci si avvicinò inginocchiandosi e cominciando a piangere.
Strillavano con voci acute e rotte, parlando la loro lingua che non riuscivamo proprio a comprendere poiché deformata dal pianto.
"Chiamate quel cazzo di interprete!" urlò il caporale spingendo via una giovane donna che si era letteralmente aggrappata alla sua gamba.
Il giovane militare di origini arabe ci raggiunse e dialogò frettolosamente con alcuni degli uomini presenti nel gruppo che ci aveva bloccato la strada verso il nostro punto di raccolta.
"Stanno tornando, voglio disintegrare l'intero villaggio dopo aver catturato gli americani responsabili dell'uccisione del Mietore" disse il ragazzo guardandomi negli occhi terrorizzato.
"Come cazzo fanno a sapere che siamo qui?! Brutti figli di puttana!" urlai facendo sollevare con la suola della sabbia.
Quando rialzai lo sguardo furente vidi un ragazzetto dall'aria sfacciata osservarci e guardare ripetutamente l'area circostante, mentre accostava un apparecchio all'orecchio.
Nel momento in cui notò che mi ero accorta della sua presenza cominciò a correre e, senza pensarci due volte, lo inseguii il più velocemente possibile.
Dopo aver percorso nemmeno 100 metri il giovane si fermò qualche secondo per recuperare l'apparecchio elettronico che gli era scivolato dalla tasca.
Approfittati di quel rallentamento per raggiungerlo e saltargli addosso con tutta la forza che avevo in corpo.
Il giovane, colto alla sprovvista, cadde a terra e si ruppe il naso.
Mi gettai ripetutamente sul suo corpo premendo i gomiti nella sua schiena fino a quando non fui raggiunta da due colleghi.
Ci alzammo e uno dei due militari afferrò l'individuo per i capelli, costringendolo a camminare verso il nostro squadrone.
Prima che potessi reagire però sentii qualcosa di pesante scontrarsi contro la mia nuca e caddi a terra, quasi completamente stordita dall'impatto.
Respiravo a fatica e il sole batteva sull'asfalto interamente coperto di sabbia.
L'ultima cosa che riuscii a distinguere furono i miei due compagni cadere al suolo a loro volta, con il viso ricoperto di sudore rotearono entrambi gli occhi e, presumibilmente, svennero.
Li seguii a ruota e persi i sensi.
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Missing in Action (M.I.A.) || (DA REVISIONARE!)
Fanfiction~Tutto è lecito in guerra e in amore~ "Corri" "Che cosa?" "Corri!" urlò il giovane balzandomi addosso e scaraventando entrambi a qualche metro di distanza, sul margine della strada. La granata era esplosa poco lontano da noi ma il soldato si rialzò...