30. Falling Innocent.

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La notte passò pressoché tranquillamente, solo pochi terroristi tentarono di fare incursione nella nostra zona e non ci furono perdite tra i nostri.
La mattina verso le otto mi addormentai profondamente e Johnny vegliò sul mio sonno tormentato fino a quando non mi svegliò per un veloce pasto.
"Che cosa mi sono persa?"
"Hanno anticipato l'incursione"
"Che cosa?! Ma non siamo ancora pronti, dobbiamo accertare le ultime manovre cazzo"
"Lo so ma non abbiamo più tempo. Ci hanno informato che il nostro obiettivo ha deciso di spostarsi più a nord in un altro stabilimento...e se temporeggiamo e li seguiamo rischiamo di mandare tutto a puttane"
"Sono preoccupata Johnny"
"Per cosa?"
"Non lo so, ho un brutto presentimento. E se dovessimo sbagliare qualcosa?"
Il giovane mi guardò negli occhi sorridendo con la sua solita dolcezza e finta sicurezza.
"Siamo stati addestrati per anni a questo, siamo pienamente qualificati"
"Andrà tutto bene alla fine?"
"Questo non posso promettertelo ma ce la faremo"
"Ah Johnny.."
"Sì?"
"Ti voglio bene" dissi abbracciandolo teneramente.
"Anche io Kath"
Ci incamminammo e raggiungemmo i nostri colleghi per accordarci su alcuni ultimi preparativi per la missione del giorno dopo.

*

Terrore. Insicurezza. Dubbi, tanti dubbi.
Mente caricavo il mio fucile sentivo le mie mani tremare compulsivamente, non lasciandomi tregua.
Ci trovavamo a pochi passi dal Compound del Mietitore, ancora qualche minuto e ci saremmo trovati faccia a faccia con gli scagnozzi di uno degli uomini più temuti dal governo statunitense.
Avremmo dovuto lottare per tener salva la nostra pelle e quella dei nostri compagni.
A me e a Johnny spettava il compito di sorvegliare il primo piano dell'edificio mentre si sarebbe svolta l'operazione di cattura del soggetto.
Avremmo dovuto uccidere chiunque avrebbe cercato di intervenire ed intralciare le nostre manovre.
Quando gli assaltatori ci ebbero spianato la strada raggiungemmo il punto a noi indicato e ci nascondemmo dietro ad un mobile in legno un po' usurato.
"Ci siamo" sussurrò Jonathan cercando di controllare il tremore delle sue mani.
"Stai calmo, respira. Andrà tutto bene" cercai di tranquillizzarlo mentre posizionavo il mio fucile e regolavo l'obiettivo.
Il silenzio di quel edificio era austero ed indecifrabile.
Mi sentivo trasportava come nell'occhio di un ciclone per l'ennesima volta, un attimo prima della tempesta che si sarebbe tornata a scagliare su di noi non appena i nostri compagni avrebbero aperto la stanza in cui il Mietitore e la sua famiglia stavano probabilmente riposando.
Due dei nostri si posizionarono ai lati della porta e fecero cenno al resto della squadra di rimanere in posizione.
Nel momento in cui diedero il segnale altri militari sfondarono il legno e entrarono nella stanza aprendo il fuoco prepotentemente.
Intravidi i corpi di due militari dalla pelle ambrata cadere a terra come foglie d'autunno e fiotti di sangue schizzare ovunque.
Una pioggia di proiettili cadde sopra le nostre teste come durante un temporale estivo mentre il Mietitore, due delle sue mogli e cinque bambini correvano giù dalle scale verso l'uscita dell'edifcio.
Nessuno aveva ben pensato di tenere sorvegliato l'ingresso così li seguimmo a ruota con i fucili spianati.
"Cecchino cazzo!" urlò un militare giunto all'ingresso chiedendo il mio supporto.
Mi avvicinai all'uomo e posizionai il fucile sulla moretta che costeggiava l'edificio.
"Spara cazzo spara!"
Non me lo feci ripetere due volte e colpii quel bastardo in pieno volto facendogli saltare parte del cranio.
Il suo cadavere si accasciò al suolo violentemente e le due donne vi si prostrarono piangendo e tenendo le mani tra i capelli.
Era una scena così straziante ma allo stesso tempo così rivoltante.
Era inconcepibile pensare come si potesse essere capaci di amare un uomo simile, così naturalmente abituato a usare le donne a proprio piacimento e crescere i figli come macchine da guerra.
"Mani in alto!" urlarono i militari alle donne in lontananza.
"Fermi. Potrebbero essere armate" disse Haner, comandante direttivo delle operazioni..purtroppo..
Dopo aver osservato le donne alzarsi in piedi e stringere i bimbi così piccoli e ancora innocenti ai propri petti, regolai nuovamente l'obiettivo del mio fucile e rimasi in attesa.
"Katherine, li hai sotto tiro?" domandò Johnny.
"Sì"
"Allora avviciniamoci, tieniti pronta"
Annuii e lo seguii con il fucile puntato in direzione delle donne mentre alcuni militari rimasero nelle retrovie e altri rientrarono nell'edificio per assicurarsi di aver setacciato ogni singolo metro di quel posto fetente.
Quando ci trovavamo a pressoché 100m dai nostri obiettivi notai una delle donne consegnare un fagotto ad un bambino che avrà avuto non più di dieci anni.
Gli disse qualcosa nell'orecchio e poi lo spinse verso di noi.
Realizzai forse troppo tardi che cosa fosse quell'oggetto.
"Cazzo quel figlio di puttana ha una granata" urlò Jonathan con sgomento.
"Che faccio?" risposi io in preda al panico.
Pochi secondi e il bimbo avrebbe lanciato l'ordigno.
Non restava che una cosa da fare.
Un colpo secco e il bambino cadde davanti ai miei occhi.
Potei leggere la disperazione nei suoi occhi, la rassegnazione di una vittima innocente ed impotente, cresciuta ed obbligata ad agire in modo disumano.
Avevo ucciso un bambino davanti alla figura colpevole della madre, che ora urlava contro di noi ancora più disperata.
La granata rotolò lontano e fortunatamente non esplose.
Gettai il fucile a terra, con le mani tremanti.
Non potevo crederci, avevo ucciso un bambino, avevo privato del dono della vita l'unica parte innocente in questo mondo caotico e così ingiusto.
Era morto invano, spinto da un finto eroismo infantile, dall'incoraggiamento di una madre non curante e dalla credenza di essere ricordato dai posteri.
Mi avvicinai tremante al corpo esanime del bimbo e gli chiusi gli occhi ancora sbarrati in espressione terrorizzata, afferrai la mitraglietta di Johnny al mio fianco e raggiunsi quelle due puttane urlanti che stringevano ancora i bambini tra le braccia.
Se solo avessi potuto glieli avrei strappati via con la forza e li avrei portati con me in America, per poter dar loro un futuro migliore, una vita degna di essere definita tale.
Afferrai la madre del bimbo morto per i capelli e le puntai il fucile alla tempia, intimandola a raggiungere i militari.
Jonathan li perquisì tutti e fortunatamente non trovò nulla di sospetto nelle tasche dei loro indumenti.
Diedi un calcio a quella donna così penosa e spregevole che era stata capace di sacrificare la vita del proprio figlio pur di uccidere qualche americano in più.
Lei prese per mano due dei bimbi e camminò a testa bassa scortata da altri militari verso i nostri fuoristrada.
L'altra donna dal volto coperto era accovacciata a terra e stringeva le mani dei suoi due figli piangendo.
Sembrava innocente.
Le porsi una mano che accettò gentilmente e si alzò seguendo la direzione del resto della sua "famiglia".
"Salva bambini per favore" mi disse in un inglese poco istruito implorando il mio aiuto.
Annuii e le accennai un sorriso mentre ritornai presso il cadavere del Mietitore per assicurarmi che fosse pulito di qualsiasi ordigno.
Alcuni militari si occuparono di sistemare il corpo in un sacco nero e di posizionarlo in uno dei fuoristrada, per portarlo alla base.
"Ilejay, Seward! Tornate all'interno e assicuratevi che non sia rimasto nulla di sospetto, Kenye e Fisher hanno bisogno di un aiuto" urlò Haner nella nostra direzione mentre ultimavano di caricare le auto.
Dopo aver setacciato l'edificio tornammo al piano terra per ricongiungerci con gli altri due militari e fare rapporto su quanto trovato.
Ma non facemmo in tempo ad aprire bocca che sentimmo un urlo e girandoci notammo un ragazzo sulla ventina in cima alle scale, munito di una cintura esplosiva artigianale.
Non disponemmo del tempo di fare altro.
Il giovane si fece saltare in aria davanti ai nostri occhi e l'esplosione ci travolse in pieno, scaraventandoci contro i muri.
L'ultima cosa che riuscii a vedere con chiarezza furono i cadaveri dei due soldati, privi di vita, crogiolati sui primi gradini delle scale.
Un bruciore tremendo mi investì il corpo e istintivamente mi portai una mano all'altezza del fegato ma la ritrassi subito, disgustata dalla consistenza di ciò che era diventato il mio corpo.
Il palmo e le falangi erano interamente coperto di sangue, denso e scuro, ed erano scossi da sussulti incontrollabili.
La vista cominciava a farsi sempre più sfocata e sentii le forze abbandonare lentamente il mio corpo.
Ero profondamente stanca e impotente.
Scorsi alcune figure avvicinarsi a me e l'ultima cosa che riuscii a sentire fu il mio nome.
Poi piombai nell'oscurità più profonda.

~Spazio Autrice: Genteeeeeee, I'm back. Lo so che ci ho messo un'infinità di tempo per aggiornare, perdonatemi ma sono incasinata con lo studio per la maturità e la patente quindi non ho avuto troppo tempo per dedicarmi alla storia. Detto questo spero che qualche lettore sia rimasto e che apprezzerete questo capitolo. So che non è molto ma conto di riprendere ad aggiornare con più frequenza se ne avrò modo. Buona serata panzerottini (?)~
Jù.

Missing in Action (M.I.A.) || (DA REVISIONARE!)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora