Capitolo 15

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"Ciò che pensi di aver dimenticato torna a galla, sempre"
Più mi avvicinavo e più mi sentivo stordita, possibile che io sia l'unica persona che non riesce a 'friendzonare' un ragazzo? Lo vedo come un lato positivo ma anche negativo, del mio carattere. Thomas era bello, bello da morire. Era dolce, simpatico, gentile. Era tutto quello che si poteva desiderare infondo, eppure non lo desideravo. Era il ragazzo più simile alla perfezione che pensavo servisse a me, ma a quanto pare era sbagliata come cosa. Desideravo l'imperfezione più totale, ciò che a me era completamente diverso. Un ragazzo cattivo, chiuso, freddo. Capace di ucciderti con uno sguardo, quel dannato sguardo. Era bello, di più, bello da far male, più lo guardavo e più stavo male. <Ciao Margot> disse Thomas con voce frivola e bassa <Mi dispiace> mi ero preparata un discorso, lungo dettagliato dove parlavo dei motivi per cui io non riuscivo ad andare oltre, e tutto quello che mi uscì fu un semplice 'mi dispiace'. Patetico, buttato la, inutile <Lo capisco, ma stai attenta Margot. Ora scusa ma mi viene il disgusto a parlare con te con lui a 20 metri> disse schifato. Se ne andò lasciandomi li, pensavo sarebbe andata peggio, ne ero sollevata ma delusa da un altro verso. Perché facevo male alle persone che meritavano solo gioia? Sentii l'ultima campanella, curioso visto che avevo saltato praticamente tutta la giornata, stavo pensando che forse non l'avrei passata liscia. Avevo questo brutto presentimento, come se stesse per succedere qualcosa di cui ancora non me ne capacitavo. Ma cosa sarebbe potuto succedere di così brutto?
<Margot andiamo?> <Andiamo dove?> <Ti accompagno a casa> disse Dylan quasi scocciato?
Ci avviammo verso casa mia sotto gli occhi di tutti. Nessuno capiva cosa stava succedendo, sembravamo essere sulla bocca di tutti e non era bello, no. <Tutti ci fissano> <Lo so Dylan, lo vedo> <Senti principessina non azzardarti a rispondermi così okay?> annuii e continuai a camminare. Fuori scuola mi sentivo meglio, più libera. <Io non so molto di te Margot> <Neanche io so molto di te Dylan> si zittì e mi guardò per un istante <Allora mi chiamo Dylan O'Brien vivo qui a Londra da mia Zia Klara. I miei, come già sai, sono morti in un incidente. Ero un ragazzo tranquillo e molto bravo a scuola, già. Da quando i miei sono morti sono cambiato in quello che vedi. Amo il piacere, penso che la vita non esista senza il piacere. Non ho mai amato nessuna ragazza e non ho mai provato ad essere serio con nessuna, anche se ora con te sta succedendo. Capisco la maggior parte dei tuoi pensieri ma impazzisco perché non capisco quello che provo io quando sono con te. Sei diversa e boh. > <Tu non vuoi qualcosa di serio con me> <Non lo so> <Tu mi hai fatto rinunciare a un periodo perfetto per una botta e via> <Non sarebbe stato perfetto, tu non lo ami> <Avrebbe potuto esserlo> cosa avevo appena fatto? Dylan voleva da me esattamente cosa? Niente se non sesso e come potevo essere così stupida. Idiota masochista. Volevo solo farmi male, non potevo scegliere la strada più semplice <Io vado a casa> aprii la porta e quando la chiusi intravidi solo Dylan con una strana smorfia in viso. A casa c'era pace, i miei non c'erano e mia sorella probabilmente era fuori. Guardai fuori dalla finestra e vidi Dylan con le mani nei capelli andarsene. Sentii un buco in pancia, un tormento. Un qualcosa che voleva uscire. Urlai, forte senza pensare che qualcuno potesse sentirmi. Dovevo liberare tutto. Piansi, le lacrime scendevano una dietro l'altra senza mai fermarsi. Gli urli sembravano strozzarsi verso la fine, sembrava che stessi morendo dal dolore. E alla fine era così, ma che senso aveva ridursi così per l'amore? Più ci pensavo e più urlavo. Andai in camera, mi distesi sul letto e guardai il soffitto. Pensai solo al 'non sono un tipo serio'. Sesso solo sesso. Mi addormentai.
<Svegliati è pronto da mangiare> sentii la voce di mia madre svegliarmi. Avevo dormito 7 ore, non avevo mangiato e avevo un aspetto pietoso ma nessuno se ne accorse. Mangiammo rosbif e puree. Mi guardai intorno: c'era mia mamma che guardava il piatto senza spiaccicare parola e mia sorella in tutta la sua perfezione. Mio padre non c'era <Dov'è papà> <Non lo so, so che ha avuto una brutta giornata a lavoro>. Mia madre era un avvocato e mio padre pure. I soldi non mancavano in compenso mancava l'affetto.  <Non è che> <No> risposi io a mia sorella, subito in maniera scazzata. Non poteva succedere di nuovo, no. Non era il momento di fare scenate per il cazzo, doveva imparare a tirare su una famiglia. Sentimmo la porta sbattere <Tesoro sei a casa? Sai cos ho scoperto oggi?> disse ridendo mio padre. Era ubriaco, puzzava ed era messo malissimo. La paura si impadronì di me, no non di nuovo <Che te la fai con il mio capo> e scoppiò in una risata piena di divertimento e odio allo stesso momento. <Non so di che cosa tu stia parlando> la guardai, non credevo ai miei occhi. Mia mamma era una vera e propria puttana, come si permetteva di tradire la famiglia? Non che le importasse qualcosa in effetti. <Vieni qua lurida puttana, facciamo vedere alle nostre bambine chi comanda>  Lucy aveva 3 anni in meno di me, la presi di colpo e la girai <Vai subito in camera e chiuditi a chiave, arrivo> vidi mio padre prendere mia madre e buttarla per terra, iniziò tirandole calci sullo stomaco e la sentii piangere. Lei aveva sbagliato, ma questo era veramente troppo. Continuava a picchiarla e io ero ferma, immobile. Paralizzata. <Margot vai in camera> singhiozzò mia madre. Lei non aveva un buon rapporto con me ma mi voleva bene, veramente. <Smettila papà. Che cazzo fai? Smettila, lasciala stare> mi misi in mezzo. Ero fatta così e ormai dovevo aver imparato che così non si poteva fare. Mi prese, mi serrò le mani e mi buttò per terra. Iniziai a sentire un sacco di fitte, prima alle costole, poi allo stomaco, poi in viso. <Smettila Robert. Le fai male, lasciala stare. Lei non centra> mio padre si staccò. Non so cosa successe ma se ne andò. Non capivo niente. <Vado a prendere del ghiaccio> mia madre era sconvolta. Le lacrime presero il sopravvento e io scappai in bagno. Mi chiusi a chiave, aprii la mia pochette e presi il rasoio. Staccai la prima lametta con una forbice per unghie e la presi fra le mani. Continuavo a piangere, non volevo più sentire dolore ovunque, volevo concentrare il dolore solo su un punto, così che fosse più facile per me superare tutto. Non era la prima volta, era già successo 5 o 6 volte e finiva sempre così. Il periodo buio si riapriva, il sangue, il dolore. Questo è tutto quello che aveva caratterizzato la mia infanzia, la mia adolescenza. Era sempre presente e io ne ero stanca, immersa, condannata. Succedeva e io cadevo, poi mi rialzavo e ricadevo. Qualcuno sarebbe riuscito a far finire tutto questo immenso dolore?

Ecco a voi un altro capitolo
Mi dispiace se è scritto male, ma ci ho provato. Cosa ne pensate? Fatemelo sapere nei commenti❤️

All monsters are human||Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora