in the woods somewhere

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Non ho idea quanto disti da scuola la prigione.
Non ci sono mai stata.
Per fortuna,diciamo.
A quanto pare però questa fortuna relativa sta scarseggiando negli ultimi tempi. Ethan invece ne è perfettamente a conoscenza.
"Sei mai stato in prigione?"gli chiedo,anche se conosco già la risposta, ma è da quando siamo partiti che l'unica cosa che rompe il silenzio è la voce del cantante alla radio.
La domanda mi esce automaticamente.
So che il nostro rapporto è cambiato da quando lo avevo trovato in camera di mia sorella. È per questo che non mi rimangio la domanda.
"No"risponde velocemente. Perché non vuole dirmi la verità? Si vergogna?
Mio padre mi aveva detto che Ethan era stato portato in prigione più di una volta per spaccio.
Wesley scaricava tutta la colpa su di lui e sugli altri spacciatori nascondendosi nel suo covo mentre loro venivano rinchiusi.
"Scusa non volevo offenderti"dico subito per non far cadere già da subito la situazione di equilibrio tra me e lui.
Cade di nuovo il silenzio.
Odio quando si chiude ancora di più in se stesso.
So quanto riesca a essere aperto e disponibile,Ethan.
Perché deve avere questi cambi di umore così improvvisi?
"Dove sono i tuoi genitori?".
Non posso fare a meno di chiederglielo.
La mia curiosità quando sono con lui trabocca.
Forse sto facendo domande troppo personali,ma è da tanto che volevo affrontare con lui questo argomento.
Lo vedo irrigidirsi.
Mi aspetto un'altra risposta brusca,invece sospira quasi come resa e mi risponde.
"Sono tornati in Inghilterra,vicino a Londra".
Come hanno potuto lasciarlo così? Non immagino nemmeno come debba essere per lui avere la consapevolezza che lo abbiano abbandonato così,senza un motivo preciso,o almeno un motivo che io non so.
"Quanto tempo fa?".
Lo guardo mentre guida e mi risponde.
Le sue labbra di muovono lentamente. Non è la prima volta che rimango incantata al suono della sua voce e del suo accento.
"Avevo circa quindici anni"risponde senza spostare lo sguardo dalla strada.
Stiamo percorrendo l'autostrada che è deserta.
La nebbia ricopre l'asfalto rendendo la visuale poco chiara, eppure Ethan non sembra avere problemi alla guida.
"Come mai?".
Dio! Perché devo essere così senza filtri con lui?
Molto probabilmente non ne vuole parlare.
"Perché mi fai così tante domande?"mi chiede sospirando di nuovo.
"Non so...non ti conosco poi così bene...mentre tu sai praticamente tutto della mia famiglia,fin troppo..."gli rispondo onestamente.
Non ho mai avuto la opportunità di conoscerlo veramente,conosco solo l'immagine che ho sempre percepito di lui.
Immagine che piano piano si sta sgretolando.
"Perché...mia madre mi incolpava...della morte di mio padre"mi risponde dopo essere stato in silenzio per un paio di minuti.
Mi si ferma il respiro a quelle parole e il sangue mi si gela nelle vene.
"Non capisco..."gli dico quando cerco di comprendere le sue parole.
I suoi occhi sono fermi davanti a lui,ma posso vedere perfettamente quanto duri e freddi siano in questo momento.
"Quando avevo dieci anni ero fuori con degli amici,più grandi di me...doveva venirmi a prendere mio padre...questi miei compagni però erano ubriachi e quando hanno visto che mi era venuto a prendere in macchina hanno iniziato a prendermi in giro e a picchiarmi,a quel punto mio padre venne in mio aiuto e li fece smettere,fino a quando...uno di questi tirò fuori un coltello".
A quel punto si ferma e stringe le mani sul volante.
Rimango ammutolita dal suo racconto.
Le lacrime iniziano a formarsi ai lati dei miei occhi.
Non avevo idea che gli fosse successa una cosa del genere.
Un ragazzo non dovrebbe assistere a tutto ciò.
"Ma tu che colpa avevi? Nessuna"gli dico quando riesco a formulare una frase di senso.
"Se io non fossi stato debole...se non avessi avuto quei coglioni come compagni...lui non sarebbe morto"mi risponde con tono duro.
Posso soltanto immaginare il peso che quel bambino di dieci anni dovette sopportare.
Come biasimarlo per la vita incasinata in cui si è cacciato.
"Da quel giorno mia madre ha iniziato a parlarmi sempre di meno,ci siamo trasferiti in america...io ero incazzato con tutti e prendevo parte sempre a più risse finché una sera ho quasi ammazzato di botte il nuovo compagno di mia madre a quel punto lei non riusciva più a tollerarmi nemmeno a guardarmi in faccia,così è tornata dove abitavamo prima dicendomi che non poteva più salvarmi...beh e il resto lo sai già credo...ho conosciuto Wesley".
Quando smette di parlare sembra essersi tolto un macigno dal petto.
Il suo viso si distende e la linea che gli percorre sempre la fronte non si vede più.
"Siamo entrambi incasinati"commenta ridendo ma senza convinzione.
"È stata mia sorella a fartici entrare?"gli chiedo approfittando della sua onestà attuale.
"Non mi ha mai costretto nessuno...ma sì...cioè,era lei che voleva frequentare Wesley,ed è riuscita a usare sia me che Clark per arrivare dove voleva,accanto a Wes"mi risponde cambiando poi canzone alla radio.
Non credevo che mia sorella avrebbe potuto essere una persona del genere.
Chissà se anche dietro al suo comportamento c'era una questione più grande,come per Ethan.
"Che cosa l'ha spinta a fare cose del genere?"chiedo ad alta voce più a me stessa che a Ethan.
"Tuo padre...posso dirlo con certezza,lui la picchiava e la incolpava per l'infedeltá di tua madre..."mi risponde con tono neutro Ethan.
"Come fai a saperlo?"gli chiedo sconvolta da quella frase.
"Me lo ha detto lei e vedevo i lividi che ogni sera si aggiungevano alla sua pelle".
Rimango in silenzio non sapendo davvero ne cosa pensare ne cosa dire.
Mia madre mi ha sempre mentito.
Mia sorella mi odia e non vuole avere niente a che fare con me. Mio padre è un bastardo e sta in prigione.
Brian mi ha lasciata.
Bella la vita...
Ma di una cosa non capisco quello che provo.
Quando ho sentito Ethan parlare di Kara in quel modo.
Mi sono davvero sentita gelosa di lei? Il fatto che la vedesse nuda? Che condividesse con lei certe intimità e certi segreti...
"E se è stato lui?"chiedo a Ethan riemergendo dai miei pensieri.
"Ad uccidere Freddy?".
Annuisco lentamente quando lui si gira verso di me.
"Rimarrà a vita in carcere"mi risponde fin troppo serenamente.
Ma come biasimarlo.
È per mio padre che ogni volta che Ethan ride o si muove si contorce per la fitta di dolore.
"Cosa vuoi fare dopo il liceo?"mi chiede lui,totalmente fuori argomento.
Lo guardo come ore dirgli "Ma ce la fai?".
"Che c'è?! Solo tu puoi fare domande?"ribatte girando finalmente fuori dall'autostrada.
"Penso di fare domanda per la borsa di sudio per il concorso della radio provinciale"gli rispondo.
Nel mese in cui Ethan era stato in coma avevo iniziato a pensare a fondo a quello che voglio fare nel mio futuro e l'unica cosa che mi è venuta in mente è lavorare alla radio.
"C'è questo concorso che seleziona tre studenti per il corso di musica e comunicazione media..."spiego velocemente.
"In quale scuola?".
"La Standford...".
"Non è molto lontana da qui".
"Non posso permettermi niente di più"rispondo. Sono consapevole che ci sarebbero corsi molto più interessanti e prestigiosi in altre scuole na queste sono a loro volta in altri stati. "Potresti fare domanda per una scuola...magari in Inghilterra,c'è un corso simile alla università principale di Londra, potremmo trovare un posto poco costoso"mi dice facendomi letteralmente spalancare la bocca.
"Mi stai chiedendo di trasferirmi in Inghilterra con te?"gli chiedo incredula.
"Non farti strane idee,Ashton...dico solo che dopo tutto il tempo che sono stato da tuo padre e quello che gli ho fatto passare e anche a te...sarebbe il minimo...è un'opzione,per cambiare vita..."continua lui balbettando.
Rido nel vederlo così impacciato e non ritorno sull'argomento.
Forse perché mi piacerebbe più di quello che vorrei ammettere?
La mia mente viaggia fino in Europa e a come sarebbe vivere una vita in Inghilterra con Ethan. Mi sembra un idea così assurda. E forse allo stesso tempo l'unica sensata.
"Eccoci..."mi dice Ethan quando arriviamo davanti al penitenziario.
È enorme e spaventoso.
Cerco di trattenermi dal soccombere alla nausea.
Ethan ferma la macchina dopo che ci hanno controllato.
Lui aveva già fatto sapere che dovevamo venire a fare una visita.
Entriamo nell'edificio e capisco perché mettono qui dentro i criminali.
Le pareti sono di un grigio scuro opaco che intrappolano la luce che filtra dalle piccole finestre protette da sbarre arrugginite. L'intonaco vecchio e rovinato stona con le apparecchiature tecnologicche sotto la quale ci fanno passare per verificare se abbiamo armi con noi.
Come se fosse possibile.
"Il prigioniero S344 in uscita"ripete una guardia mentre ci fanno accomodare in una stanza spoglia con solo un tavolo e due sedie.
"Ricordami di non farmi mai più arrestare..."mi sussurra Ethan quando vede una guardia con in mano un manganello.
Tremo come una foglia.
Ho paura che rivedere mio padre in viso mi faccia realizzare l'intera situazione una volta per tutte.
La porta si apre e quasi non lo riconosco.
Gli è cresciuta la barba che ora gli copre quasi tutto il collo.
I capelli sono folti e lunghi,anche se sono solo due mesi che è qui dentro.
Quando i nostri sguardi si incrociano vedo i suoi occhi inumidirsi e così fanno anche i miei.
Ma non posso piangere.
Non voglio essere una sua vittima.
Non ancora.
"Avete venti minuti"ci avverte la guardia mettendo seduto mio padre ammanettato alla gamba del tavolo.
"Dovrei essere ammanettato io"sento commentare Ethan appena la guardia chiude la porta e mio padre si sistema sulla sedia producendo un rumore insopportabile.
"Puoi rimanere fuori se vuoi..."gli dico a bassa voce vicino all'orecchio.
La sua mano sfiora la mia.
A quel contatto il mio corpo si calma di colpo.
I miei occhi persi nei suoi.
"Tu hai bisogno di me..."sussurra a pochi centimetri dal mio viso.
Sento mio padre schiarirsi la voce runorosamente.
Ethan lo incenerisce con lo sguardo. Saranno venti minuti molto intensi.

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