7.

819 79 11
                                    

Ogni minuto che passava credeva di trovarsi davvero all'inferno. O magari, semplicemente, si trovava in un posto senza via di fuga. Fare sacrifici non era il suo forte. Ma per il bene di tutti avrebbe fatto qualsiasi cosa. Anche la più impensabile.

«Ottimo, ora tocca a voi.»

L'ansia s'impossessò di lei, i piedi immobili a terra. La morte non era mai stata così. vicina. Si sarebbe rifiutata volentieri, Jeff aveva posticipato altre scene, anche le meno importanti. Ma l'aveva fatto. Un gesto, a parer suo, fin troppo paterno. Era una stupida. Come un'automa, si avviò nell'angolo dove l'aspettavano impazienti un paio di catene arrugginite.

«Ce la puoi fare.»aveva ripetuto insistentemente Arden, come se fosse un gioco da ragazzi.

Quegli occhi indiscreti la intimorivamo, il problema sarebbe stato lui. Era evidente quanto le desse fastidio la sua presenza, la irritava addirittura anche qualcuno che pronunciava il suo nome. Anche solo per sbaglio. Prese posto, mentre gli assistenti facevano il resto. Un uragano spazzò via le sue certezze. E se non ce l'avrebbe fatta? Se le divergenze avrebbero prevalso su ogni cosa? Purtroppo non aveva tempo per riflettere. Le telecamere erano già puntate su di lei. Era sola, abbandonata come una conchiglia alla deriva, in balia di se stessa. Ripassò mentalmente ciò che doveva fare, liberando la mente da tutto il resto. Poi Jeff diede il via.

Holland iniziò a singhiozzare, dimenandosi per cercare aiuto. La sua faccia era una maschera di terrore. Si guardò intorno, inconsapevole di ciò che le stava capitando. Una voce chiamò il suo nome.

«Sono qui.»

La disperazione vagava in lei. La voglia di liberarsi cresceva ogni secondo di più. Poi la sua bocca assunse una piega storta, quasi diabolica. Il suo salvatore accorse su di lei, notò come i suoi occhi fossero ridotte a due fessure.«Tranquilla, ti porterò via da qui

Il suo senso di protezione la sorprese. Ma durò solo un attimo. Quando Dylan tolse definitivamente le catene dai suoi polsi, il sorriso sinistro di Holland si espanse ancora di più, diventando folle. Si alzò di scatto, ora poteva divertirsi a suo piacimento. Senza pretese e senza indugio, afferrò il pugnale che fino a quel momento era stato ben nascosto nella tasca dei suoi jeans. Su Dylan calò la paura. Per un attimo credeva che arrivati a quel punto avrebbe iniziato a chiedere spiegazioni su come si sarebbe svolta la scena. Ma il bello era che Holland non aveva bisogno di ulteriori informazioni. Si avvicinò cautamente, la gambe tremarono, e il suo sguardo assunse un'aria indecifrabile. Dylan indietreggiò, portando le mani in avanti, in un vano tentativo di difesa.

«Che cosa vuoi fare?»

Adorava vederlo in difficoltà, seppur per finta. Ma doveva ammettere che questo le procurò tanta soddisfazione. Girò intorno a lui, lo sguardo fisso e le dita strette sull'arma.«Non è ovvio?»una risatina perfida sfuggì dalle sue labbra. La pantera aveva preso la sua vittima. Porre rimedio sarebbe stato alquanto inutile. Preso da un moto di coraggio, fece un passo verso di lei, incosciente sul rischio che avrebbe corso.

«Tu non vuoi farmi del male.»

La sua voce era ferma, come se avesse tutto sotto controllo.

Holland era in difficoltà, gli occhi fissi su un punto indefinito.«Cosa te lo fa credere?»

Per tutta risposta il ragazzo, inerme, sfilò dalle sue mani il pugnale e lo gettò per terra. Un gesto che spiazzò ognuno dei presenti. Il turbamento era evidente. I loro sguardi ormai vicini, ma così lontani.

«Il fatto che tu non mi abbia ancora ucciso

Era capace di farla sentire una nullità con poco. Sembrarono passare decenni prima che Jeff si decidesse a interrompere tutto. Poi si guardarono ancora, completamente persi. Tirò un sospiro di sollievo, grata al cielo per aver portato al termine quella maledetta congiura. Era come se avesse trattenuto il fiato per tutta la durata delle riprese.

«Non male.»

«Risparmia i convenevoli.»

Era più acida del solito. Odiava i suoi atteggiamenti da sbruffone.

La irritavano, e non poco. E quando era nervosa aveva bisogno solo di mettere qualcosa sotto i denti. La pausa era il suo unico spiraglio di luce. Prese il suo cellulare, avvertendo le ragazze, ora voleva solo un po di relax. Ignorando completamente tutto intorno a se, si avviò verso l'ascensore, non si curò nemmeno di salutare. Voleva solo allontanarsi da quello strazio.

«Se non fossi troppo arrogante, direi che stai scappando.»

Provava così tanto gusto a infastidirla? Prese un gran respiro, chiedendosi come potesse abbattere le sue difese in quel modo. Prima o poi avrebbe preso la sua rivincita. Non ebbe il tempo di pensare, posò il dito sull'ultimo pulsante, sperando che le porte avrebbero fatto il resto. Fu un secondo. Pochi passi e la raggiunse.

Holland cercò di non alzare lo sguardo, non voleva mostrarsi vulnerabile.«Esistono anche le scale.»

Aveva cercato con tutta se stessa di non farsi coinvolgere ulteriormente. I suoi tentativi svaniti nel nulla. Come cenere nel vento.

«Ti disgusta tanto l'idea di rimanere sola con me?»

Ora aveva anche imparato a leggere nel pensiero. E mentre la sua testa veniva invasa da brutti pensieri, l'imprevisto accadde. Avvertirono un rumore fitto, le luci si spensero per poi tornare di nuovo, ma questa volta meno potenti di prima. Holland credeva che fosse tutta opera della sua mente malata, ma quando verificò che effettivamente l'ascensore si era bloccata, il suo stomaco fu stretto da una morsa violenta. Ci mancava solo questo.

«Che diamine succede?»

Dylan iniziò a tastare ogni pulsante, cercando di pensare ad una soluzione.

«Cazzo.»

«Smettila.»Holland riuscì a dire solo questo, incapace di controllare le sue emozioni. Cominciò ad agitarsi, dimenticandosi chi aveva affianco. Sbatté le mani sulla parete, invocando più volte aiuto. Questo era troppo da sopportare.

Eppure non riusciva a capire come Dylan potesse rimanere impassibile davanti a quell'inconveniente.«Non agitarti.»

«Tu non capisci.»si fermò un attimo, in cerca di ossigeno, stringendo con aggressività il palo di metallo dietro di lei.

«Cosa?»

«Non mi piacciono gli spazi chiusi.»

Ora sì che avevano un problema. Dylan si avvicinò cauto,mentre Holland stava cercando di rimanere calma e non farsi prendere dal panico. Era la fine.

«Okay, pensa a qualcosa di bello.»

«Non mi viene niente in mente.»

Vedeva ogni cosa sfocata, persino la figura di Dylan scomparve poco a poco.

«Concentrati sulla mia voce.»

Sentiva il suo corpo tremendamente leggero, come una piuma. Il bisogno di ancorarsi a qualcosa. Le capitava raramente. Questa volta fu devastante.

«Mi manca l'aria.»le sue gambe cedettero, la testa girò vorticosamente, la pelle assunse un colorito pallido. Ma prima che toccasse il suolo, Dylan l'afferrò in tempo, coricandola sulle sue ginocchia.

«Portami fuori di qui.»

«Ti porterò fuori di qui»la rassicurò, stringendole la mano.«te lo prometto.»

L'unica soluzione era solo aspettare. Holland boccheggiò ancora, cercando di restare cosciente.

UNTHINKABLE ― o'brodenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora