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Sviò lo sguardo per un secondo, in cerca di una tregua. I servizi fotografici non facevano per lei. Prosciugavano fin troppa della sua energia. Portò la mano su un fianco, cercando di apparire come minimo presentabile. Ma i suoi pensieri vagarono oltre, costringendola a esplorare luoghi del tutto nuovi alla sua mente ormai marcia. Un sorriso forzato, i nervi stavano per cedere. Non sapeva per quanto tempo avrebbe resistito. I tacchi alti la infastidirono non poco. Per quanto tempo era rimasta nella stessa identica posizione? Due ore? Quando l'ultimo scatto fu completato, un sospiro di liberazione circondò l'aria, impregnando tutto ciò che c'era intorno ad essa. Dopo essersi concessa una pausa, e aver constatato come fosse tremendamente in ritardo, indossò un vestito di tela e le preziose ciabatte. Il caldo la colpì in pieno viso, i capelli al vento e i muscoli lasciarsi andare. Fu l'ultima a saperlo, ma accettò in fretta, elettrizzata al solo pensiero. Era la giornata ideale per organizzare una festa sulla spiaggia. Le nuvole arancioni del tardo pomeriggio contornarono l'atmosfera, preannunciando l'arrivo tanto atteso della sera.

Non seppe nemmeno se ci sarebbe stato anche lui. C'era sempre qualcosa che la bloccava, qualcosa che credeva non andasse per il verso giusto. Questo non faceva altro che incuterle timore. Già, perchè non era semplice. La decisione spettava ad entrambi. Il vero problema si annidava nella sua mente contorta, strisciando in ogni direzione rendendola schiava della paura e del male. Di errori ne aveva fatti, ma questo non poteva chiamarlo tale. E allora che cosa le impediva di dire la verità? Era stupido nascondersi. Quegli occhi costituirono il suo peccato più grande. Pensò a come si fosse ritrovata in un problema simile, quando i piedi vennero a contatto con la sabbia fredda e l'odore di salsedine investì le sue narici, inebriandola.

«Eccoti!»l'accolse Ryan, forse con troppa enfasi.

Alzò una mano a mezz'aria, in segno di saluto generale. Il disagio era evidente, ma non ci badò molto. Il falò era già pronto. Per sfortuna o no, quella sera faceva particolarmente freddo, ma aveva pensato a ogni cosa. Si trovava al punto di ritrovo da ben mezzo'ora e in quel frangente aveva assistito a nient'altro che a una stupida gara di limbo, tiro alla fune, e poi anche ai racconti finiti in"tragedia"da un simpatico ometto dagli occhi azzurri.«Ma piantala.»lo rimbeccò Posey, ridendo per la sua nuova esperienza.

«Ehi, non è un caso che abbia ballato solo con me.»

Holland sentiva le guance pizzicare per l'imbarazzo e la poca teatralità che aveva dimostrato in quell'occasione. Non avrebbe dovuto rischiare così tanto. Poteva rimetterci la faccia. Niente più passi falsi, si ripeté per la millesima volta. Quando aveva raggiunto il cosiddetto locale, non ci aveva messo molto. Ovviamente non avrebbe avuto accesso in quello stato se non avesse avuto un aiuto dall'interno. L'amica di vecchia data, Jenny, le procurò tutto il necessario volentieri, trovando quello scherzo molto interessante. Ma mai avrebbe calcolato che un giovane scapolo le avrebbe chiesto di concedergli un ballo. Infondo non non c'era niente di male. Non poteva di certo rifiutare; avrebbe destato di sicuro sospetti. Inoltre doveva ammettere di essersi divertita parecchio. A farla tornare con i piedi sulla terra fu uno scoppio di cenere. Dylan si trovava a pochi metri da lei, le dita strette in una cerchia di fumo sottile. Le lanciò un'occhiata ammonitrice, come se avesse fatto qualcosa d'inammissibile. Era furioso?

Shelley era al suo fianco, anche lei con una sigaretta tra le labbra. Gli stava sicuramente parlando di qualcosa riguardante il buonsenso e l'importanza dell'etica. A giudicare da come raramente annuisse in direzione dell'amica, Holland poteva dedurre quanto poco gl'importasse.

Diamine, stava complicando le cose. Non poteva permettere che un suo stupido problema mentale li facesse colare a picco. A volte non lo capiva.

«Sei assente stasera.»

Si girò di scatto, spaventata. La voce ovattata, come se provenisse da lontano.

I nervi si rilassarono alla sua vista. Era solo Cody. Gli occhi brillarono sotto il riflesso del fuoco. Decise di godersi la serata, come una normale ragazza della sua età. Danzò intorno al fuoco, ridendo come non faceva da tempo. Schizzò ripetutamente Ryan, beccandosi come punizione per la sua insolenza un getto d'acqua talmente potente da dover abbandonare il campo. Big Tyler fu richiamato all'appello da sua grande sorpresa da Dylan. L'unico che era rimasto in disparte per tutto il tempo. Non gli prestò la minima attenzione, troppo impegnata a scappare dal ragazzo tutto muscoli. I sensi di colpa la stavano divorando. Strinse i denti, Shelley era già partita all'attacco, una cosa che notò con grande sorpresa e che, stavolta, era concentrato per bene sulla persona che aveva davanti. Senza il minimo rispetto. Senza nessuna traccia di emozioni. Sembrava un'automa.

«Avanti, non mettere il muso.»

Daniel cercò di convincerlo ad unirsi a loro, senza successo. Mossa sbagliata. Se voleva dare una mano, aveva appena ottenuto il contrario. Infatti Dylan lo fissò a lungo, lo sguardo assassino, in bocca la quarta sigaretta di seguito. Holland odiava quando si comportava da bambino, chiudendosi a riccio, lasciando gli altri fuori da i suoi dilemmi. Ammiccò superbo, gli occhi iniettati di sangue.«Fanculo.»girò i tacchi per poi lasciarsi alle spalle una Holland irritata e delusa.

Non aveva il diritto di comportarsi così. Nessuno osò fiatare, nemmeno Sprayberry, che nelle situazione più drammatiche aveva sempre una battuta a portata di mano. A Shelley non andò giù questo comportamento infantile, perciò seguì lo stesso percorso, pronta a dirgliene quattro. Per lui era diventata come una sorella maggiore. Non era per niente gelosa, molte volte le aveva dimostrato di non avere secondi fini.

«Avrà avuto una brutta giornata.»Posey alzò le spalle, giustificandolo senza un motivo apparente.

Era questo quello che facevano gli amici: cercano sempre una soluzione ancor prima di sapere cosa ti tormanta. I pensieri di Holland corsero inevitabilmente a lui, ma questa volta mise le buone intenzioni da parte, chiuse in un cassetto forzato. Mentre gli altri chiacchieravano del più e del meno, sul tempo, sull'economia o su i porno, ebbe la sensazione che se la luna avrebbe potuto portarla via non avrebbe opposto resistenza. Le onde colpirono ripetutamente i suoi piedi, accarezzandola piano, con il timore di farla male. Immerse il corpo, camminando lentamente, come un condannato cammina al patibolo.

Cody la fermò in tempo.«Cosa fai?»

Si tolse la maglia che aveva adagiato sulle spalle, lanciandola lontano, afferrata prontamente da Ryan.

«Faccio solo una nuotata.»

Mosse le braccia in avanti, i sussurri finalmente lontani. Era una bella sensazione, sentirsi persi. Le acque fredde l'accolsero, trovandosi all'istante parte di essa. Non seppe quanto tempo passò o quanto il mare fosse irrequieto, ma ne aveva bisogno. Voleva almeno avere l'illusione di allontanarsi da quel casino. Il vento soffiò più forte, colpendola con una forza inaudita. Il respiro stava per cedere. Perse quota precocemente, la corrente la trascinò via. Perse un battito. Le braccia non rispondevano ai comandi, bloccate dall'impetuosa tempesta che presto si sarebbe scatenata. Sopravvivere fu l'ultimo dei suoi pensieri. Venne trascinata in profondità, dove c'erano solo le tenebre ad aspettarla. Senza via d'uscita.

UNTHINKABLE ― o'brodenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora