26.

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Aveva legato i capelli, quella mattina. Si ritrovò così, ad osservarla da lontano, inerme. I pugni serrati,con la voglia di andarle incontro per sciogliere quella maledetta spirale in cui si erano ritrovati prigionieri. Non ne avrebbe mai fatto a meno. Ipnotico. Definì in quel modo il suo sguardo da cerbiatta. Un nodo alla gola lo aveva attaccato nello stesso momento in cui aveva notato il suo abbigliamento. Felpa, iPod tra le mani e dei jeans attillati. Pensò in fretta, nemmeno il tempo di elaborare i pensieri; doveva essere il suo giorno libero. Non c'era altra spiegazione a ciò. Solo nel momento in cui sparì dal suo campo visivo si accorse di aver accanto un altro essere vivente. E stava parlando proprio con lui.

«Amico che ti prende?»

Per Tyler ogni singolo dettaglio era fondamentale. Era un gran osservatore. Lo era stato sin da piccolo, una delle tante qualità che lo caratterizzava. Peccato che Dylan lo dimenticasse spesso.

«Non mi prende niente.»rispose vago, portando una mano distrattamente alla base della nuca.

Guardò altrove per confermare la sua tesi, ma Tyler non ne voleva sapere. Quando voleva, sapeva essere testardo. Gli diede una piccola spinta amichevole, come un invito a parlargli liberamente. Era da molto che non lo facevano.

«Andiamo, non mi freghi.»rise sotto i baffi, scherzando come i primi tempi della loro conoscenza.

All'epoca era tutto molto più semplice e gli unici problemi erano se avessero girato per bene la scena dov'erano protagonisti entrambi. Tyler non ne aveva intenzione, ma involontariamente, un flashback partì furioso nella sua testa, disarmandolo. Era una notte tranquilla, appena terminata l'estate. I grilli cantavano spediti, senza sosta, intonando una musichetta allegra che avrebbe incantato chiunque avrebbe prestato udito. Era lì, seduto su una lastra di pietra, intento ad osservare il cielo. Reduce da un'altra festa da sballo, Tyler si appoggiò al muro più vicino. Era leggermente brillo, ma niente che avrebbe compromesso il riconoscimento del suo migliore amico. Lo trovò ai piedi del vecchio albero, lo sguardo perso, in cerca di un oggetto prezioso... Stava osservando il cielo, e seppur quella notte le stelle non avevano fatto la loro comparsa, Tyler si sentì al sicuro. Ma lo stesso non poteva dirlo sull'altro.

Fece un passo avanti, barcollando.«Cosa stai facendo?»chiese, laconico.

Come se la risposta fosse ovvia. Il venticello che fin ad allora li aveva minacciati, si placò gradualmente, restituendo all'oscurità un po' di quella pace ormai perduta.

«Sto pensando.»

«A cosa?»

«A tante cose.»

Tyler si abbandonò con poca grazia vicino a lui, e proprio in quel momento Dylan portò le dita all'altezza del mento, l'atteggiamento tormentato. Lo guardò incuriosito. Gli stava accadendo qualcosa, ne era sicuro. Il suo animo, negli ultimi tempi era diventato lascivo e senza spiragli. Niente sembrasse portagli un po di serenità. Shelley non riusciva nemmeno a parlargli un secondo che dopo un po' lui dava subito di matto, sbraitando come una bestia chiusa in gabbia. Fortunatamente la ragazza sapeva benissimo che quel veleno che le sputava addosso era collegato al suo malessere, ormai evidente. Non ci badò molto.

E prima che Tyler potesse dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, la sua bocca partì da sola.

«Ci pensi mai al futuro?»

Un silenzio tombale li avvolse, come se fossero rimasti loro due da soli sulla terra. Il rumore che producevano le foglie secche richiamava il lugubre, ma al momento non ci fece caso. C'erano questioni ben più importanti. Dylan abbassò lo sguardo, prima di rispondere. Il male non voleva lasciarlo andare. E i segni erano per lo più visibili.

«Ogni giorno.»

Poi strinse le mani tra loro, le nocche bianche per la forza applicata. Tyler si rabbuiò. Era la prima volta che guardava il suo amico in quello stato. Mai avrebbe pensato di vederlo ridotto così. L'ultima volta era stato quando sua sorella aveva avuto un incidente d'auto a Parigi e Dylan era incredibilmente triste e sconvolto che non aveva abbandonato per un attimo il telefono per sapere delle sue condizioni. Purtroppo i voli per quel giorno erano stati cancellati. Non toccò cibo quel giorno, passando poi il resto della giornata in cabina, senza nessun contatto.

«E tu?»si girò a guardarlo, gli occhi grigi fissi nei suoi, ma assenti.«Come lo vedi il tuo?»

Mosso dall'alcol, Tyler parlò a stento, ma il significato fu limpido e deciso.«Insieme a te a fare cazzate.»

A quel punto si sentì soddisfatto dato che, nel buio della notte, avvertì una leggera risata trattenuta da Dylan. Non sarebbero mai cambiati. Dopotutto erano cresciuti insieme. Anche se avevano vissuto a l'infanzia separati, la prima volta che intrapresero una conversazione sedie, entrambi capirono di avere molto in comune. Dal gusto della musica e del cibo, fino ad arrivare allo stesso modo di pensare. Non mancarono di certo i litigi, quelli dove scappava una parola di troppo, oppure quelli dove si evitavano per giorni. Ma non superavano mai la soglia perchè gli amici speciali come loro non avrebbero mai fatto a meno l'uno dell'altro. La disgrazia arrivò però, devastante. Fu irreale, e quando Tyler lo venne a sapere in modo brusco, crollò in un tutt'uno, trasformando il suo essere in pietra. Doveva essere peggio di un incubo. Ma l'ultima parte conscia della sua testa gli pregò di non cedere. Dylan se n'era andato. Passò ogni minuto in completa agonia,chiedendosi ripetutamente sul perchè di una scelta simile. Per la disperazione arrivò anche al punto di dare la colpa a se stesso per non aver capito in tempo. Nessuno riusciva a spiegarselo. Arden non indugiò,invece. Sapendo benissimo com'era fatto Posey, decise di punto in bianco di essere la spalla su cui piangere. Senza un motivo valido. Lo fece perchè forse se lo sentiva.

Ora tutto si era ribaltato. Ora Dylan era davanti a lui,in carne e ossa. Totalmente cambiato. In pace, oserebbe dire. La sua figura torreggiò sul resto, intrepido. Tyler gli chiese ancora una volta il perchè della sua scomparsa, non pensando alle conseguenze. Lo fece perchè se lo sentiva. Doveva sapere.

Sul volto dell'amico comparve un sorrisetto divertito.«Perchè dovevo fare chiarezza su alcune cose.»Portò poi la mano sulla sua spalla, rassicurandolo ulteriormente.

Tyler ricambiò la stretta. Il peggio –per ora – era passato.

UNTHINKABLE ― o'brodenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora