10.

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Correva. Il suo istinto lo gridava. Il nulla era palpabile. Troppo vicino e minaccioso per definire quali fossero le sue vere intenzioni. Fu come se fosse sul punto di cadere in un bivio. Una sensazione di sconforto si fece largo nella sua mente. Correva, correva, e correva. Sempre più veloce. La morte non era mai stata così vicina. La percezione di prima tornò. Insistente. Il fiato prossimo all'esaurimento. Definire dove si trovasse era tutt'altro che facile. Distinse davvero poco di quella landa desolata, c'erano soltanto pochi particolari. Poi decise di fermarsi, un urlo straziante spezzò l'aria. Sembrò non finire mai.

«Svegliati.»

Shelley era lì, vicino a lui, visibilmente preoccupata. Un sospiro di sollievo giunse dalla sua bocca. Il peggio era passato. Si schiarì la gola, incapace di formulare una frase di senso compiuto. Un moto di calore invase il suo corpo, costringendolo a ripararsi con la coperta.«Hai proprio una brutta cera.»

Shelley, che fino a quel momento era rimasta sconvolta, prese un respiro, provando ad essere più schietta possibile.

«Disse colui che si agitava nel sonno.»

Non aveva fatto più incubi da quando aveva abbandonato il set. Cominciò a pensare di avere qualche serio problema. Shelley tastò la mano sulla sua fronte, cercando di capire. Il suo viso era bianco come la neve.

Nel frattempo si stava chiedendo come Dylan potesse rimanere così calmo.

«Non hai la febbre.»

«Congratulazioni infermiera.»

Quanto avrebbe voluto sgridarlo per fargli capire quanto prendesse tutto così alla leggera. Non poteva comportarsi ancora come un bambino. Nonostante Shelley fosse la più razionale, a volte lo contemplava. Poteva fiutare benissimo il suo pessimismo, accompagnato anche da un pizzico di rassegnazione.

«Non guardarmi così, mi riprenderò in fretta.»nascose uno sbadiglio, gli occhi segnati per l'assenza di sonno.

Riprese di nuovo la sensibilità nelle gambe.«Come mai da queste parti?»

Il tono prepotente e cinico non aveva pietà per nessuno. Ma Shelley non si diede per vinta. Si armò di coraggio, perché nemmeno lui poteva smontare la sua corazza.

Vagò per la stanza, stranamente attirata dall'arredamento.«Volevo avvertirti che oggi servono i muffin al cocco.»

Dylan osservò la sua immagine riflessa nello specchio, vagando altrove con i suoi pensieri. Solo una cosa era fuori posto più di ogni altra cosa: lo sguardo. Totalmente assente notò anche un filo di barba farsi largo su i suoi zigomi. Poi si ricordò dell'informazione che gli aveva dato Shelley. Come se avesse recepito in ritardo. Come se fosse indifferente ad ogni cosa intorno a lui.

«Grazie, ma non m'interessa.»

Se la ragazza rimasta in disparte, prima era preoccupata, ora era seriamente turbata. Un brutto presentimento la investì. Come un mare agitato scompiglia la quiete dei gabbiani al loro passaggio. Forse era tutto uno scherzo. Un brutto scherzo. I muffin al cocco erano i dolci preferiti di Dylan. Lo sapeva bene, perché erano anche i suoi preferiti. I suoi sospetti erano veritieri. Non si trattava assolutamente di stress o ansia. Gli stava succedendo qualcosa. Qualcosa di enigmatico e diversamente complicato. Non era mai stato un ragazzo introverso, anzi, non aveva nessun problema a parlare di ogni argomento in pubblico. Era questa la sua particolarità. Poteva anche succedere una catastrofe, ma Dylan sarebbe sempre stato il tipo da battute. In ogni caso.

«Sono pronto, andiamo.»spuntò all'improvviso, più attivo di prima, vestiti cambiati e giacca di pelle in mano.

La fissò come se quella strana fosse lei. Shelley si riprese subito. Ora doveva concentrarsi su di lui. Sapeva in partenza che ci avrebbe impiegato del tempo, ma il tempo era a suo favore. Perciò non importava quanto ci avrebbe messo per sapere ogni minimo dettaglio sulla sua vita passata da solo, in una casa abbandonata sulla spiaggia della contea. Doveva aspettare solo che fosse pronto per parlarne. Perchè davvero, non poteva vederlo in quelle condizioni. Avrebbe tanto voluto pestarlo per farlo riprendere, ma sapeva che non avrebbe ottenuto niente. Avrebbe rischiato soltanto di peggiorare i suoi "sintomi".

UNTHINKABLE ― o'brodenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora