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Non sapeva precisamente quanto quanto tempo passò prima che si riprendesse del tutto. Intorno a lui la confusione più totale. Insieme al buio. La quinta sigaretta venne gettata chissà dove e i pensieri fecero altrettanto. Adorava come quella sostanza cancerogena gli invadesse i polmoni, avvelenandolo come meglio poteva. Stava per accendersi la nuova sigaretta quando buttò la testa sul cuscino, incapace di continuare. Dove diamine aveva sbagliato questa volta? Prendere la strada più semplice non era stata una buona idea. Poteva risparmiare su tante cose. Respirò a fondo, solo ora consapevole dell'enorme sbaglio che aveva compiuto. Qualcuno bussò alla porta.

«Dylan, muoviti.»

All'inizio non riconobbe la voce, ma dal momento che era incazzato nero, decise di non fare sconti a nessuno.

«Cosa?»

«Non fare il bambino.»

«Tyler.»

Non riuscì a trovare il cellulare, doveva sapere almeno che ora fosse. Con tutta la buona volontà che gli era rimasta, andò ad aprire la porta. «Allora sei vivo.»ironizzò l'amico, dopo un sonoro sbuffo.

«A quanto pare sì.»

Gli fece spazio, segno che era il benvenuto. Non avevano più bisogno di preamboli, ormai c'era una certa confidenza tra di loro, e le parole non servivano a tanto. Tyler notò subito che qualcosa non andasse. Ad esempio l'incredibile disordine che caratterizzò quella stanza: Dylan non era mai stato un tipo del genere.

«Sembra che questa stanza sia diventata una tomba, diamine.»

La sua faccia assunse un espressione totalmente disgustata. Che gli era preso? Non aveva una bella cera.

«Per me è una tomba comoda.»rispose l'altro, con una nota di diffidenza nella voce.

Raggiunse il bagno, bagnandosi il viso con l'acqua gelida, sperando di riprendersi. Poi quando lo specchio riflesse se stesso, accadde. Non cambiò assolutamente nulla.

«Quando ti deciderai a vestirti?»

Sembrava agitato. Tyler non era mai agitato. Qualcosa nel suo sguardo gli stava comunicando che di lì a poco sarebbe avvenuta una catastrofe.

Individuò il cellulare sul divano, nascosto in un angolo, e ne approfittò per leggere l'ora. Vedendo la sua completa strafottenza, Tyler aprì il suo gardaroba, prendendo iniziative da solo.«Sbrigati.»

«Mi spieghi che ti prende?»

Si portò una mano alla fronte, cercando con le sue uniche forze di non farsi dominare dall'emicrania. Si diceva sempre di dover cambiare la marca delle sigaretta. Ma nel momento cruciale, prendeva sempre la roba più pesante. Anche Britt gli continuava a dire di ridurre le dosi al giorno, dato che quell'aroma le faceva schifo a prescindere.

«Questa ti andrà bene.»gli fece l'occhiolino.

Qualsiasi cosa lo affliggeva, era certo che quel ragazzo ci sarebbe sempre stato per tirargli su il morale. Non avrebbe mai potuto fare a meno della sua figura. Non chiese dove fossero diretti. Non ne aveva bisogno. Con Tyler qualsiasi cosa andava bene.

«Vedrai.»gli poggiò una mano sulla spalla, a mo' di rassicurazione.«Ci divertiremo.»










* * *












Dopo un'ora di macchina e le imprecazioni di Dylan verso il navigatore difettoso, arrivarono a destinazione. Per non destare molte attenzioni decisero di passare per il vialetto anteriore all'edificio. Nelle varie manovre, Tyler non parlò molto sul programma della giornata. Alla fine si ritrovò in una gigantesca sala di riunioni, con tanto di fan squilibrati e giornalisti in ogni angolo più nascosto. Guardò male Tyler, irritato dal suo "inganno."

«Non guardarmi così.»

«E come dovrei guardarti?»

Attraversarono il lungo corridoio inosservati, il silenzio li rese nervosi. Come se non ci fosse niente di più tetro. Ma quella calma era destinata a finire presto. Quando spinsero all'unisono la sicura della porta d'ingresso, fu il caos. Urla senza contegno riempirono tutta la sala, mentre una valanga di giornalisti e reporter di ogni genere li circondarono senza via di fuga. All'inizio fu destabilizzante, ma Dylan riuscì a riprendere in mano la situazione con grande maestria. Rispose a molte domande fatte da quasi tutta quella marmaglia.

«Sì, è stata una scelta molto meditata,ma alla fine ho deciso di tornare.»

Per tutto il tempo non faceva altro che annuire, rispondere a tono e confermare varie tesi. E tutto divenne naturale. Come lo era prima. Alla fine della tortura, Tyler lo liquidò con un gesto affrettato dicendogli semplicemente di dover rintracciare gli altri. Nel frattempo decise di raggiungere i fan, era il minimo che potesse fare. Nell'ultimo periodo che aveva passato con la squadra, aveva specificato dettagliatamente di non avere bisogno di qualcuno che lo accompagnasse in questo tipo d'incontri. Voleva godersi le persone con tutta la tranquillità possibile. Inutile dire che i suoi timpani non erano affatto pronti a ciò che gli si presentò. Un casino di gente che aspettava soltanto lui. Non fu proprio solo, i bodyguard crearono un po' di problemi, ma la situazione andò a finire nel migliore dei modi. A un certo punto perse il conto del numero degli autografi che firmò, divenne tutto così frenetico, che ci volle un attimo di pausa per affrontarlo di nuovo. Rispose a tutte le domande che gli venivano poste. Fin quando una bambina tra i due e i tre anni, stretta tra le braccia della sorella maggiore non gli fece una domanda che non si poneva da molto.

«Credi in te stesso?»

Era straordinario come una creatura così piccola potesse farlo riflettere per la prima volta. Senza un perchè, un piccolo sorriso spuntò sul suo viso, e avvicinandosi alla piccola gli stampò un bacio sulla piccola fronte delicata. Un gesto che paralizzò la sorella maggiore, come il resto dei presenti che si erano fermati ad osservarli.

«Credo in me stesso solo perchè voi credete in me.»

Detto ciò non ci fu più nient altro da dire. E la piccola, senza contegno ricambiò l'affettuoso gesto con altrettanta tenerezza. Gli depositò anche lei un bacio sulla fronte. Salutati tutti, raggiunse i colleghi nell'altra sala. Passò buona parte del tragitto a lamentarsi sul fatto di non avere abbastanza luce per vedere quale direzione avesse preso. Quando fece un altro passo, vide da lontano una piccola luce proveniente da una tenda semitrasparente. Proprio nel momento in cui stava raggiungendo l'uscita, qualcosa gli venne contro, o meglio qualcuno. Afferrò in tempo il braccio dello sconosciuto, tirandolo verso di sé. Non passò molto tempo prima che un profumo intenso e sublime gli riempisse le narici.

«Holland?»

Non poteva essere una coincidenza.

UNTHINKABLE ― o'brodenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora