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Era nella merda. Lo era già da tempo, ma ora gli effetti collaterali non facevano altro che aumentare d'intensità. Doveva decidersi o non l'avrebbe mai fatto. Immobile, cercò un approcciò, ma non ci fu nulla. Un colpo al cuore la fece sussultare. Fu la prima volta in cui non otteneva quello che più ambiva. In un moto di compassione pensò alla sua vita passata, a quella vita che non avrebbe mai più potuto fare ritorno. Forse la tessera universitaria era ancora poggiata sulla sua scrivania, oppure sua madre l'aveva buttata negli scatoloni contenenti i giochi d'infanzia. Sarebbe stato un classico. Pensò anche alla sua vecchia mansarda, quel tenero posticino in cui si rifugiava in estate, magari in compagnia di un buon libro. Pensò anche a come era arrivata a questo punto, anche se un po' ammaccata, ma era arrivata a questo punto. Le basta, per così dire. I suoi genitori erano fieri di lei, lo sapeva sin dal principio. Ed ogni giorno si convinceva di questo. Scrutò l'orizzonte, senza trovare riparo. Ogni cosa era al suo posto. Tranne lei. Il tempo maledetto, congelato in quella spirale. Le mani umide, particolarmente agitate. Cambiare set spesso comportava una grande capacità di professione. Era una giornata tranquilla e serena come le altre, ma qualcosa ne minacciava le fondamenta. Avrebbe fallito ancor prima di cominciare.

"Guardarlo troppo sarà fatale."

Cambiò prospettiva, il succo alla mela alleviò le sue intenzioni, ma non troppo. Pensò in fretta. Una soluzione adatta poteva arrivare. Poteva fare qualcosa per risollevarsi. Ma nessuno sembrò arrivare in suo soccorso. Era sola, anche se non lo era. Tyler era in forma per aver passato una settimana recluso in casa a scartare i regali tanto attesi. Era un vero golosone: in tutti i sensi. Poi il suo sguardo cadde su chi aveva sempre dovuto evitare. Non poté evitarlo, accadde e basta. Perché ormai, le loro anime erano state codificate, ed evitare quel processo naturale sarebbe stato inutile, pressoché insignificante. Non seppe darsi un contegno. Arricciò il naso, stufa di aspettare Shelley. La sua mania del disordine farà sempre parte di lei. Cercare di farle cambiare abitudine sarebbe risultata una grande impresa. Solo una volta aveva aperto la sua cabina armadio, fu solo un'esperienza da dimenticare a tutti i costi. Ma quella peste di amica sosteneva con fermezza di avere tutto a portata di mano. Insomma, un gioco da ragazzi. Forse un giorno avrebbe ascoltato almeno uno dei suoi tanti consigli. Ma non era mai stanca per non tentare ogni volta.

«Sei distratta.»osò dire Arden, forse con fin troppa enfasi.

Diede un ultimo sguardo al suo drink, prima di dedicarle la completa attenzione. Aveva imparato a studiare le sue mosse. «No, stavo semplicemente pensando.»

L'asiatica inclinò il capo, furba. La incitò con lo sguardo a continuare, dopotutto si poteva fidare di lei. Con il tempo l'aveva dimostrato. «A cosa?»domandò, comprensiva.

Il traguardo era ancora lontano, ma Holland, dopo tanti sacrifici, non poteva darsi per vinta. Non ora, almeno. Cercò di fare del suo meglio, ma sembrò non bastare.

«Non è niente d'importante.»

Bugiarda. La mente continuava a insistere. Giocarle brutti scherzi, soprattutto in sua presenza, stava diventando un'attività di routine. Invece lo era eccome. Non poteva prevederlo. Una simile sciagura era pronta per abbattersi su di lei e su chi le stava intorno. Se avesse seguito la testa poteva evitare tutto ciò. Il cuore, invece, aveva vita proprio, diverse volontà. Forti e solidali. Il groppo in gola aumentò d'intensità, il petto schiacciato in una morsa di dolore impellente. E Dylan, in tutto quel lasso di tempo, la stava guardando. Forse la stava aspettando. Ma il suo sguardo dolce e nobile le stava implorando di pensarci bene. Qualsiasi cosa Holland avrebbe deciso di fare, doveva pensarci. Era questa la fine che meritavano?

Una mano calda e sicura venne poggiata sulla sua spalla.«Scusate il ritardo.»Shelley sorrise alle due, camuffando l'imbarazzo per non aver prestato atto alla promessa fatta tempo fa, e cioè niente più ritardi. Ma Arden sapeva bene che nessun miracolo avrebbe mai potuto cancellare questo suo piccolo difetto.

«Era ora!»l'apostrofò l'altra, fingendosi indispettita.

Proprio sul più bello il co-produttore li richiamò all'attenti, annunciando la fine della pausa. Holland strinse i pugni, frustrata per non poter fare di più. Dieci minuti più tardi, Arden rinfoderò la spada, fissando assorta la telecamera. Un grande futuro le camminava davanti. Sprayberry scosse il capo, mormorando qualcosa d'incomprensibile, per lui invece, era solo l'inizio. Poi Holland entrò in scena insieme a Dylan, rimasto muto, rispettando quelle maledette pagine. Pochi passi, lui la imitò; il destino rideva alle loro spalle, tessendo il resto del suo disegno. Mancò poco per la scena finale. Prese un grande respiro, mandando a puttane gli ultimi residui. Non c'era più tempo per i ripensamenti. Aveva deciso e anche se sarebbe stato un disastro, anche se avrebbe causato danni su danni, non le avrebbe importato. La felicità le era vicina e non poteva farla scappare. O se ne sarebbe pentita per tutta la vita. Raggiunse Dylan, afferrandolo per un braccio, le mani tremanti.

La videocamera, per un assurdo motivo li catturò, rendendo eterno quell'istante. "È una pessima idea." le gridò l'inconscio. Era abbastanza grande da saperlo già. L'ultima cosa che sentì fu il vento caldo del deserto avvolgerla nella sua schiera ultraterrena. Fu troppo tardi per tornare indietro. Un sorriso di speranza comparve sulle sue labbra prima di portarle a quelle di lui, frementi. Le mani sulla sua nuca, quelle di lui intorno alla vita, dove dovrebbero essere. Il quadro ora era completo. Niente più dubbi, niente più costrizioni. Soltanto loro. Esistevano soltanto loro. Si strinsero ancora, la sabbia le accarezzò le caviglie scoperte. Un'altra magia stava facendo il suo ingresso. Holland non avrebbe mai voluto lasciarlo. Cancellò tutto, trasportata in un'altra galassia. Si staccò da lui, senza indugiare. Le guance rosse per lo sforzo, l'adrenalina pompata al massimo nelle vene. Il respiro tremante mischiato a quello di Dylan.

«Perchè l'hai fatto?»gli occhi negli occhi, i battiti ora sincronizzati.

«Perchè ti amo, idiota.»

UNTHINKABLE ― o'brodenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora