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Non riuscì a spiegare come fosse accaduto. Ne aveva solo un vago ricordo. Come se non fosse reale. Come se fosse solo frutto di un sogno. Prese un bel respiro. La fretta con cui l'avvenimento si era svolto era del tutto anomalo. Davanti agli occhi il suo sguardo devastato. Si sentiva così irresponsabile per non averlo impedito. Non c'impiegarono molto prima di trarli in salvo. Aveva espresso chiaramente come Holland avesse un forte attacco di panico, lei era la massima priorità. Tyler non aveva fatto altro che fissarlo. Continuava a guardarsi intorno, agitato del fatto che era da più di un'ora che non riceveva alcuna notizia. Ed era nervoso.

L'urgenza di sapere stava crescendo minuto dopo minuto.

«Bene, ora è il tuo turno.»

Fino ad allora non si era fatto vivo nessuno, e adesso, alle sue spalle, comparve una dottoressa dai capelli grigi e ben curati, forse era da associare sulla soglia della mezza età, ma il portamento professionale e sereno lo confuse. Forse quel giorno c'era qualcosa che gli andava contro. Tyler cercò di fermarlo, prima che scoppiasse una vera e propria bombaMa era troppo tardi.

«Mi ascolti bene.»il tono duro e sprezzante, di chi non ha pietà per nessuno.«Non me ne frega un emerito cazzo dei controlli medici.»

Non provò compassione per quella povera donna, dopotutto stava solo facendo il suo lavoro. Ma si comportavano tutti come se fossero sordi.

«Voglio solo sapere se Holland sta bene.»

Un enorme peso scomparve dal suo petto. Non aspettava altro, la mente in subbuglio. Dopo tanti tentativi, Tyler mollò la presa, certo che arrivato a quel punto, non ci sarebbe stato più niente da fare. Dylan si era espresso benissimo. Nonostante le urla ricevute poco prima, la dottoressa non si scompose, dimostrando una grande forma di autocontrollo, infatti non fiatò, indicandogli con passo felpato la porta socchiusa dietro di lei. Dylan trattenne il fiato, non ragionava più.

«È qui.»

Non ci pensò nemmeno due volte a raggiungerla. Dimenticando completamente i suoi doveri.

E la sua originale tendenza. A volte non sapeva nemmeno cosa stava facendo. Agiva e basta. Spalancò la porta, entrando nello studio, scaraventato nel bianco pallido di quelle quattro mura.

Quel bianco faceva quasi male alla vista. Ma non se ne curò molto.

«Mi sarei aspettato tutti, tranne te.»

Davanti a sé, trovò la solita Holland forte e caparbia. Il sorriso raggiante era un buon segno, dato che prima sembrava sul punto di crollare.«Perché mi guardi così? Sto bene.»scosse la testa, cercando di essere convincente. Non voleva far preoccupare nessuno. Odiava quando gli altri si sforzavano di trovare una soluzione al posto suo, per il suo benessere. Non era una bambina. Sapeva come cavarsela da sola.

«Ne sei davvero sicura?»

«Sì.»

Si alzò di scatto, determinata a dimostrargli che era tornato tutto esattamente come prima. Non doveva avere quell'espressione. Era come se si sentisse in colpa. Come se provasse gusto a fargli del male. La distanza tra loro diminuì sempre di più, fino ad annullarsi. Holland non sopportava vederlo in quello stato. Non per lei. Non l'avrebbe mai accettato. Posò la mano sulla sua guancia, sensibile. Una scossa di pura energia li collegòGli occhi incastrati a vicenda.

«Ehi.»

Fu come se Dylan si fosse risvegliato da una trance. Ora il suo sguardo rispondeva. Era sorprendente come quella ragazza potesse avere un simile effetto su di lui. Come se fosse l'unica a poterlo stordire e nel contempo a poterlo recuperare. La loro alchimia era affascinante. E maledettamente misteriosa.

«Guardami.»

La rossa lo richiamò ancora, la voce ridotta a un sussurro fioco.

Come se da un momento all'altro potesse capitare ancora qualcosa di spiacevole.«Sto bene.»annuì piano, forse per convincere anche se stessa.

Ogni cosa sembrava prendere una giusta piega. Come sarebbe dovuto essere. Dylan tornò di nuovo a dare segni di vita, ancora interdetto per la manovra intrapresa da Holland.

«Ti credo.»

Non se l'aspettava. Tutte le sue mosse, esaurite. Tipico di lei. Lo metteva in discussione su qualsiasi cosa. Qualsiasi. Rendendolo più umano di quanto potesse negare. La prese tra le braccia, in un impeto sconosciuto. Il cuore in subbuglio. Questo gli provocò un dejavù, ma non aveva importanza. Non più ormai. Il respiro tornò regolare. In qualsiasi caso, sarebbe sempre stato lui a consolarla. Anche se quello a pezzi era lui. Holland lo sapeva bene. Si lasciò avvolgere in quell'abbraccio. Sembravano passati millenni. E la sua mente non chiedeva altro. Ma non poteva evitare di pensare a quanto si sentisse libera, incastrata tra quelle braccia possenti ma anche così fragili. Respirò un po il suo profumo, un'essenza che non era abituata a sentire da tanto tempo. Gli era mancato tanto. Troppo. Ma non l'avrebbe mai ammesso. Mai.

Forse a causa dell'orgoglio, oppure era semplicemente per il fatto che Dylan le doveva molto. Pensò a quanto si sentisse sola la sera, senza quell'odore di fumo a infastidirla, a quante urla aveva sprecato per convincerlo ad andarsene da un'altra parte. Le veniva da ridere. Con Dylan era sempre fiato sprecato. Ed ora, ora era tutto cambiato. Ora davanti aveva un ragazzo prepotente e arrogante, e questo la spaventava. Perchè lei era proprio così. Ma la faccenda non poteva essere più complicata: aveva trovato un valido avversario. Non si mosse, non aveva il coraggio di fare niente, il corpo necessitava di quel contatto. Era come in astinenza.

Una sensazione orribile. Poi, senza pretese, Dylan ruppe il ghiaccio, stufo del troppo silenzio tra i due.

«Sei una tosta, Roden.»

Holland scoppiò in una risata.«Avevi forse qualche dubbio?»

Non c'era niente da fare, tranne che restare così, stretti l'uno a l'altro. Intenso, sorprendente, instabile. Almeno così evitavano di farsi del male. Era evidente come la situazione potesse migliorare. Con poco. Come un fuoco d'artificio, il petto di Holland esplose, catturata da quell'incantesimo. Le parole non servivano più. Non tra di loro. Quella era storia vecchia, superata. E non c'era luogo dove avrebbero voluto essere, in quel momento. Ad un passo dal cuore. Così sbagliato, ma così giusto.

UNTHINKABLE ― o'brodenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora