17.

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Il sole picchiava troppo forte. Era insolito per quel mese. Non c'era niente fuori posto, tranne la sua mente. Mettere ordine sarebbe stata un'impresa. Doveva smettere di pensare. Almeno per un minuto. Doveva smetterla. O il manicomio sarebbe stata la sua prossima dimora. Continuò a sorseggiare la bevanda ghiacciata gentilmente offerta da un gruppo di ragazzi del posto.

«Adoro l'ala relax.»esordì la dolce Arden, ignorando il broncio dell'amica, comodamente sdraiata sul materassino.

«Hai ragione.»

Le lenti color ambra l'aiutavano a nascondere le sue vere intenzioni, e cioè continuare a fissare di nascosto il suo amante. Solo ora si accorse da quanto l'altro stesse facendo altrettanto. Per fortuna nessuno notò quel nodo, o sarebbe tutto finito prima ancora di cominciare. Holland era convinta, che in assenza di testimoni gli sarebbe saltata addosso.

«Sei strana.»

«Davvero? Perchè dici questo?»

Optò per fingersi offesa. Le bugie non erano mai state il suo forte. Arden la fissò, il bikini che indossava faceva risultare tutte le sue piccole curve, la pelle pronta per un nuovo tuffo.

«Hai da fare stasera?»

Rischiò di strozzarsi. Il cuore corse veloce, cercando riparo.

«Mi dispiace, ho già un impegno.»

Coincidenze. Era consapevole di quanto poco tempo passasse con lei, ma l'ultima cosa che aveva in mente era dire di no a Dylan. Non sarebbe successo nemmeno nei suoi sogni. L'aria afosa le ricordò quanto era cambiata in quel periodo. Ora si sentiva più coraggiosa. E in grado di abbattere qualsiasi muro.

«Ma no, tranquilla. Non preoccuparti.»

Rilassò le spalle, sentendosi un po' meno colpevole. E come se avesse sentito ogni parola, Dylan si girò verso la loro direzione con un piccolo sorriso sulle labbra. La faceva impazzire. In ogni modo umanamente possibile. Porre un limite al suo potere era una guerra persa. Holland abbassò la testa, le guance ormai avevano la stessa tonalità dei capelli.

«Grazie.»










*   *   *









Le gambe non accennavano a rispondere, troppo prese a tremare. Guardò in continuazione l'orologio comodamente aggrappato al suo polso. Era in ritardo. Esercitò brevi pressioni sul suo cellulare, pensando ad altro. Avrebbe tanto voluto chiamarlo, ma per ragioni sconosciute non se la sentiva. Tremò dal freddo, ma non pensò ad altro che a mille posti immaginari in cui poteva essersi cacciato. Pensò seriamente di tornare alla sua cabina, mettersi a letto e convincersi di essere stata una stupida, reputando tutto ciò ridicolo, quando avvertì un rumore di passi dietro le spalle farsi più vicino. Un brivido di paura viaggiò in lei, bloccandola, come quando una serpe diffonde il veleno nel corpo della sua preda. L'ombra si fece più nitida e visibile. Non c'era niente che potesse fare. Era dentro fino al midollo. Holland imprecò mentalmente quando degli occhi color cioccolato incontrarono i suoi.

«Ti ho spaventata?»

Ma la ragazza non potè dire lo stesso.

«Da morire.»strinse con maggiore forza la manica della giacca, irritata.«Ti sembra questa l'ora di venire?»

Dylan alzò le mani al cielo, ma Holland, furiosa gli diede le spalle.

«Siamo nervosi?»

Si girò di nuovo.«Dici sul serio?»

A quel punto anche la fronte di Dylan si corrugò, assumendo un tono severo e sprezzante. Non poteva nascondergli niente. Anche quando chiudeva il discorso incrociando le braccia sotto a petto, poteva dedurre un limpido messaggio d'esasperazione. Aveva imparato a capirla. decodificando i suoi gesti, imparando tutto ciò che doveva sapere. Osservarla da lontano era un attività nuova per lui; non avrebbe mai smesso. Ma adesso, averla davanti a sé, con quei capelli liberi e feroci... Era tutta un'altra storia.

«Ehi, non volevo.»mormorò una volta azzerata la distanza tra i loro visi, una nuova fiamma si accendeva ogni volta che si sfioravano.

Le dita esperte raggiunsero gli esili fianchi di lei, catturandoli come quando una farfalla cede al volere di qualcuno più grande di essa. Con movimenti leggeri tracciò cerchi indistinti sulla sua pelle. Il freddo ora non era più un problema. Poi Holland si ricordò di ribattere.

Con un gesto rapido gli poggiò la mano al petto, rischiando quasi di bruciare; toccarlo in quel modo non era mai stato tanto bello.

«Dovrai farti perdonare.»ammiccò, con voce sensuale.

Intorno a loro solo la desolazione. Nella sua vita non aveva mai lasciato niente al caso, a per una volta avrebbe fatto uno strappo alla regola. Le sopracciglia di Dylan si alzarono di poco,meravigliato.«È questo il mio scopo.»prese la sua mano. Mai avrebbe voluto annullare quel contatto. La fine dei suoi tormenti era vicina. E non sarebbe importata la meta, lo avrebbe fatto. Senza nessun dubbio. Perchè era ciò che voleva. Per nessun motivo avrebbe cambiato idea. Ne era certa. Voleva lui. Con tutta se stessa.

Gli occhi lucidi le offuscarono la vista per poco, ma l'aria gelida l'aiutò a trattenerla. Non seppe bene quante strade attraversarono, quante luci illuminarono i loro volti, quante persone li videro di sfuggita. Dylan era quel un tipo d'ostacolo, uno di quelli talmente fatti bene da farti impazzire. Non si rese nemmeno conto di ciò che stava accadendo oltre il suo naso.

Ma questo a Holland non importò.«Oh, mio Dio.»rimase a bocca aperta.

Al di sopra della sua testa, la scritta McDonald's fece scalpore agli occhi dei passanti. Dopo questo poteva definirsi ancora una ragazzina a pieno titolo. Il risultato di Dylan fu proprio quello. Stupirla. Era tanto che desiderava portarla in quel posto. Proprio quando stava per emettere parola al riguardo, la ragazza al suo fianco si diresse spedita verso l'entrata, dimenticando ogni etichetta morale e civile che portava fino a un attimo fa. Agì senza un perchè. Ma questo da lei lo ci si poteva aspettare. Dylan non aveva fatto altro che capirla. Avrebbe fatto di tutto. Una volta dentro notò come i suoi occhi fossero attratti da ogni offerta. Era rimasta la solita bambina buffa e dolce che aveva conosciuto anni fa.

«Ho pensato che sarebbe stato carino portarti qui, invece di una stupida cena al lume di candela.»

Gli rivolse uno sguardo grato, come quando ci si disseta dopo ore d'astinenza nel deserto.«Hai pensato benissimo.»

Era così divertente vederla attenta su piccoli e insignificanti particolari. Era ovvio che si stesse trattenendo. Le gote rosse per l'attesa estenuante. In realtà Dylan aveva prenotato un angolo ben appartato per loro, accordandosi con i dipendenti, sborsando anche parecchi dollari in più. Ma quello era qualcosa di assolutamente insignificante. E così facendo, anche se involontariamente, Holland ignorò i problemi che sarebbero potuti sorgere se fossero stati scoperti. Poi Dylan la condusse al loro posto riservato.«Prendi quello che preferisci.»

Se fosse stato possibile, avrebbe raso al suolo l'intero locale, senza lasciare superstiti. Era pronta a divorare qualsiasi tipo di schifezza a disposizione. Dylan l'aveva messa in una posizione pericolosa.

«Non me lo faccio ripetere due volte.»

«Saresti capace di mangiare anche le pietre.»scherzò lui.

La stregò di nuovo. Se doveva dire la verità, preferiva mille volte una serata del genere ad una scappatella in un qualche club snob. All'improvviso la sua espressione cambiò di tutto punto.«Oh, hai...»si sporse oltre il tavolo, deciso. Holland non seppe cosa fare, se non assecondarlo e rimanere immobile. Avvertì un secondo dopo il suo dito sfiorarle la pelle vicino alle labbra, sporca di senape. Adorava quei segni misteriosi, quel suo guardare intenso e quel suo modo perfetto di lenire la sua anima.

UNTHINKABLE ― o'brodenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora