Capitolo L: Il castello sull'isola

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Capitolo L: Il castello sull'isola

Aryon Morvacor camminava per la strada affollata senza vedere realmente dove stava andando.

Quel giorno erano ventotto anni. Tanti ne erano trascorsi, da quel maledetto giorno in cui Nerwen e Pallando erano spariti nella grotta, risucchiati da una spaccatura nella parete poi svanita senza lasciar traccia. Molte cose erano cambiate, in quel luogo, nei quasi tre decenni passati.

Il villaggio, nato dall'accampamento militare che si era stabilito lì dopo la sparizione del re e della Istar, era cresciuto fino a raggiungere, ora come ora, i settecento abitanti; lo avevano chiamato Tarsad, che significava attesa, un nome appropriato.

Nell'area un tempo spopolata erano sorti diversi centri, alcuni su quelli vecchi, abbandonati secoli prima, altri in luoghi differenti; ma Tarsad era il più grande. La creazione di quell'agglomerato era stata imprevista ed a volte Aryon avrebbe preferito la solitudine, ma doveva ammettere che, invece, la gran parte delle volte era un bene aver compagnia.

Spesso, gli abitanti di Tarsad si rivolgevano al principe per aver un parere; c'era un Borgomastro e un Consiglio di sei persone che lo assisteva, che venivano eletti ogni cinque anni, ma istintivamente facevano riferimento a lui e alla sua vastissima esperienza di vita. Più volte gli era stato offerto di diventare lui stesso il Borgomastro, con la prospettiva di essere rieletto in continuazione, ma lui aveva sempre rifiutato; tuttavia, se avessero chiesto a qualunque abitante di Tarsad chi era il loro capo, avrebbero fatto il suo nome, piuttosto che quello del Borgomastro.

Dopo un po', si era sentita la necessità di istituire un piccolo corpo di guardie per il mantenimento dell'ordine; gli Yòrvar erano in genere persone tranquille, ma ogni tanto c'era qualcuno che si ubriacava e si metteva a far schiamazzi, o provocava una rissa, o si verificavano piccoli furti o litigi tra vicini; data la sua competenza con le armi, avevano chiesto ad Aryon di addestrare tali guardie e di diventarne il comandante; poiché doveva pur trovare il modo di sostentarsi, poiché prima o poi avrebbe esaurito la sua riserva di denaro, il principe aveva accettato. Così, sebbene in forma molto più ridotta, si era ritrovato ad aver funzioni assai simili a quelle che ricopriva un tempo, quando era la Prima Spada dell'Alta Sovrana delle Sei Tribù degli Avari.

Quindici anni dopo la scomparsa di Nerwen e Pallando, Allakos era morto di vecchiaia; Aryon lo aveva lasciato accoppiare più volte e della sua discendenza aveva tenuto un puledro, Riltur, ora adulto e assai simile al genitore, nero lucido come lui anche se le zampe anteriori erano decorate con una sorta di calzetta bianca.

Sei anni dopo era morto anche Thalion, il fedele cavallo da soma. Ora rimaneva soltanto Thilgiloth, la splendida giumenta di Nerwen, che non pareva invecchiare, ciò che aveva rafforzato in Aryon la certezza che fosse ben più di una cavalla, per quanto della semimitica razza dei mearas. Rifiutava qualsiasi cavaliere, perfino lui, anche se lo accompagnava spontaneamente quasi sempre, quando faceva una cavalcata nei dintorni per tenere in esercizio Allakos prima e Riltur ora.

Derva era ormai una donna anziana di oltre sessant'anni; era rimasta a Tarsad in attesa del ritorno del suo re e della moglie di Aryon scomparsa con lui, ma aveva quasi esaurito la speranza di rivederli prima della propria morte. Almeno, attraverso Aryon e il suo contatto intermittente con Nerwen in quella strana Terra del Sogno, sapeva che erano vivi e che stavano bene, e ciò le era di conforto, o almeno così il principe riteneva.

Aryon giunse a casa. Inizialmente, era stata una semplice capanna di tavole di legno inchiodate, poi col crescere del villaggio era stata sostituita da una vera casa di mattoni intonacati, come si usava nello Yòrvarem. Era abbastanza spaziosa, visto che ci abitava da solo, con una cucina, un soggiorno, un salotto, un bagno e una camera da letto. Era arredata in maniera confortevole ma molto semplice; gli unici lussi erano i molti libri che aveva collezionato e il liuto, uno strumento che suonava fin da quand'era giovane. L'aveva lasciato a Bârlyth quando se n'era andato per cercare Nerwen e poi durante i loro viaggi non aveva mai avuto occasione di usarne uno, ma adesso che era bloccato lì per non sapeva quanto tempo, dopo una decina d'anni ne aveva acquistato uno. Non lo suonava molto spesso, e quando lo faceva erano sempre musiche malinconiche.

Nerwen la Verde e la ricerca delle EntesseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora