Capitolo XXIV: In casa di Barbalbero

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Capitolo XXIV: In casa di Barbalbero


Nerwen corse alla scala e cominciò a discenderla con tutta la straordinaria agilità che accomunava Ainur ed Eldar; giunse rapidamente in fondo, dove trovò Thalion e Thilgiloth che guardavano entrambi in direzione del rumore che si avvicinava, sonoro e bizzarramente armonioso, quasi una musica di smisurati corni e cornamuse scanditi da altrettanto smisurati tamburi. Entrambe le cavalcature erano tese, ma continuavano a non dimostrare particolare allarme; così anche Calad, che andò a posarsi su un ramo basso poco lontano.

E poi eccolo emergere di tra i tronchi degli alberi: la figura era simile a quella di un Uomo, ma era gigantesco, alto più del doppio di un troll, molto robusto, dalla testa lunga e quasi privo di collo; il corpo era ricoperto di corteccia grigioverde, ma le lunghe braccia erano brune, mentre i piedi enormi avevano sette dita. Sopra una lunga e folta barba, simile a ramoscelli dalle punte muscose, brillavano due occhi marroni picchiettati di verde.

Scorgendo Nerwen, l'Ent si fermò all'improvviso e tacque di botto; la sua chioma di foglie frusciò rumorosamente.

Nerwen si immobilizzò: era dal tempo in cui Yavanna Kementári aveva introdotto gli Onodrim nella Terra di Mezzo, che non ne vedeva uno. Anche quando si recava nel Beleriand a trovare sua sorella Melian, pur udendone a volte parlare, non li aveva mai più rivisti; e quindi ora si sentiva emozionata al punto di non riuscire a spiccicar parola.

L'Ent la osservava, altrettanto silenzioso. I suoi occhi avevano uno sguardo calmo e solenne, ma erano molto penetranti; le pupille nere parevano pozzi profondissimi, colmi di cose viste e ricordate e ponderate adagio e con costanza fin da un passato remotissimo, ma sulla superficie brillava vividamente il presente.

 I suoi occhi avevano uno sguardo calmo e solenne, ma erano molto penetranti; le pupille nere parevano pozzi profondissimi, colmi di cose viste e ricordate e ponderate adagio e con costanza fin da un passato remotissimo, ma sulla superficie brilla...

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Infine Nerwen si riprese abbastanza da ricordare la formula di saluto rituale; fece un inchino e poi disse in entesco:

"Io ti saluto, Pastore degli Alberi."

Le occorsero svariati minuti per pronunciare la frase nella lenta, risonante lingua degli Onodrim, ed il suo apparato vocale fu messo a dura prova. Le sarebbe occorso qualche tempo per allenare lingua, gola e polmoni a quell'idioma così totalmente diverso da qualsiasi altro sulla faccia di Arda.

Al suono della propria lingua pronunciata da un altro essere vivente, l'Ent spalancò gli occhi e la bocca per l'immensa sorpresa: nessuno conosceva l'idioma degli Onodrim, tranne la loro creatrice. Possibile che costei fosse Kementári in persona?

La osservò meglio, mentre parlava; non aveva l'aura di una Valië, e pur tuttavia c'era qualcosa in lei che andava oltre l'apparenza umana. Un'Alta Elfa camuffata, forse? No, era diverso. Ma cosa?

Improvvisamente comprese: doveva essere una seguace di Yavanna, una Maia. Non assomigliava ad un'Aini, seppur di rango minore; ma nessun altro poteva conoscere la sua lingua.

Nerwen la Verde e la ricerca delle EntesseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora