Capitolo XIX: Caras Galadhon
Celeborn, altissimo, dai lunghi capelli argentei e lo sguardo solenne; accanto a lui Galadriel, slanciata ed alta quanto lui, dalla luminosa chioma dorata che le aveva meritato il nome con cui l'aveva chiamata Celeborn, fanciulla incoronata da una ghirlanda radiosa, e glielo aveva fatto preferire ai nomi che le avevano dato i suoi genitori.
Entrambi abbigliati di bianco ed argento, attendevano gli ospiti ai piedi dello scalone che conduceva alla sala di rappresentanza. Elladan ed Elrohir si inchinarono profondamente a loro come Signori di Lórien, ma poi corsero ad abbracciarli come i nonni materni che non vedevano da lungo tempo. Pur essendo alti, i due gemelli non raggiungevano la statura dei due padroni di casa, che superava il metro e novanta.
Galadriel li baciò entrambi in fronte, poi si volse sorridendo alla sua amica di un tempo.
"Nerwen Laiheri, benvenuta nella nostra dimora", le disse.
"Soltanto Nerwen la Verde, ora", la corresse la Istar, sorridendole di rimando. L'altra annuì: aveva visto che il suo aspetto era diverso, e non si trattava soltanto della forma delle orecchie; era velata, come le aveva riferito Elrond.
Aprì le braccia, e Nerwen si avvicinò; le due antiche amiche si strinsero affettuosamente, liete di ritrovarsi dopo tutto quel tempo: l'ultima volta era stata a Menegroth, il palazzo sotterraneo di Thingol e Melian nel Doriath, prima che Galadriel e Celeborn decidessero di recarsi ad est, oltre gli Ered Luin, precedentemente alla Guerra d'Ira che avrebbe distrutto il Beleriand.
Quando si scostarono, Nerwen guardò negli occhi azzurri di Galadriel e vide che, nei tanti secoli trascorsi dal loro ultimo incontro, la Dama dei Galadhrim, già in Valinor considerata tra i più saggi dei Noldor, era ulteriormente cresciuta in saggezza.
"Sono felice di rivederti", le disse.
"Anch'io. Non sai quanto", affermò Galadriel, in un tono commosso che non le era usuale, dato il suo grande autocontrollo.
Anche Celeborn si avvicinò e, con maggior formalità ma non meno piacere, abbracciò l'antica amica di sua moglie.
"Benvenuta, Lady Nerwen", le disse, "Sono felice che tu sia qui."
"Grazie, Lord Celeborn", rispose lei, "Anch'io sono felice d'esser qui."
"Dov'è nostra sorella?", s'informò Elrohir.
"L'abbiamo mandata a chiamare non appena abbiamo saputo che avevate raggiunto Caras Galadhon", rispose Galadriel, poi guardò Nerwen, "Arwen assomiglia come una goccia d'acqua a tua nipote Lúthien", l'avvisò. La Istar annuì:
"Mithrandir me l'ha detto. Sono davvero curiosa di constatare di persona quanto sia vero."
"Molto", le assicurò Galadriel.
"Elladan! Elrohir!", in quella si udì una voce squillante. Voltandosi, Nerwen rimase folgorata: l'unica, adorata figlia di Melian, Lúthien Tinúviel, la più bella creatura che avesse mai percorso le vie del mondo, era davanti a lei, viva e vibrante di gioia. L'Aini, barcollò, e Celeborn la sostenne per un gomito, lanciandole un'occhiata impensierita.
L'apparizione corse dai gemelli e li abbracciò di slancio, ricoprendoli di baci, ricambiata.
"Arwen, sorellina, ci sei mancata tanto!", la salutarono.
Dunque era vero, pensò Nerwen, stordita: Arwen Undómiel, figlia di Elrond, era l'immagine vivente della sua trisavola: gli stessi incantevoli lineamenti, la stessa flessuosa figura, gli stessi capelli neri lunghissimi ed ondulati. Quando la splendida fanciulla si voltò a guardarla, incuriosita, la Maia si avvide dell'unica differenza: gli occhi, che aveva dello stesso blu di un lago di montagna, mentre Lúthien li aveva avuti grigioverdi, una perfetta fusione tra i colori di quelli dei genitori.
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Nerwen la Verde e la ricerca delle Entesse
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