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Solitamente si dice "sei puntuale come un orologio svizzero", è ciò che avrei dovuto fare io, essere puntuale, ma forse il mio orologio si era rotto.

Mi alzai da quel groviglio di lenzuola, attenta a levare delicatamente la mano di Jonathan che premeva sul mio seno.
L'avevo conosciuto la sera prima in discoteca, dopo vari Drink avevamo concluso in bellezza la serata.

Non ero una ragazza solita a relazioni serie, anzi per dircela tutta non mi frequentavo mai con lo stesso ragazzo per più di 3 volte...volete sapere il perché?!?
Semplice...non credo nell'amore, avevo visto tante mie amiche piangere per le delusioni d'amore e sicuramente il mio nome non sarebbe finito nella lista delle Disperate, a mangiare barattoli di gelato guardando film melensi.
No io vivevo tutto alla giornata, "carpe Diem" mi ricordavo a me stessa, ed era il mio motto da sempre.

"Dove vai?" Jonathan si stiracchiò, aprendo un occhio, mentre raccoglievo la mia biancheria e la infilavo in fretta.
"Devo andare, ho un volo che parte tra 2 ore" ammisi infilandomi la gonna stretta, che quasi impediva i movimenti.
"Lasciami almeno il tuo numero" supplicò tirandosi su, poggiando il gomito sul cuscino.
"Credo sia meglio di no...non fraintendermi te sei da 9 stelline nette ma..." Feci spallucce lasciandogli intendere che non ci saremmo rivisti, mi guardò annuendo.
"Capisco, beh buon viaggio" sussurrò sconfitto, passandosi una mano tra i capelli corvini.
"Ciao" dissi lievemente,prima di sbattere la porta e uscire dalla palazzina.

Correvo come una furia trascinandomi dietro un trolley. Lo slalom tra le persone che affollavano l'aeroporto, neanche stessi correndo per una maratona.

Era il mio grande giorno, dovevo andare a presentare il mio libro "Lezioni su come trattare gli uomini bugiardi", ero eccitata al solo pensiero. Tanti anni a confutare che tutti gli uomini sono fatti della stessa pasta, due moine, una gonna troppo corta persino per le conigliette di  Playboy, ed erano cotti.
Avevo deciso di mandare il mio libro ad una grande casa editrice a New York, e finalmente avevano accettato di pubblicizzarlo.
Non potevo perdere quel volo. Ero un hostess e volare era all'ordine del giorno, ma in quel preciso istante sentivo un'agitazione ed un brulichio allo stomaco quanto bastava per contorcermi.

Attraversavo a grandi falcate l'interno dell'aeroporto dell'Ohio, avevo sempre abitato lì, e da quando mio Padre era morto un' anno fa, mi dedicai a stare accanto a mia Madre. Non voleva che perdessi questa occasione, perché come si dice "il treno passa una volta sola" nel mio caso era questo benedetto aggeggio volante chiamatosi Aereo.

Volavano imprecazioni contro il mio trolley che ogni tanto sbatteva contro la gente, mi limitavo a dire un fievole "scusa" con un accenno di dispiacere sul volto.
C'ero quasi, corsi a perdifiato verso la signorina che controllava le carte d'imbarco, mi dissi "dai Maggie corri di più", buttai un occhiata ai miei piedi e mi maledissi mentalmente, io e le mie stupide Louboutin.

Mi parai di fronte alla ragazza piegandomi con le mani sui ginocchi, per cercare di riprendere fiato.
Ancora piegata su me stessa alzai la testa, spostandomi delle ciocche bionde dal viso imperlato di sudore, verso il volto della ragazza, che mi guardava con occhi sgranati, neanche fossi stata un Clown, ma di sicuro mi avvicinavo a tale.
Mi alzai stirando con i palmi la gonna, passandogli con una mano la carta d'imbarco.
Alzò un sopracciglio fissandomi e spostò l'attenzione sul biglietto.

"Mi dispiace signorina ma il volo tra 20 minuti sarà in partenza" ticchettò il polpastrello dell'indice sull'orologio con un sorrisetto beffardo, per poi riprendere parola, "è arrivata tardi".
Mi sentii cedere le gambe, di sicuro un cadavere avrebbe avuto una cera migliore della mia. Mi fissai attorno per cercare...cosa? Una scusa? Forse una supplica, per poi riportare i miei occhi su quell'espressione divertita.
"Sono...si sono in terribile ritardo, ma la prego, la prego" misi le mani giunte, e dovevo sembrare proprio disperata, ma lo ero.
Fece cenno di no scuotendo la folta chioma castana.
"La prego, io devo prendere quell'aereo, è la grande occasione della mia vita, mi capisce vero? Rivoluzionerebbe tutta la mia insulsa esistenza. cosa farebbe lei se avesse una sola opportunità nella vita, che cambierebbe tutto?" La guardai con occhi supplichevoli, mi fissò per una manciata di secondi per poi annuire, mi dissi che era fatta, ero brava a colpire nel segno scalfendo cuori ibernati.
Mi dipinsi un sorriso in volto, aspettavo la parolina magica...
"sarei arrivata puntuale" asserii squadrandomi. Impugnai così forte il manico del trolley, che avevo paura mi si sarebbe sgretolato come polvere nella mano.
'Maledizione' mi schiacciai un palmo sulla fronte, fin quando non vidi uscire lui, la mia salvezza.
"Paul" gli saltai addosso cogliendolo alla sprovvista, ricambiò l'abbraccio, era sempre così bello e purtroppo sempre Omosessuale.
Mi scostò prendendomi per le spalle corrugando la fronte, spostando lo sguardo verso la ragazza che si limitò ad un'alzata di spalle.
"Che ci fai qui Maggie?" Chiese con tono di voce incerto quanto la sua espressione,
"Devo prendere questo volo" gli porsi il biglietto e guardò la ragazza,
"Sei fortunata Tesoro, per problemi
Il volo partirà tra 40 minuti" affermò, regalandomi un sorriso smagliante.
"Oh mio dio grazie Paul" battei le mani esultando, non potevo contenere tutta quella felicità.
Fissai la ragazza dipingendomi lo stesso sorriso beffardo che mi rivolse prima.
"Andiamo dai" m'incitò Paul, prendendomi per mano, annui e mi lascia trascinare.

Paul m'indicò il mio posto con un gesto del dito, "grazie Paul" affermai lasciandogli un lieve bacio sulla guancia. Mi sorrise "vai, vai", mi diede una spintarella in avanti e mi rigirai rivolgendogli una linguaccia.

Mi sedetti vicino al lato del finestrino, adoravo guardare la massa bianca di nuvole che si estendeva, mi rilassava.
Aprì la borsa per prendere le cuffie quando si parò un ombra al mio lato.
Alzai lo sguardo incrociando due occhi glaciali, i capelli biondi lunghi fin sopra le spalle tirati indietro, un lieve accenno di barba e il completo nero di classe a rendere il tutto una visione celestiale.

"È seduta al mio posto" affermò alzando un sopracciglio delineato, la voce profonda e forte mi sorprese gli fissai le labbra, carnose al punto giusto, scuotendo la testa per riprendermi.
"Ah sì? E chi lo dice?" Gli dissi di rimando incrociando le braccia al petto.
Mi fissò stranito, tirando fuori dal pantalone sartoriale il biglietto ben piegato.
"Lo dice questo" mi sventolò il biglietto davanti con un sorrisetto sornione, rivelando una fossetta sul mento.
"Beh si dà il caso che anche a me è stato assegnato questo posto" spostai lo sguardo verso il finestrino mettendomi un'auricolare quando me lo strappò dalle mani.
"Ehi...ma che maniere sono" lo guardai allibita, che razza di prepotente.
"Lei è maleducata, mentre siamo in una conversazione si mette questi aggeggi" li guardò indignato. Non aveva mai visto degli auricolari in vita sua?!? Buon giorno principe Erik.
"Mi sembra che la discussione fosse chiusa...io dal lato del finestrino lei da quell'altro" alzai il mento in segno di sfida, quando si arrese e mi lanciò le cuffie, passandosi una mano tra i capelli biondi, prendendo posto.

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