Capitolo 36

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"Mamma! Mamma! E che cos'è successo mentre raccontavi il tuo segreto?" chiede mia figlia curiosa.

"Tante cose. Sono successe tante cose" le dico e inizio a raccontare.

***
"Promettimi che non te la prenderai con me?" gli chiedo speranzosa.

Mi prende gentilmente la mano e me la accarezza.

"Promesso" conclude continuando a scrutarmi con le sue iridi verdi.

"Ecco, a volte non tutte le vite sono perfette come sembrano. Anche la mia" sospiro mentre tocco l'erba del prato.

Sento in lontananza un rumore sempre più forte e vicino. Ma continuo a parlare.

"Quando ero piccola vivevo in orfanotrofio. Ricordo solo poche cose a riguardo della morte dei miei genitori. Ero a casa a giocare con la babysitter quando me lo dissero. Ero piccola e non capivo che la parola 'morte' significasse che non avrei più rivisto mamma e papà, anzi mamma" spiego e sul viso di Jo si dipinge un' espressione di rammarico.

"Quando mi hanno trasferito in quel posto, ho conosciuto Calum. Passavano tutto il tempo insieme. Poi mi annunciarono che una famiglia mi aveva adottato, che era pronta ad amarmi, insomma"

Jo sorride tristemente.

"Ero così felice" sussurro.

"Poi il resto della storia lo sai a parte il fatto che ho ritrovato mio padre biologico" continuo.

Lo guardo. I suoi occhi sono lo specchio di quello che io sono. Conoscono il mio passato e il mio futuro.

Mi abbraccia forte e io non chiedo altro.

Quel rumore si sente più forte di prima e non è il mio

"Ti amo, e non m'importa il tuo passato".

Avviene tutto in una frazione di secondi, diventare una persona diversa da come eri, la paura di perdere qualcosa nella tua vita.

"Ashley ti amo" sussurra quando una luce si infrange su di noi.

Una moto viene sempre più veloce verso di noi e cerchiamo di scappare anche se invano.
***
I suoni sono ovattati, vedo offuscato.

Non riesco a muovermi.

È come essere sott'acqua e non poter respirare ossigeno perché non sai risalire a galla e non c'è nessuno disposto ad aiutarti.

Sbatto più volte le palpebre.

Sono in un ospedale, di nuovo dopo l'incidente di mamma.

Un infermiera viene verso di me.
Ha in volto un'espressione preoccupata e triste.

"Dove si trova Jonathan Salivan?" chiedo con la testa che mi scoppia e il cuore in una dimensione parallela.

Non risponde. Vuoto. Silenzio. Solo i battiti accelerati del mio cuore.

"Devi restare calma" cambia discorso l'infermiera.

"Ora faccio entrare tuo papà" continua e quando lo vedo entrare mentre piage, capisco che c'è qualcosa che non va.

"Papà dov'è Jo?" chiedo con le lacrime agli occhi.

Nessuna risposta.

Poi inizio a pensare che forse sono io che ho perso l'udito.

Però gli altri rumori, anche i più banali, riesco a sentirli.

"Papà dimmelo!" cerco di non urlare tra le lacrime.

Poi vedo passare una Madison in lacrime e non voglio sentire nient'altro.

Però questa volta lo sento, lo sento il suono delle parole che pronunciano quel fatidico: " Jo è in coma"

***
Asciugo una lacrima che mi bagna la guancia e sorrido tristemente a mia figlia.

"Adesso vai a letto" le dico gentilmente.

"No! Continua!" ordina.

Sono passati troppi anni.

Sono tante le cose inspiegabili della vita, una di queste è perché piove sulle persone che meritano l'arcobaleno.

Jo mi avrebbe risposto in versione Colpa delle stelle.

Me lo immagino con un'espressione da poeta mentre dice:

"Se vuoi l'arcobaleno devi sopportare la pioggia".

"Continuo domani" le dico.

"Promesso" concludo come l'ultimo 'promesso' pronunciato da Jo prima di scomparire nel vuoto, come l'ultima volta in cui mi sono sentita veramente felice, prima dell'incidente.

Vado in camera mia e subito mi addormento. Mi addormento solo sognando un episodio della mia vita.

"Jo, perché mi ami?" chiedo sempre con la testa rivolta al cielo.

"Perché ogni persona merita di essere amata" dice semplicemente sorridendomi come solo lui sa fare per farmi sentire a casa.

Drug- Drogata del tuo sorriso (#Wattys 2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora