Capitolo 37

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"Mamma perché sei triste?" chiede Savannah mentre mi stringe la mano.

"Niente tesoro, non ho niente. Stavo solo ricordando" le dico rivolgendole un sorriso sincero.

"Cosa?" chiede  scrutandomi con i suoi occhioni.

"Tante cose, piccola"

Vado in cucina per bere un bicchiere d'acqua.

"Quando vengono da noi zia Emily e zio Mike?" chiede.

"Domani, perché?"

"Chiedevo" dice scrollando le spalle.

"Continua a raccontarmi la storia però!" mi rimprovera.

Alzo le mani in segno di resa.

"OK, ok, stai calma"

***
Mi alzo a fatica dal letto, tutta dolorante.

Mio padre non è in camera, quindi ne approfitto.

Vago per gli immensi corridoi color bianco latte del ospedale, cercando in ogni direzione la stanza di Jo o almeno sua madre.

"Mi può dire dove si trova Jonathan Salivan?" chiedo ad un infermiera seduta dietro un banco intenta a scrivere qualcosa sul computer.

"Stanza 120" dice dopo aver controllato.

Con un mal di testa allucinante riprendo a camminare verso la camera 120.

Scorgo da dietro il vetro della stanza Madison e mi fermo sull'uscio della porta della camera.

Madison dorme e silenziosamente vado da Jo.

Mi avvicino al letto dove è sdraiato e gli prendo la mano.

Anche lui dorme e a la bocca leggermente schiusa.

"Ti prego Jo, svegliati" dico in un lamento.

"Ti prego, sei la cosa più bella nella mia vita. Prima mi sembrava tutto buio" piagnucolo.

"Come farò senza di te? Prima non conoscevo nemmeno il significato della parola amare. Ricordi? Non eravamo tipi da relazioni fisse e stabili" parlo a raffica, il ritmo del mio cuore si scontra con le parole pronunciate troppo velocemente per essere comprese.

"Prima non sapevo niente" sospiro.

"Mi hai fatta sentire per la prima volta...amata" sollevo le braccia in un gesto liberatorio, poi mi siedo su una sedia vicina al letto e appoggio la testa sul suo petto.

Il suo cuore batte. E non importa se non potrà sentirmi o non potrà vedermi in faccia mentre gli parlo. Il suo cuore batte e questa è la mia unica certezza che lui è vivo.

Si, perché possiamo anche essere separati, ma la distanza separa due corpi, mai due cuori.

Asciugo un'altra lacrima.

"Ashley torna in camera, sei debole. Una moto vi ha investiti, è andata fuori strada" dice Madison.

I capelli scompigliati e raccolti con un elastico, gli occhi solcati da due grandi occhiaie, il viso pallido e le labbra screpolate, sono la dimostrazione del suo dolore.

Soffre ma non vuol darlo a vedere. Cerca di essere forte per se stessa e per gli altri perché sa che altrimenti potrebbe crollare.

"Voglio restare qui" le dico e lei si limita ad annuire.

La sagoma di mio padre si avvicina alla porta e rimane in religioso silenzio.

"Ashley, andiamo in camera" dice papà in tono supplichevole.

"Ti posso parlare?" lo interrompe Madison che lo porta fuori dalla stanza.

Si allontanano dalla camera e io rimango sola con Jo.

"Tu ti devi svegliare, altrimenti chi continuerà a scrivere la nostra storia? Io no, non ne sarei capace" ridacchio debolmente prima di scoppiare a piangere perché di ridere non ne ho voglia.

"Tu sai che ho bisogno di te, come facciamo ad attrarci come due calamite di segno opposto, se viene a mancare una delle due calamite di segno opposto?" chiedo.

Ma ormai mi sono abituata a non ricevere nessuna risposta; mi sono abituata al silenzio di questa camera.

***
"Mamma?" mi interrompe Savannah.

"Si, dimmi tesoro"

"Quanti anni avevi quando hai fatto quell'incidente?"

"Venti" le dico.

"E quanti anni sono passati d'allora?"

"Dieci anni, piccola" le sorrido.

"Mamma?" mi richiama.

"Dimmi tesoro"

"Ti voglio bene" dice e mi abbraccia.

"Anche io tesoro mio" le dico e la stringo più forte a me.

I suo occhi verdi brillano di felicità e sulle su labbra spunta un piccolo sorriso.

"OK mamma, ti voglio bene. Però adesso continua a raccontare la storia!" mi rimprovera Savannah.

"Certo piccina mia"

E ricomincio di nuovo a parlare.

Drug- Drogata del tuo sorriso (#Wattys 2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora