Chapter 2: we're free to be what we want

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All'uscita di scuola, come sempre, il cortile è pieno di ragazzini del primo anno, fumatori accaniti che non vedevano l'ora di accendersi una sigaretta inondandoci di nicotina e coppiette smielate che si corrono in contro urlandosi frasi scadenti prima di mangiarsi spudoratamente la faccia a vicenda. Che orrore.

Ma non finisce certamente qui, se ci sono altre persone che hanno un comportamento alquanto patetico, quelli sono i nerd, che non aspettano altro che uscire di scuola per correre ai loro rifugi e passare le prossime quindici ore in una stanza umida ed illuminata dalla fioca luce di una abajur; studiando frettolosamente, afferrando i concetti e scaraventandosi sulla prima console libera della casa.

Ovviamente i ranghi scolastici solo molti più vasti e vari: Cheerleader e giocatori di football, emo non apprezzati dalla società neanche se stessimo parlando di decadentisti, surfisti che cavalcano skateboard pronti a cadere sulla prima onda di un marciapiede troppo alto, rockettari, finti alternativi ed infine loro: le persone normali.
Le persone normali, in un liceo, sono sempre i più strambi e disadattati, non appartengono a nessun gruppo, o almeno, seguono talmente tante correnti diverse da non potersi aggregare ad un solo club; quelli che vestono i classici panni da studenti, vanno alle feste e magari si drogano ma pur sempre senza appartenere a niente. Banali, non è vero?

Infine, ma non meno importanti, ci siamo io e la mia migliore amica. Josie ed Arabella, Arabella e Josie.
Noi due formiamo un gruppo, un gruppo di due persone (o forse sarebbe meglio dire un duetto) nel quale nessuno può entrare e nessuno può uscire. La parola d'ordine del nostro gruppo è "noi siamo quel che vogliamo essere". Adesso vi spiegherò meglio: se un giorno avessi voglia di indossare una corona di fiori o magari formare due batuffoli di capelli al centro della testa, potrei farlo senza dover appartenere al gruppo "sono un alternativo, ascolto i nirvana e faccio grunge, io credo negli alieni".
Posso farlo perché il mio gruppo può fare ciò che vuole; oppure: se un giorno Josie volesse venire a scuola con una grossa cresta verde ed una giacca di pelle di tre taglie più grosse potrebbe farlo liberamente senza dover dare conto a nessuno, perché noi siamo libere di essere ciò che vogliamo.

In conclusione, posso afferma che: seguire l'indie rock, essere punk od alterativi non cambia il fatto che neanche oggi nel mio letto ci fosse Jesse Rutherford con un cellulare in mano pronto a rendere tutto Black and White come uno dei suoi album grazie ad un filtro color noir. Che tristezza.

«Jo, oggi i pantaloni di Austin erano di un colore così triste» dico io cercando di sparlare un po' sulla gente della nostra scuola.

«Sì, hai ragione, solitamente puntava sul giallo pastello o su un malva, mentre oggi erano di un verde così... Umido in putrefazione?
Ma perché, la manicure di Katy? Orripilante!»
Annuiamo entrambe come d'accordo su ciò che ha detto l'altra. Ci troviamo spesso in sintonia e ciò limita quasi allo zero per cento i litigi fra noi due.

«Sai, prima testa di merda mi ha contattata» dico a corto di argomenti bollenti da sfoderare.

«Che vi siete detti?» mi chiede sorridendo sotto i baffi. È inutile dire che lei spera che io mi metta con il migliore amico del suo fidanzato. Be', mi spiace, ma non accadrà mai.

«Oh, nulla di che, non gli ho neanche riposto ancora»

«Arabella! Non fare l'antipatica, Luke è un bravo ragazzo, prova almeno ad essergli amica» mi impartisce Josie pregandomi con lo sguardo.

«Ma testa di merda è un montato!» provo io a ribattere.

«Non è così male, Bella. Insomma, ha provato a flirtare anche con me un tempo, ma poi ha capito che non poteva esserci nulla, vabbè, non è andata proprio così perché Calum l'ha minacciato di avergli fatto spuntare una vagina, ma ehi! La situazione qui è ben diversa, perché voi due parlate da quasi cinque mesi e lui imperterritamente ti dà il buongiorno, quindi fai uno sforzo, per favore.»

«Allora, punto primo: è Luke che parla con me, non c'è un "noi"» mimo con le dita delle virgolette immaginarie «in questa cosa che c'è tra me e lui. Punto secondo: anche io imperterritamente non demordo ad ignorarlo, credo che ci sia un giusto equilibrio tra noi, no?» spiego la mia giusta teoria aprendo le braccia come Gesù faceva con i suoi discepoli durante la parabola del buon samaritano e della miracolosa nascita di Dylan O'Brien, sia benedetto il signore!

«Se gli rispondi ti do cinque dollari» sbuffa lei; è così straordinario il modo in cui cerchi ogni volta di arrivare a compromessi per farmi fare ciò che dice lei.

«Facciamo dieci» contratto alzando un sopracciglio e guardandola di soppiatto. Ultimamente sono a corto di denaro ed i miei hanno reso la mia paghetta ad un numero quasi nullo. Aver comprato tutti e dodici i volumi di Death Note in una sola volta probabilmente non è stata una delle idee migliori che mi potesse scoppiare in testa.

Lei annuisce ed io urlo un «affare fatto!» prima di estrarre il telefono dalla tasca e rispondere al biondino.

Arabella: Testa di merda, da quanto tempo!

«Sgancia i soldi, bellaah» sporgo una mano in fuori facendo ondeggiare un mio sopracciglio, indossando un sorriso furbo.

Appena li afferro il telefono mi vibra nella mano destra ed immediatamente sblocco lo schermo, ritrovandomi sulla chat con Luke, adesso online.

Luke: Cavolo, oggi sei stata più veloce del solito a rispondermi

Arabella: è che ho capito di amarti profondamente solo ora.

Luke: cazzo, sei seria?

Arabella: No. Josie mi ha promesso 10 dollari nel caso in cui ti avessi riposto in meno di dieci minuti dalla sua offerta, quindi eccomi, Lukey c:

Luke: Oh... Perché devi essere così fottutamente stronza e sensuale allo stesso tempo?

Luke: come mi fai sentire tu nessuno, nemmeno l'infermiera sexy sulla copertina di Ename of The state.

Arabella: sono qualità che si apprendono fin da piccola, quando, rubando caramelle al bar vicino casa tua, per non farti beccare sfoderavi un bellissimo e dolcissimo sorriso, nonostante avessi un tirapugni nella tasca del cappotto.

Ridacchio al ricordo di una piccola me e della mia collezione rarissima di tirapugni e mazze, mi butto sul letto mezzo sfatto una volta che sono arrivata a casa.

Asshole - Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora