Chapter 16: hello bitch, goodbye sluts

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«Certo che Kylie potrebbe impegnarsi a sembrare meno troia, okay che lo è, ma almeno durante educazione fisica potrebbe evitare di indossare pantaloncini così attillati e piegarsi così tanto in prima fila!» mi sussurra Josie affannosamente mentre entrambe (come tutta la classe) ci pieghiamo fino a toccare le punte delle nostre scarpe con le gambe a squadra.

Mi guardo intorno, notando, ovviamente, che tutti i ragazzi presenti nella palestra sono distribuiti tra la seconda e terza fila ad osservare le prorompenti forme della Roberts e delle sue colleghe cheerleader, ovviamente conciate allo stesso modo del capo.

Quando poi sposto lo sguardo su Josie e me, quasi mi viene da ridere.
Siamo in ultima fila sudaticce e mezze sfatte, insieme ad altre poche ragazze che, come noi, hanno decisamente la testa sulle spalle.

«Già, infatti. Dovrebbe fare un giro nei miei leggings, potrebbe essere sexy senza risultare troppo puttana. E poi sono sicura al cento per cento che sono molto più comodo di quei cosi inguinali, inventati sicuramente come pantaloncini da cubiste.»

Josie annuisce sussurrando un "bagascia" prima di scattare in piedi alla voce acuta della prof sclerotica Henderson.

«Okay ragazzi, abbiamo finito. Avete come sempre mezz'ora per lavarvi e cambiarvi, e sottolineo lavarmi, mi raccomando, non voglio sentire strani odori alla vostra uscita dagli spogliatoi.»

Noi tutti alziamo gli occhi al cielo, sentendoci leggermente presi in giro, insomma, abbiamo quasi 18 anni, ovvio che ci buttiamo almeno del profumo addosso. 
Tipo quella volta che rubai da Chanel dieci tester praticamente nuovi che custodisco tutt'ora nella zona più "protetta" della stanza. Fu un ottimo affare.

Comunque, appena Josie ed io ci eravamo aggregate al gruppo di ragazze che andavano in spogliatoio si creò, purtroppo, quel morbosissimo instante in cui tutte noi eravamo in intimo e dopo, ancora purtroppo, le cheerleader iniziavano a parlottare sulle loro ultime conquiste giornaliere, sul loro intimo firmato o semplicemente su alcune dimensioni.

Parlarono anche di alcuni nuovi ragazzi della città che si aggiravano spesso per il cortile della scuola, di come loro le stessero puntando e come loro troieggiassero indisturbate.

Josie, che probabilmente non aveva appuntato le orecchie come me nell'ascoltare quelle oche parlare dei ragazzi di Sydney, appena sentì il «ho notato un ragazzo dai tratti vagamente asiatici ammiccarmi fuori scuola», non ci vide più e si avvicinò con grandi falcate al gruppetto che stava parlando del suo ragazzo.

«Katris, ehi, sai il cinesino fuori scuola a cui ti riferivi poco fa? So il suo nome, vuoi saperlo?» l'ingenua cheerleader annuì veemente, come felice del passo in avanti che avrebbe fatto.
Josie sorrise girando la testa su un lato, afferrò un grosso quantitativo di capelli della ragazza raggruppandoli in un grosso pugno stretto, la avvicinò al suo volto minaccioso.
« si chiama: guarda ancora il mio ragazzo e il grosso buco che hai in mezzo alle gambe diventerà talmente tanto grosso da farci entrare una mandria di elefanti dentro. Ciao Puttana, arrivederci troiette» lasciò i capelli della ragazza sofferente, salutò prima lei e poi le altre, che, sconvolte ed impaurite dall'accaduto, non avevano mosso neanche un muscolo.
Josie sapeva decisamente farci con queste cose.

Tornò indifferente al suo posto, infilandosi una gonna a pieghe abbastanza corta per un posto come la scuola ed un maglione abbastanza grande per lei, mise le sue scarpe da sopra le alte calze nere ed afferrò la sua borsa. Intanto mi vestii anch'io con un semplice jeans ed una maglia gigante del college di mio fratello Harry. La seguii fin fuori la palestra dove ci aspettava Collin, al quale raccontai tutto l'accaduto.
Lui rimase basito, biascicando un (testuali parole) "hai più palle di me" che fece ridere entrambe.

-

Percorro velocemente la breve viottola che separa le grosse mattonelle di cemento del marciapiede alla piattaforma leggermente rialzata in marmo e alla porta in mogano di casa mia. Mi fermo vicino quest'ultima nel momento in cui, frugando tra gli inutilissimi oggetti della tasca anteriore del mio zaino, riesco ad estrarre un mazzo di chiavi. Trovo dopo alcuni tentativi  la chiave che coincide con la serratura e in un attimo me la richiudo alle spalle.

La casa è completamente immersa nel silenzio, le finestre sono completamente chiuse e le tende leggermente ravvicinate, in modo da far passare quel minimo di luce da far illuminare l'ambiente.

«Mamma, papà, sono a casa!» urlo come mio solito, ma stranamente nessuna testa piena di bigodini  spunta dall'uscio della cucina e nessun "tesoro!" riecheggia dal soggiorno.

Corrugando la fronte mi addentro maggiormente nella casa completamente estranea per me in quelle condizioni, nonostante ci abitassi da tutta la mia vita.

Mi pietrifico quando dei passi veloci rimbombano per tutto il corridoio del primo piano e delle gambe robuste, fasciate da un jeans scuro si intravedono dalle scalinate.

Oh mio dio! Sarà sicuramente un ladro! Avrà legato e fatto perder i sensi ai genitori, che adesso, incoscienti, si avvicineranno alla morte senza neanche potermi salutare! Dannazione!

Cerco di riflettere su una soluzione afferrando inconsciamente il mio telefono riversando immediatamente i miei pensieri su Luke, potendolo usare come arma difensiva, quando dei lunghi ricci castani ed una camicia fin troppo sbottonata entrano nella mia traiettoria.

«Harry!» urlo tra l'arrabbiato e il felice. «Mi hai fatto prendere un colpo, idiota!» lo guardo  male mentre lui inizia a ridere, facendo spuntare quelle due splendide fossette ai lati delle guance. Mi viene in contro, aprendo le braccia.

«Sorellina, chi ti aspettavi che fosse, un maniaco? Per te?» inarca le sopracciglia trattenendosi dallo scoppiare a ridere.
Ancora più nervosa sbatto una pugno nella zona in cui la sua camicia si arrotola, facendolo leggermente ridacchiare per la mia debolezza.
Okay, dovrei fare un po' di palestra.

«Cosa ci fai qui, Harry?» chiedo fredda, entrando in cucina.

«Be', come hai potuto notare mamma e papà non ci sono, neanche Melanie. Si sono dovuti precipitare a Perth, dalla nonna Evangeline perché -come sai- è gravemente malata, e pare che il tutto si stia aggravando...» mi spiega tristemente Harry. Ora capisco perché la casa era completamente avvolta nel silenzio.

«Come..? La nonna? Perché non mi hanno portata?!» chiedo sconcertata e delusa dal comportamento dei miei genitori.
Sanno come io da sempre sia stata legata a nonna Evangeline e che quando lei ha deciso di spostarsi dalla figlia a Perth mi abbia lasciato un vuoto dentro per più di un anno.

«Lo so, Arabella. Avrebbero voluto portare tutti, ma purtroppo sono dovuti scappare al più presto, soprattutto perché il viaggio è davvero lungo e sarebbero arrivati troppo tardi se avessero dovuto spiegarci il tutto, fare le valigie, farci tornare da scuola, eccetera...»

Annuisco comprensiva, sentendomi leggermente in colpa per aver creduto per un solo momento che i miei non volessero che andassi con loro. Mi dirigo in solotto, con Harry che mi segue, ed insieme ci buttiamo sul divano, fissando un punto nel vuoto.

«Vieni, forza, ti sentirai meglio» sussurra teneramente. Mi giro verso di lui notando entrambe le braccia aperte ricoperte da qualche tatuaggio e senza proferire una sola parola mi appoggio delicatamente al suo petto, lasciando che mi avvolga completamente con le braccia e che lasci alcuni baci tra i miei capelli.

Scusate eventuali errori, ma l'ho riletto davvero molto velocemente

Asshole - Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora