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Veronica
Flashback
Chiudo rapidamente la porta dopo che Alex ne è uscito. Torno in soggiorno, dove mi aspettano mia madre e quell'uomo che, anche se non so chi sia, ha qualcosa di famigliare. Sento di aver già visto in qualche modo quei suoi occhi marrone scuro.
-Che succede?
-Veronica, lui è Stephen.
-Salve.-dico senza togliere lo sguardo da mia madre.
-Ripeto, che succede?
-Lui è originario del Canada.-svia il discorso un'altra volta, iniziando ad infastidirmi. Devo solo mantenere la calma e non fare sciocchezze.
-Vicino a vive zia Paola?-
-Si. Ci siamo conosciuti ad una cena...parecchio tempo fa.
-Parecchio?
-Si, diciamo che ci frequentiamo da tempo. Solo che non volevo presentarlo a te a a Roberto troppo presto-
-Ah. Bene.-dico sarcastica.
-Ascolta Veronica-sospira.
-Sai che non amo giro di parole e che le cose vanno dette e basta. Perciò, ecco tutto: vogliamo andare in America. In Canada. Vogliamo riniziare da capo.
-COSA? È uno scherzo vero?-ridacchio, convinta veramente che lo sia.
-Io non ho intenzione di cambiare città, figuriamoci addirittura continente! Sei proprio spiritosa, ma'.
-Veronica...sono seria.-il suo tono freddo e calmo mi gela il sangue nelle bene in un istante. Lo conosco bene, e quando parla così, significa che ormai è cosa fatta. Non c'è modo di tornare indietro.
-Tu sei matta! Quando pensavi di dirmelo? Un giorno prima della partenza!-grido, con ira.
-Cerca di capire, lì potremo avere un tenore di vita migliore. Permetterci quelle cose a cui ora rinunciamo. Tagliare finalmente con il passato. Con tutti i ricordi che ogni volta che entro in questa casa mi invadono. Con la tristezza con cui ho vissuto fino a quando non ho conosciuto Stephen, sapendo di non poterti dare tutto quello che vuoi.-prova a convincermi, ma dovrebbe sapere quanto sono testarda. Non bastano poche parole. Diamine, mi sta chiedendo di rinunciare alla mia vita!
-Ma che dici?! Io amo la mia vita qui. I miei amici, la mia scuola, la mia casa, tutto! Non ho bisogno di cose strane, mi basta quello che abbiamo.-la voce mi sta iniziando a tremare, ma non voglio piangere. Non ora almeno.
-Veronica, io ho preso la mia decisione e fino a quando sarai sotto la mia custodia, farai quello che ti dico.
-No! Dannazione, io...io ti odio!-urlo prima di scappare in camera mia.

Sbatto la porta ed inizio a piangere come una fontana. Era tempo che non piangevo così tanto. Mi riporta alla mente i periodi peggiori della mia vita.

Dopo una decina di minuti sento la porta aprirsi e qualcuno entrare. Poi mia madre inizia a parlare.
-Veronica, so che ora ti sembra la notizia peggiore del mondo, ma poi capirai che è una grandissima opportunità. Tra due settimane ti sembrerà-la interrompo
-Per te, cazzo. Lo è per te! Io qui ho tutto. Il ragazzo di prima è il mio fidanzato. Perché dovrei rinunciare alla mia felicità per permettere alla tua di materializzarsi?-le chiedo e lei sembra per la prima volta in difficoltà a rispondermi.
-Quel tipo è il tuo ragazzo?-dice dopo un po', con disprezzo.
-Si. Hai capito bene. E non incominciare i tuoi discorsi sull'età, Ok? Perché io lo amo e lui mi ama. Stiamo bene insieme ed è la cosa più bella che mi sia mai capitata e non intendo rinunciarci.
-Non so cosa dire. Sappi che forse è meglio così.
-Basta, non voglio sentire più niente da te.

E detto questo, scappo via. Esco di casa sbattendo la porta. Le lacrime continuano a scendere a fiumi. Cerco di nasconderle con le mani fino a quando vado a sbattere contro qualcuno, Matteo.

Fine flashback

-Capito, Roby?-domando, finendo il racconto.
-Mi dispiace tantissimo Ver.
-Beh, non è che tu sia in una situazione migliore. Come farai con Clarissa?
-Io resto qui sorellina.
-COSA?!
-Non posso lasciarla.
-Mi abbandoni? Mi lasci sola? È più importante lei di me? Io devo seguire mamma solo perché minore? Mi ha delusa, vaff-mi interrompe.
-Veronica, Clarissa è incinta. Non la posso lasciare.
-COSA?! Altre sorprese? Mi volete far morire in questi giorni? Ti prego, dimmi che è uno scherzo.-non so se ridere o piangere. Maledizione, non so più che fare. Ogni pilastro della mia esistenza sta crollando. Uno dopo l'altro. E potrei davvero crollare questa volta.
-Non lo è. Ascolta-lo interrompo.
-Ti prego, basta. Basta. Sono stanca. Sono stufa, esausta. Esci. Per favore.
-Ok.
-Aspetta, ci sono mamma e il suo amico?
-No.
-Ok. Grazie.

Mi stendo sul letto e fisso il soffitto.
Che faccio? Perché tutto questo? Ho bisogno di parlare con qualcuno, di sfogarmi. Devo vedere Alex. Ho bisogno di lui.

Bussano alla porta proprio quando mi ero decisa di alzarmi dal letto.
Ne entra un ragazzo bruno, riccio, Christian. Che ci fa qui?!
-Christian?-chiedo sorpresa.
-Ciao.
-C-ciao.
-Sono felice che tu stia bene. Ieri mi hai fatto prendere un colpo. Per fortuna ero lì.
Mi ero dimenticata di quello che è successo la scorsa sera. Del mio salvatore che mi ha portata via dalla fradicia strada fino al mio caldo letto.
-Grazie per avermi aiutata.
-Non devi ringraziarmi, non ti avrei mai lasciata sola.
-Ma perché sei qui?
-Stephen è mio padre.
-COSA? -sputai con troppa rabbia ed acidità.
-Oh, non parlare come se dovessi scagliarsi contro una maledizione. Non l'ho scelto io.-ridacchia, alzando le mani in segno di resa.
-Scusa, è solo che, insomma, sai quello che vogliono fare....
-Si. E so che io e te ci faremo forza insieme. Anche perché io vivo da sempre lì. Da quando papà è venuto in Italia io ho abitato a casa di mia nonna in America. Mio padre è italiano mentre mia madre era americana. Vengo qui in vacanza da mia cugina Bianca, come faccio spesso.
-Ah.
Non riesco a dire altro. Sono sconvolta. Ancora di più. Per l'ennesima volta in una giornata. Inizio veramente a pensare che vogliano farmi morire con queste notizie. Ci manca poco ormai.
-Mi hai sentito?
-Come scusa? Mi sono un attimo distratta.
-Ti ho preparato la colazione. Vieni in cucina?
-Ehm, si. Arrivo. E grazie. Mi preparo e arrivo.

Esce. Vado in bagno e mi lavo. Poi torno in camera e indosso i leggins neri, una maglia bianca e le Converse. Lego i capelli in una coda alta ed esco dalla camera.
Bevo il caffè che Christian mi ha preparato e poi addento un cookie. In effetti, un po' di fame...ok, forse più di un po', mi era venuta.
-Ora cosa vuoi fare?
-Andare a parlare con Alex, poi dalle mie amiche e, sinceramente, non so che altro fare. Ho una tale confusione in testa. Credo che per ora farò così.
-Ok. Ti capisco.
-No. Mi dispiace, ma non puoi. Non sai che significa scoprire che improvvisamente devi cancellare tutta la tua vita per la scelta di un altro.
-Ricordati che io ci sarò.
-In questo momento l'unica cosa che vorrei è ascoltare musica, da sola, per rilassarmi e riordinare la mente. Una canzone in questi momenti mi donerebbe quello scorcio di paradiso in quest'inferno nei quattro minuti della sua durata, di cui ho tanto bisogno.
-Wow.
-Già. Cos'è che ti rilassa a te?
-Mi piace giocare a basket. Sono molto bravo.
-Modesto il ragazzo.
-Non dovrei? Quando sarai lì anche tu vedrai alle partite, quante sono le fanciulle che urlano forza Chris o Christian sei il migliore o cose di questo genere.
-Ahah-rido senza umorismo al pensiero di quello che mi aspetta. Ho paura di non so cosa in realtà. Dell'ignoto.
-Vuoi che ti accompagni in città con la moto?
-Sarebbe carino, grazie.
-Figurati, ma ti avviso...è la prima volta che ci porto una ragazza.
-Mm, mi sa che le grida delle fans alle fine non ti portino a niente.
-Cambiamo argomento va. È meglio. Fidati.

Esco di casa stranamente sorridente. Non so come abbia fatto, ma mi sento meglio. Mi sento come se alla fine non fosse così terribile.

Arrivati in città, lo saluto dandogli un bacio sulla guancia.
-Ti aspetto?
-Non so quanto tempo ci metterò.
Mi sorride in modo perverso.
-Se non scendo in venti minuti vado a farmi un giro. Quando poi hai fatto ti passo a prendere.
-Ok grazie.
-Di niente piccoletta.
-Ehi non sono piccola!
-Hai ragione, sei solo nana.
-E così il Chris buono e gentile è andato a quel paese. Peccato. A dopo. 
-A dopo.

Mi dirigo al portone. Non ho bisogno di suonare perché proprio in quel momento una vecchietta con un bassotto leggermente sovrappeso sta uscendo. Entro velocemente e mi dirigo all'ascensore. Fuori servizio. Perfetto. Ci mancava solo questa. Inizio a salire le scale e in questo momento maledico la mia pigrizia.

Arrivata esausta e sudata al piano, riprendo fiato prima di suonare. Ora che ci penso, non si neanche se è a casa. Ho provato a chiamarlo ma non ha risposto. Il mio intuito diceva che è qui a dormire. Manca poco al momento in cui lo scoprirò.



Ehi ehi
So di aver impiegato parecchio ad aggiornare, mi dispiace. È che ultimamente non ho la testa per scrivere...
Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Perdonatemi eventuali errori, provvederò a correggerli quanto prima.
Alla prossima.

Dicono...l'amore non ha età [In Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora