Chapter 3.

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Levy era andata nel panico quando aveva ricevuto il messaggio della sua migliore amica. Era seduta alla scrivania del suo ufficio quando aveva visto il telefono vibrare e illuminarsi. L'aveva preso di getto e ne aveva letto veloce il contenuto, sgranando gli occhi e lasciandolo cadere a terra.

'Qualcuno è entrato in casa mia. Ho paura che siano loro, Levy.'

Erano queste le parole del messaggio e l'azzurra non riusciva ancora a crederci. Era corsa veloce verso l'ufficio di Makarov, dimenticandosi per un momento educazione e buon senso, spalancando la porta con un gesto rapido e veloce, facendo saltare in aria il vecchietto seduto che sorseggiava un caffè per mantenersi sveglio.

Gli spiegò veloce la situazione e il capo fece una chiamata, dicendo a Levy che avrebbe mandato qualcuno che si sarebbe finto un condomine per vedere un po' la situazione nel palazzo. L'agente dell'intelligence era agitata: sapeva che non potevano piombare nell'appartamento di Lucy come se nulla fosse. Sapeva che probabilmente quei tipi lo stavano tenendo sotto controllo per scoprire se la bionda fosse in realtà una poliziotta; e del resto non dovevano essere di certo loro quelli che avrebbero mandato a monte la missione, non potevano permetterselo.

Levy aspettò impaziente, non riuscendo a stare ferma e camminando per quasi tutto il dipartimento. Era nervosa e preoccupata, chiedendosi come potesse stare la sua amica e se quei tipi le avessero fatto qualcosa. Quando arrivò la conferma che l'appartamento non fosse controllato, l'azzurra chiese il permesso di poter andare con gli agenti mandati ad indagare e schizzò in macchina quando lo ottenne.

Del resto Makarov non poteva di certo negarle quell'unico favore che lei gli aveva chiesto. Una volta arrivata, si diresse a passo spedito lungo le scale del condominio e riconobbe alcuni colleghi fermi sull'uscio. Si avvicinò a loro e questi le fecero il saluto, mettendosi dritti e sollevando la mano affinché toccasse la fronte. Levy sorrise e fece un cenno con il capo, prima di sbirciare dentro e notare altri agenti.

<< Ci sono indizi? >> provò a chiedere. Quello non era il suo campo, ma poteva provare a dare una mano, di certo quelli non avrebbero rifiutato.

<< No. Lavoro pulito come sempre >> sospirò uno dei due.

Levy strinse i pugni lungo i fianchi facendo sbiancare le nocche e si diresse a passo spedito all'interno dell'appartamento dell'amica. Com'era possibile che non lasciassero mai indizi? Era come se fossero fantasmi.

<< Ho trovato un coltello >> annunciò improvvisamente un agente chinato a terra. L'oggetto doveva essere finito sotto qualche mobile, ma l'azzurra lo guardò storto.

<< Non entusiasmarti troppo, non apparteneva ai criminali >> disse senza troppo risentimento, vedendo numerosi sguardi posarsi su di lei.

<< Come può dirlo? Non abbiamo ancora fatto le dovute analisi, magari se lo sono fatto sfuggire >>.

<< Impossibile >> commentò nuovamente con una risata amara. << Dev'essere uno dei coltelli da cucina di Lucy che deve aver usato per provare a difendersi. Non si sono mai fatti sfuggire una singola prova che potesse incastrarli in qualcosa o farli riconoscere. In quella gang c'è sicuramente qualcuno molto bravo a far sparire il passaggio della sua squadra, e questo mi manda decisamente su tutte le furie >> strinse i denti e non si curò molto delle occhiate che le stavano lanciando. Girò sui tacchi e percorse i suoi stessi passi a ritroso, fino ad arrivare all'auto.

Non serviva a nulla restare lì, avevano fatto un lavoro pulito come sempre. Tirò un pugno contro il volante, incurante del leggero colpo di clacson che aveva emesso e ormai sull'orlo di una crisi di nervi e preoccupazione, decise di mettere in moto e tornare all'ufficio.

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