Epilogue.

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|8 mesi dopo|



Lucy sospirò, osservando con una certa tristezza le carte che teneva strette al petto, e poi il palazzo davanti a sé. Era strano come, qualche anno prima, il suo sogno fosse stato entrare in quella stazione. Ora il suo sogno più grande era andarsene e magari iniziare una nuova carriera, qualcosa di meno pericoloso. Durante il corso di quei mesi, aveva avuto modo di consultare una psicologa dipartimentale, e uno degli esercizi proposti era scrivere tutti i giorni i suoi stati d'animo, quello che provava, come si rivolgeva agli altri e a sua volta, come la facevano sentire.

Lucy aveva scoperto così la sua passione nel mettere su carta i propri pensieri ed emozioni, ed ora, nonostante la terapia fosse terminata da qualche settimana, aveva continuato quell'esercizio. Parlando con Natsu, aveva capito che quello poteva essere il suo nuovo sogno. Sorrise tra sé e sé, ripensando a come lui le aveva proposto di diventare una scrittrice. Era successo per caso, un giorno in cui lei era uscita con Levy, e lui, annoiato, aveva sbirciato su quella che era la prima bozza del manoscritto che Lucy stava scrivendo. Si era complimentato con lei nonostante avesse ammesso di non aver capito gran parte delle parole, considerate da lui "difficili". Lucy aveva ridacchiato, sfilandogli la bozza di mano e dicendogli che ci avrebbe pensato su.

E lei ci aveva realmente ragionato. Era esattamente quello il motivo per cui si trovava davanti la stazione di polizia, le braccia strette attorno dei documenti. Lucy fece un respiro profondo, e poi si incamminò, attraversando le grandi porte. Quegli uffici – sebbene non si fosse trovata a suo agio con i colleghi – erano stati la sua casa per un anno e più. Aveva ricevuto i primi incarichi, le prime emozioni come agente di polizia; e poi le promozioni che l'avevano portata ad essere l'hacker prediletto dell'intelligence, lavorando al fianco di Levy, la sua migliore amica. Ora tutta quella magia sembrava finita, ma Lucy non si pentiva di aver preso quella scelta anni prima. Era stato il suo sogno, e l'aveva portato a termine. Probabilmente, se la sua esperienza come agente sotto copertura non fosse stata così terribile, avrebbe continuato il percorso da poliziotta. Ma c'erano state delle attenuanti, come il fatto di essersi affezionata ai ragazzi di Fairy Tail, e aver trovato l'amore in Natsu.

Quando arrivò davanti l'ufficio di Makarov, Lucy si sentì invadere il petto dall'ansia. Era lì che era iniziato tutto, e lì sarebbe terminato anche il suo viaggio. Prese un respiro profondo e bussò, stringendosi le carte al petto con così tanta forza, che per un attimo temette di strapparle. << Avanti >> si udì parlare la voce camuffata da dietro la porta. Quando Lucy spinse indietro l'entrata, venne investita da un forte odore di caffè e colonia maschile. Makarov sedeva sulla sedia imbottita, dei fogli sparsi sulla scrivania e una penna in mano. Aveva l'aria seria e concentrata, quasi come se stesse firmando documenti importanti per il dipartimento, o privati.

Quando la vide ferma sull'uscio, le fece un sorriso e la invitò ad entrare. Attorno al capo del dipartimento, Lucy non si era mai sentita a disagio: era come se facesse parte di una famiglia in cui lei poteva assumere il ruolo della nipote. E ben consapevole che Makarov avrebbe voluto semplicemente la serenità di ogni suo agente, di ogni figlio che aveva visto crescere e maturare sotto gli occhi attraverso allenamenti e missioni, la presa sul petto iniziò a scemare.

Lucy si sedette comodamente di fronte l'anziano, e vide che lui stava mettendo gli occhi sulle carte che si stringeva contro, ormai dedicandole un sorriso tirato. Aveva capito, si disse lei, non c'erano dubbi. << Sono felice di rivederti, Lucy. Cos'hai portato? >> le chiese. E nonostante la domanda, Lucy era consapevole del fatto che glielo stesse chiedendo solo per conferma, o per cortesia. Un lampo passò nello sguardo dell'uomo, qualcosa di così veloce che fu quasi difficile afferrarlo: sensi di colpa, tristezza, nostalgia.

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