21.

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Te lo senti. Le cose le senti. In una zona non definita. Tra la prima e la seconda pelle. La senti che ti sussurra alle orecchie. Che ti tira per la giacca. Che ti consiglia sempre nel modo giusto. Fidati. Non esiste amica più sincera della sensazione. - (Paola Felice)

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"Bambina."

La voce della nonna arriva lontana, lieve. Fa eco nella mia testa, risvegliando lentamente i miei sensi.

"Bambina, svegliati..."

Apro gli occhi con fatica, trovandola seduta sul letto. La sua mano calda è posata sulla mia guancia e il suo sorriso dipinto sul viso. È uguale a quello di mia madre, piccolo e rosso, perfetto per i loro visi delicati.

"Che ore sono?"

Con difficoltà mi siedo sul letto. Ho sonno, tanto sonno, come se non avessi dormito abbastanza, ma il sole è ormai alto nel cielo e non dovrebbe essere così presto.

"Sono le dieci, ti avrei lasciata dormire, ma hai visite."

Mi sposto i capelli dal viso, cercando di fare mente locale. Ero alla festa, Harry mi ha portato a casa e oggi è giovedì. Un normale giovedì di dicembre in cui non mi ricordavo di aver preso impegni di alcun tipo. "Chi c'è?", domando.

"Cristian, e poco fa è passato Harry a riportare la macchina. Ho sempre pensato di doverti fare da porta borse un giorno, non da manager..."

Cristian, Harry. Ho troppo sonno per elaborare una frase di senso compiuto e loro due, nello stesso contesto, non sono logici, quindi poco utili a farmi svegliare davvero.
"Nonna cosa stai dicendo?"

Scuote la sua chioma di capelli bianchi che riescono ad essere in ordine anche a quest'ora del mattino, facendomi invidia.

"Non ti ricordi più? Dicevi che ti saresti trasferita a Londra, ma avresti lavorato a New York. Tua madre cercava di farti capire che non sarebbe stato possibile, per questioni logistiche, ma tu le hai sempre tenuto testa, sostenendo i tuoi sogni. Dicevi che avresti guadagnato abbastanza da poterti permettere un jet privato che, ogni mattina, ti avrebbe portato sul posto di lavoro. Eri talmente convinta che riuscivi a convincerci tutti. Io sarei stata la tua porta borse e in un futuro avresti costruito la casa dei sogni a Nadia."

Un fiume di ricordi corre nella mia mente. Quella bambina dagli occhi blu ero io, e se penso a quanto sono cambiata negli anni, non posso fare a meno che sorridere. "Sono cambiate tantissime cose..."

"Già. Tua cugina non vivrà mai sola in una casa piena di gatti come avrebbe voluto, mentre tu forse non andrai a vivere a New York, ma sarai sicuramente una donna di successo come hai sempre sognato."

La fiducia che mia nonna ripone in me, riesce sempre a darmi la forza necessaria per affrontare qualsiasi cosa. Non so se diventerò una donna di successo, ma è ancora l'unico sogno che sono determinata nel portare a termine. Se ne sono spezzati così tanti durante il cammino che ho percorso finora, che avrei avuto mille motivi per fermarmi e cambiare rotta, ma lo devo a me stessa. A quella bambina dagli occhi blu che non ha mai avuto paura di sognare in grande.

"Lo spero, mancano ancora tanti anni."

"Sei già a buon punto bambina. Ora cambiati e scendi, Cristian ti sta aspettando."

Ripercorro a ritroso la serata di ieri, cercando il motivo che l'abbia spinto a venire qui oggi, ma non lo trovo. Immagino che sforzare la mia testa a pochi minuti dalla sveglia sia troppo anche per me, quindi la soluzione migliore è verificare di persona i suoi intenti.

Nonna mi lascia sola nella mia stanza, con i ricordi del passato che ero finita per dimenticare. Ho dimenticato i miei, ma non quelli di Nadia. L'assurdità di questo fatto è clamorosa, e mentre mi guardo allo specchio ormai vestita e pronta per scendere, mi sembra di sentire il ticchettio delle lancette che scandiscono il tempo che passa, corre, mi supera e mi travolge. Manca poco più di una settimana a Natale e io non sono ancora pronta.

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