La tua semplice assenza si fa sentire molto più della presenza di chiunque altro. - (William Shakespeare)
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Odio le attese.
Sono sempre stata una persona puntuale, i miei genitori mi hanno insegnato ad esserlo come segno di correttezza e educazione nei confronti degli altri e non sono mai arrivata tardi. Non ad un appuntamento, non ad una visita, non ad una lezione. Ma mi è capitato di aspettare gli altri.
Ho sempre avuto una soglia di tolleranza di quindici minuti, Ginevra la conosce bene, da ritardataria cronaca qual è, ma oltre quella zona di tolleranza, non ho mai aspettato nessuno. Non perché mi sentissi in qualche tipo di posizione di superiorità, semplicemente odio dover stare ferma ad aspettare; è tutto tempo perso, è tempo prezioso che potrei utilizzare in altro modo.
Non faccio altro che ripetermelo, lo faccio in continuazione, da tre giorni a questa parte, ore nelle quali la mia soglia di tolleranza si è semplicemente inceppata. Con lei le mie aspettative, unite alla mia delusione, che non fa altro che aumentare. Insieme a loro c'è quella parte di me che odia emergere, che è rimasta chiusa in un piccolo cassetto per la maggior parte di questi anni, ma che non sono riuscita a contenere nel momento in cui, forse, ne avevo più bisogno.
Lo avevo messo in conto, era una statistica perfetta, anche mia nonna era arrivata a mettermi in guardia, ma io ho preferito sigillare tutte le mie certezze nel dimenticatoio, e dare spazio a qualcos'altro, quel qualcosa che mi ha fatto sentire bene, ma che mi ha resa una persona che, stupidamente, aspetta.
Il momento di aspettare però è finito circa mezz'ora fa. Ho chiuso il mio cellulare nel cassetto del comodino, ho aperto il mio armadio e ho deciso di ricominciare a riordinare le cose: in prima linea il mio futuro e dietro di lui tutte quelle cose che hanno meno priorità. Quelle la cui priorità non dipende da me? Beh, quelle non avranno più nessun tipo di impatto sulla mia vita, non più.
Scendo dalla 500 rossa della nonna, pronta a dirigermi al pub. Cristina e Niall mi aspettano, mi aspettavano anche ieri sera e la sera precedente, ma ero ancora troppo concentrata sulla ricerca delle ragioni per le quali ho improvvisamente smesso di correre verso il traguardo, per raggiungerli qui.
"Sei un miraggio?"
La voce di Cristian è la prima ad accogliermi. Ho appena oltrepassato la soglia e il suo sorriso grande è la prima cosa che vedo.
"È diventata la nuova frase di rito, per caso? Me lo domandi ogni volta che mi vedi."
"Permettimi di correggerti, Neva, te lo domando ogni volta che ti rivedo dopo x giorni di sparizioni. Hai la tendenza ad essere piuttosto sfuggevole da quando le dinamiche sono cambiate."
"Non è cambiato niente, Cris."
E invece è cambiato tutto. Lo so io e lo sa anche lui. Ma, se voglio ristabilire le priorità nella mia vita, portare i buoni propositi in primo piano è la cosa migliore da fare.
Cristian sembra capirlo, a dimostrazione del fatto che ci sono ragazzi che hanno imparato a gestire le situazioni, a capire quando è opportuno continuare e quando, invece, è consigliabile lasciar perdere.
"Posso offrirti una birra?" mi domanda, posandomi un braccio sulle spalle.
Annuisco, lasciandomi condurre all'interno del pub. Tutti i presenti mi salutano, chi con un cenno del capo e chi con un sorriso ricordandomi quante cose sono cambiate da quando ho messo piede qui dentro la prima volta. Cristina e Niall sono seduti al nostro solito tavolo, Helen e Sarah sono con loro e, per quanto mi sembri assurdo che quest'ultima e Cris stiano parlando come se non ci fosse una battaglia in atto fra di loro, tutto procede nella norma.

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Neve
Fanfiction"Due rette parallele non si incontrano mai." -Quinto postulato di Euclide-