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Ed erano lontani, lontanissimi, eppure non si sentivano soli perché si tenevano in mente e la mente non lascia mai la presa. - (Gio Evan)

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Il silenzio non è mai un buon segno.

Non lo è in questa casa, non quando mia madre è presente, e non dal momento che sono le undici del mattino e dovrebbero essere tutti svegli da un pezzo, io per prima. 

Invece mi sono appena svegliata, con un leggero mal di testa e la voglia di dormire per tutto il resto della giornata. Potrei farlo visto che sembro essere sola; non togliere mai il pigiama ed attendere il nuovo anno così.

Le mie amiche però me lo permetterebbero. Se solo dovessi accedere il cellulare, troverei senza dubbio mille chiamate o messaggi da parte loro che, più attive di me, saranno già alle prese con i preparativi per la serata. Io sono ancora in alto mare, e per prima cosa devo trovare i miei compagni di viaggio, all'apparenza scomparsi, ma probabilmente indaffarati da qualche parte.

Scendo le scale assonnata, alla ricerca di indizi che dimostrino la presenza di vita in questa casa, ma, controllate tutte le stanze, dei miei amici e dei miei genitori nessuna traccia. Basta questo a mettermi in allarme, a svegliare i miei sensi completamente, ed analizzare la situazione nel dettaglio: qualcosa non va.

Salgo velocemente le scale, per quanto possa fare una ragazza appena sveglia con i postumi di una serata impegnativa, non per l'alcool che non ero più abituata ad ingerire, ma per la presenza di un ragazzo scostante che, arrivato qui, sembra essere diventato più costante che mai.

È noto a tutti il fatto che se una costante nasce come tale, non può trasformarsi all'improvviso in qualcosa che non è, a meno di determinati agenti esterni. Da sola non lo può fare, quindi com'è possibile che a lui sia permessa questa cosa? Tutto ciò unito alla mia passione sfrenata per le costanti; se anche lui lo diventasse, io potrei tranquillamente firmare la mia condanna ad una vita complicata e fatta di colpi al cuore che, a lungo andare, mi porteranno alla pazzia.

Accendo il telefono, sdraiandomi sul letto. Mi era mancato così tanto il mio materasso comodo e grande, che potrei prendere in considerazione di farmelo spedire, così facendo però Harry non sarebbe più costretto ad avvicinarsi a me per stare comodo e io ne subirei le conseguenze.... Rettifico ogni singola parola pensata solo qualche secondo fa: sono già pazza, e lui è la causa di ogni singolo cambiamento folle avvenuto in me.

Il telefono, come dotato di vita propria, inizia a squillare come probabilmente non ha mai fatto. Scorro i messaggi ricevuti e, il riassunto che potrei fare, una volta letti i passaggi fondamentali è: Lavinia e Ginevra saranno qui appena dopo pranzo per i preparativi, e Harry e Niall stanno facendo un giro turistico della città, accompagnati dai miei genitori.

Non so cosa è peggio; se il fatto che i miei genitori si stiano dimostrando così disponibili nei confronti dei ragazzi che dormono nella stanza a fianco alla mia, oppure che le mie amiche abbiano intenzione di incastrarmi in preparativi inutili e lunghissimi che, una volta terminati, mi renderanno più nervosa e irascibile di quanto possa già essere in questo momento.

L'unica domanda che sorge spontanea, in situazioni critiche come questa, è solo una: perché sei tornata qui? Perché pensavo fosse una buona idea per me e per il ragazzo a cui ho fatto confessioni che potevo tranquillamente, e saggiamente, tenere per me.

Sarebbe stato davvero saggio evitare di fare certe considerazioni, soprattutto vista la reazione che ha avuto nell'attimo successivo: interrompere qualsiasi tipo di contatto con me, allontanarsi come se avessi una malattia rara e contagiosa, e proporre di tornare all'interno del locale.

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