Capitolo 3

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Quando riapro gli occhi mi ritrovo nella stessa posizione di quando mi sono addormentata: rannicchiata su questo scomodo e polveroso materasso con il libro al petto.

Mi bruciano gli occhi per il lungo pianto e li sento anche molto gonfi.

Per non parlare poi della schiena e delle gambe completamente indolenzite.

A fatica mi metto seduta stiracchiando le gambe e mi guardo intorno.

L'ambiente putrido mi fa venire la nausea.

Tiro un leggero sospiro e chiudo gli occhi.

Beh, se vogliono solamente il denaro da mio padre allora non dovrò restare qui ancora per molto. Basta che papà si sbrighi a trovare il denaro che gli hanno chiesto e mi lasceranno libera.

Spero solo che si sbrighi per davvero.

Non posso stare rinchiusa qui dentro ancora per molto. Quei tizi mi fanno paura. Hanno tutta l'aria di essere delle persone spregevoli. Ma il rumore del catenaccio all'esterno della porta mi fa sobbalzare.

Mi rannicchio nell'angolo del materasso stringendo le ginocchia al petto.

Un ragazzo con i capelli rasati entra nella stanza con un sacchetto nero della spazzatura in una mano e un secchio con dell'acqua nell'altra.

Li posiziona ai miei piedi e non vedo i tatuaggi sulle mani. Quindi non è lui J.

«Qui c'è l'acqua per lavarti, e qui ci sono alcune delle tue cose» dice serio e impassibile indicandomi i due oggetti, ed entra anche il suo collega.

Mi stringo ancora di più le gambe al petto.

Mi sento a disagio in presenza di questi due tizi alti e grossi. Incutono terrore.

Il secondo si avvicina e mi porge un piatto con una bottiglietta d'acqua.

Sono restia se afferrarlo o meno.

«Non hai fame?» dice lui piegando la testa un po' di lato.

Ha il collo completamente tatuato e nemmeno lui ha i tatuaggi sulle mani, ma riconosco i suoi occhi. È stato lui ad afferrarmi per primo durante il rapimento.

Riesco ancora a sentire la presa forte sulle mie braccia e istintivamente mi rannicchio ancora di più contro l'angolo.

Si guardano per un attimo e il tizio con la testa rasata gli fa un cenno con la testa, intendendo il fatto di mettere il piatto a terra.

Segue gli ordini e mette il piatto ai miei piedi che contiene una brioche e delle fette di toast. Dopodiché si voltano di spalle e si avviano verso la porta.

«Aspettate» mi ritrovo a richiamare la loro attenzione, ma non mi calcolano per niente. Mi alzo e continuo ad insistere.

«Aspettate un momento. Vi prego. Voglio solo sapere di mio padre, se ha almeno saputo di me e che sto bene...»

Quello dal collo tatuato si volta e fa qualche passo verso di me «Di questo se ne sta occupando J»

«E dov'è adesso?» me ne ritorno sul materasso, intimidita dalla sua vicinanza.

Non mi va che mi si avvicini troppo.

«Verrà a farti visita più tardi» mi informa con un sorriso che dovrebbe rassicurarmi, ma che invece mi incute solamente più terrore.

I tizi se ne vanno e richiudono la porta nuovamente con il catenaccio.

Sospiro non appena resto di nuovo da sola e guardo affamata il piatto della colazione.

Rapita - parte 1 [In Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora