Capitolo 11

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Quando apro gli occhi mi ritrovo distesa sul letto con addosso una coperta.

I ricordi della sera scorsa non ci mettono molto a ritornarmi in mente e la notizia che mi padre non ha pagato il riscatto mi fa venire un immediato mal di stomaco.

E ora cosa ne sarà di me?

Mi alzo lentamente, mettendomi seduta sul letto e mi guardo intorno, accorgendomi di essere ancora in camera di J, e lui è ancora qui.

«Mi hai fregato il letto, bella addormentata» si avvicina e rimane con le braccia conserte ai piedi del letto.

Indossa dei vestiti puliti e sembra fresco di doccia. Noto anche una medicazione intorno alle nocche della mano.

«C'era spazio abbastanza anche per te» gli faccio notare indicando la parte libera del letto.

«No, grazie. Russavi peggio di mio nonno... Mi hai fatto venire il mal di testa» si stringe le tempie con le dita e lo guardo perplessa.

A volte non riesco a capire quando scherza o quando fa sul serio.

«Io non russo, stronzo» sbotto facendogli una linguaccia e lanciandogli una brutta occhiata.

«Adesso sono anche stronzo?» alza un sopracciglio con aria divertita, ma io non riesco a capire dove voglia arrivare.

Si siede sul bordo del letto proprio accanto a me e si avvicina pericolosamente, senza darmi neanche il tempo di riprendere le facoltà mentali di primo mattino.

«Ti ho risparmiata...» la sua voce è roca «Ti ho lasciata dormire nel mio letto senza che tu mi chiedessi il permesso...»

Mi ritraggo con la testa senza staccare gli occhi dai suoi, ma lui continua ad avvicinarsi «E mentre eri beatamente appisolata, nel fantastico mondo dei sogni, hai detto perfino che ero un tipo così attraente da farti bagnare anche solo con uno sguardo»

Sgrano gli occhi mozzandomi il fiato.

Credo di diventare rossa come un pomodoro mentre la sua mano medicata si posa nei miei capelli.

Ma poi scoppia a ridere «Sto scherzando» e mi toglie un piccolo filo di cotone dai capelli per poi alzarsi lasciandomi completamente stordita dalle emozioni contrastanti che sto provando. Si alza dal letto e ride come un bambino nel vedere la mia faccia dapprima paonazza e poi arrabbiata.

Borbotto un «Coglione» e gli do le spalle.

Ma lui esce dalla stanza che ancora ride, dicendomi di raggiungerlo per fare colazione.

Mi stupisco nel sentire queste parole e che finalmente non devo guadagnarmi un tozzo di pane pulendo prima questo porcile. Quindi non voglio lasciarmi sfuggire l'occasione di trovare J nelle vesti di un ragazzo simpatico e accessibile, e mi conviene approfittarne dato che voglio riempire il mio povero stomaco vuoto e  martoriato dalle innumerevoli sensazione che ho provato ieri sera. 

Mi riprendo mentalmente, soprattutto dallo scherzo che mi ha rifilato, e mi alzo dal letto. Ma prima di raggiungerlo nell'altra stanza inizio a guardarmi un po' intorno e mi salta in mente la malsana idea di ficcanasare tra le sue cose.

Guardo la porta accertandomi che sia chiusa bene e con un leggero batticuore inizio ad aprire il comodino.

Vedo che la pistola non c'è più. È rimasta solamente una sigaretta e sbircio nel pacchetto dei preservativi vedendo che ci sono solamente due bustine.

Con chi avrà consumato tutti gli altri? Con Amy?

Richiudo il cassetto scuotendo la testa e apro l'armadio.

Rapita - parte 1 [In Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora