Mark
"Però! Ha un caratterino niente male la ragazza!" Ripensando a come insultava e cercava di picchiare il marito, credo che sarà meglio non farla incazzare.
"Sicuramente le è piaciuto quello che ha visto, guardandomi." Rido divertito e, mentre aspetto che si svegli, dopo essere svenuta a terra, osservo i suoi lineamenti.
"Ha un viso così... Dolce. Sembra così indifesa." D'istinto porto una mano sul mio petto, piegando di lato la testa. Continuo a pensare a quante ne avrà passate per trovarsi in questa situazione, quanta forza nasconde in sé che neanche sa di avere e apre lentamente gli occhi, stranamente sorrido sollevato.
«Stai bene bella addormentata?» Mi abbasso piegando le gambe e porto le mani sulle mie ginocchia, scatta come una molla, mettendosi seduta.
«Cos'è successo?» Sembra confusa, si guarda intorno spaventata, si strofina gli occhi muovendosi in modo buffo poi si volta verso di me e il suo sguardo scivola lentamente sui miei muscoli, deglutisce a fatica e le sorrido compiaciuto.
«Questo dovresti spiegarmelo tu.» Ammicco alzandomi, sorrido malizioso e la sua espressione cambia in infastidita.
«Non guardarmi così. Io non c'entro niente.» Pensando si sia offesa, le porgo una mano in segno di pace per aiutarla ad alzarsi.
«Faccio da sola, grazie.» La prima donna è adirata, faccio un passo indietro con le mani alzate e si rimette in piedi faticando un pò.
Abbandono all'istante quei pensieri smielati che di certo non sono da me, eppure è stato inevitabile averne per lei, scuoto la testa lentamente e rido continuando a guardarla divertito.
«Dov'è andato?» Si guarda di nuovo intorno, mentre si sistema il vestito.
"Secondo round?" Mi schiarisco la voce e la fisso per qualche secondo, beato chi capisce le donne.
«È nella tua stanza.» Divento serio mentre indico verso la camera con un dito, lei torna su tutte le furie ed entra nella stanza attraverso il muro, incurante di ciò che ha appena fatto e la seguo con calma, fermandomi a qualche passo dietro di lei.
Ricomincia ad insultare il marito e a sferrare colpi, senza riuscire a toccarlo.
«Sai, devo ricordarmi di non litigare mai con te.» Mi sfrego il mento, comunque non mi sono mai divertito tanto a prendere in giro qualcuno e rido di gusto.
«Ma guardati! Non riuscirai mai a toccarlo. Sei un fantasma, un'anima che cammina in attesa di giudizio o cose del genere. Se proprio vuoi toccare qualcosa... Prova con me.» La stuzzico ridacchiando e riesco ad attirare la sua attenzione, si avvicina velocemente e mi tira un bel pugno sul braccio facendomi spostare di poco e lasciandomi a bocca aperta, poi si guarda soddisfatta il pugno e ridacchia anche lei.
«Bene! Allora mi sfogherò con te, visto che riesco a toccare solo te.» Sogghigna con sguardo di sfida e il pugno a mezz'aria, niente male davvero il suo colpo.
«Ehi, calma dolcezza.» Le intimo fingendomi serio e mettendo le mani avanti.
«Potresti farti male, lo sai?» Sfoggio il migliore dei miei sorrisi ammalianti, poi mi mordo il labbro, sicuramente si scioglierà.
Invece, in risposta, lei ringhia nervosamente, stringendo entrambi i pugni lungo il busto e si volta di spalle, torna in fretta vicino al suo corpo disteso sul letto e incrocia le braccia al petto.
«Mi dispiace, Angie.» Ci giriamo nello stesso momento verso il marito, si avvicina anche lui al letto e d'un tratto mi passa la voglia di scherzare, lei sembra stupita quanto me.
«Mi dispiace davvero per tutto il male che ti ho fatto.» Continua la tiritera piagnucolando e scoppiando a piangere come una femminuccia, lei dapprima s'incupisce, ma poi si commuove come una ragazzina col suo gattino che le fa le fusa, non posso crederci.
"Ma dai! Non abboccherà di certo, dopo quello che le ho sentito dire su di lui." Incrocio le braccia al petto infastidito e attendo convinto che lei lo mandi al diavolo, ma purtroppo non accade.
"Forse è meglio sloggiare." Non so perché, ma non riesco a capire il suo comportamento e lascio la camera, alquanto irritato.
Cammino su e giù per il corridoio, sopraffatto da un milione di pensieri sul modo giusto di persuaderla a non farsi più abbindolare da quel 'maritucolo' insignificante.
Aspetto che esca anche lei dalla camera, vorrei dirgliene di tutti i colori, sta sbagliando tutto.
Ma all'improvviso la mia vocina interiore mi dice che non dovrei intromettermi così nel suo privato, non sono affari miei.
Mi piacerebbe andarmene e fregarmene di tutto questo, ma in fondo lei è l'unica con cui posso conversare o, in alternativa, farci altro.
Rido da solo come un idiota, potrei sembrare io il pazzo qui, in effetti non capisco neanche io cosa mi succede.
Mentre i miei pensieri si aggrovigliano, i miei sensi avvertono qualcosa, mi fermo, libero la mente e cerco di capire da quale direzione provengano le vibrazioni che sto captando.
Sono in allerta, pronto all'attacco, ma voltandomi, mi trovo davanti una bella donna anziana, che sorride e mi rilasso.
«Salve Mark.» Ha un tono pacato e gentile, ma non credo di aver mai avuto il piacere di conoscerla.
«Salve.» rispondo perplesso.
«Mi chiamo Marion e faccio parte della prima fazione bianca. Credo sappia cos'è, vero?» È diventa subito seria e annuisco accigliato.
«Certo. Signori in gonnella bianca che decidono le sorti delle anime perse e contorte, come me.» Ridacchio, anche se il mio tono strafottente non sembra scombussolarla più di tanto.
«L'insolenza non le darà nessuna possibilità di cambiare le cose, lo sa benissimo. Tuttavia è fortunato, signor Chesterfield.» Sorride sorniona e alza un sopracciglio.
«Sicuramente si starà chiedendo cosa voglio da lei e perché.» Non era poi così difficile arrivarci.
Sorride ancora, fissandomi più seria di prima, come se volesse entrarmi nella testa.
«Sono qui perchè le è stato affidato un compito. Un compito che lei dovrà portare a temine con successo, per il bene di tutti. E sì, anche il suo.» Alzo gli occhi al cielo e sbuffo, lei s'irrigidisce ma rimane a fissarmi, come se volesse darmi alle fiamme.
«È stato appena deciso dal consiglio supremo e non può rifiutare.» Afferma senza mezzi termini e la guardo di nuovo accigliato.
«Chissà perché, ma sento una certa puzza di guai.» Sbotto e scuoto la testa, devo aver commesso un qualche ennesimo errore senza rendermene conto e mi tocca pagare le conseguenze.
«Vede, io ormai non sono più in grado di proteggere da sola mia nipote Angel e il compito che le è stato affidato è proprio questo, proteggerla al posto mio.» Spiega seria, incrociando le mani davanti a se.
«Cosa? Dovrei fare da babysitter a sua nipote?» Non sono affatto d'accordo, nego con la testa, mentre lei annuisce lentamente con la sua.
«Se proprio vuole vederla in questo modo, allora sì, Mark. Questo è il suo compito.» Sono uno spirito libero, non mi va proprio di occuparmi di miss yogurt andato a male.
«Ma andiamo! Perché proprio io? Non può metterle alle calcagna qualcuno di quegli osservatori... » Protesto gesticolando, ma lei mi fulmina con lo sguardo e sospiro, scuotendo di nuovo la testa.
«No, Mark.» Dalla sua risposta immediata e secca, deduco che non mi conviene mettermi contro questa donna, sbuffo sonoramente e mi gratto la fronte rassegnato.
"mmm... Angel... Deve essere qualcuno di molto importante, tanto da smuovere i piani alti per la sua protezione. Ma chi è? O meglio... Cosa è?" Decido di stare al suo gioco, probabilmente potrei ricavarne dei vantaggi.
«Cosa avrò in cambio?» Sparo senza mezzi termini, la guardo intensamente e incrocio le braccia al petto.
«Sono certa che converrà ad entrambi se svolgerà bene il suo compito.» Guarda teneramente la nipote per qualche secondo, poi torna a fissarmi seria.
«Mia nipote andrà incontro al suo destino e lei...» Si schiarisce la voce, chiaramente non le vado troppo a genio.
«Diciamo che... Non vagherà più così tanto come fantasma.» Annuisco appena, sospettoso, sospira soddisfatta per il suo obiettivo raggiunto, ma ha sicuramente frainteso.
Mi fa l'occhiolino e sorride, mi spiazza, lasciandomi attonito senza possibilità di replica, colpito e affondato.
«E cosa dovrei fare di preciso?» Mi gira intorno, senza tenere conto che, nonostante sia una donna, mi sto stufando della sua compagnia.
«Lo capirà presto.» Torna davanti a me, sorride ancora e scompare in un attimo.
«Aspetti! Io... » Avrei dovuto chiederle più informazioni, visto che c'è di mezzo anche la mia sorte, impreco irritato fra me e me, non ho neanche avuto il tempo di riflettere.
«Come mai gridi?» Angel mi raggiunge e le regalo uno sguardo fulmineo.
«Lasciamo stare.» Si sposta una ciocca di capelli dal viso, la guardo dalla testa ai piedi riflettendo sul fatto che lei è appena diventata il mio passaporto per tornare ad essere quello di una volta e sorrido sotto i baffi.
«Tu piuttosto, sei riuscita a dargliene quattro?» Cambio umore in un lampo, rido e lei sorride.
«No, purtroppo. Sta andando via, ma prima o poi avrà quello che si merita. Tu, comunque, puoi sempre offrirti volontario per i miei sfoghi.» Fa la spiritosa e, sinceramente, non mi dispiace.
Ammetto che è davvero bella quando ride, potremmo divertirci sul serio a letto.
«Molto volentieri, soprattutto se ti dimeni così bene anche sotto le lenzuola.» Ammicco e lei mi sfida con lo sguardo.
«Bè sì... Me la cavo abbastanza bene. Ma questo non potrai mai scoprirlo di persona.» Sorride divertita e si sposta velocemente i capelli indietro con una mano, direi che m'intriga e non poco.
«Hai paura che potrebbe piacerti troppo?» Mi avvicino tendendo i muscoli, nessuna mi resiste.
«Non credo.» Porta le mani sui fianchi e mi guarda dalla testa ai piedi con aria di sufficienza, che colpo per il mio orgoglio di maschio.
«Sai, ti facevo più... Angelico, Mark.» Mi stupisce questa donna, come pochissime.
Sa tenermi testa ed è anche ironica, incrocia le braccia al petto e sorride alzando un sopracciglio.
«Sei tu quella che si chiama Angel, non io.» Credo che mi divertirò parecchio con lei, sono davvero fortunato, anche se devo ricordarmi di cambiare tattica.
«Posso farti una domanda?» Torna improvvisamente seria, mentre camminiamo vicini per il corridoio.
«Cosa sei tu? Sei morto oppure... » La curiosità non la porterà lontano, lei non può sapere delle ferite che mi porto dentro e, inevitabilmente, mi rabbuio.
«È una lunga storia.» Resto sul vago, non mi va di raccontarle del mio lungo passato, almeno non ora e lei annuisce comprensiva.
«Direi che ho molto tempo a disposizione, ma se non ti va di parlarne, non voglio forzarti.» Mi guarda, stavolta ha una strana luce negli occhi, qualcosa nel mio stomaco si attorciglia.
Mi blocco a fissare la sua figura, mentre lei fa qualche altro passo poi si ferma di spalle, poco distante da me.
«Ti sei offeso?» Si volta di scatto, inciampa sui miei piedi e finisce contro il mio petto.
La sua mano destra è proprio su quello che tutti chiamano 'cuore' e i suoi occhi sono inchiodati ai miei.
La strana sensazione di conoscerla da sempre, mi annebbia il cervello, eppure non so chi sia nè com'era la sua vita, prima dell'incidente.
Mi passano per la testa milioni di immagini, troppo velocemente per riuscire a focalizzarne almeno una, ma sono sicuro che riguardano lei... E me.
Qualcuno grida, mi riporta alla realtà, giro la testa di scatto, la confusione che si è creata nel corridoio non mi aiuta a riprendermi subito.
È un frenetico viavai di infermieri e dottori che corrono nella stanza di Angel, mi volto velocemente verso di lei, non sento più le sue mani sul mio petto, eppure è ancora nella stessa posizione, ma sta scomparendo.
«Mark... » La sua voce è solo un'eco.
Si guarda e si tocca spaventata mentre scompare, diventa una piccola luce che vola come impazzita a mezz'aria, poi si dirige verso la sua camera e non so proprio cosa fare.
«Ma che significa?» La seguo allarmato, la rincorro fin dentro la camera e quella luce, prima si avvicina al mio viso, poi entra nel corpo di Angel.
Mi avvicino stranito, mi rendo conto che la macchina bippa ancora impazzita e sono sempre più confuso.
D'un tratto il suono del battito del cuore si regolarizza, Angel muove una mano, sotto gli occhi attenti e stupiti di tutti, compresi i miei.
«Signora Green, mi sente?» Le chiede un medico, tenendole un polso e guardando l'orologio da quattro soldi che ha sul suo polso.
«Angel è con noi?» Le chiede ancora, mentre attendo, fissandole il viso e lentamente apre gli occhi.
«Guardi dottore, si è svegliata.» Un'infermiera si emoziona e si affretta a stringerle la mano, mentre lei cerca di capire dov'è, spostando lo sguardo ovunque.
«Angel, non si agiti. Sono George Martin e sono un medico. Ha avuto un incidente e si trova in ospedale. Se ha capito cosa le ho detto, batta due volte le palpebre.» Ha paura, la sento, ma chiude lentamente gli occhi come le aveva chiesto il medico e poi guarda l'infermiera che le sorride.
«Bene. Non faccia movimenti, le faremo dei controlli per assicurarci che va tutto bene. Ha capito?» Batte di nuovo le palpebre e il medico le sorride per tranquillizzarla, poi esce in fretta dalla camera.
«Hai dormito per un mese, bentornata cara.» Le parla dolcemente l'infermiera e, felice, le bacia la mano, poi esce anche lei dalla stanza.
La osservo attentamente, si guarda di nuovo intorno spaesata, ha ancora il respiratore in bocca e all'improvviso le lacrime le bagnano il viso, guarda verso di me e le sorrido quasi imbarazzato.
«Ciao, bella addormentata.» Sembra che mi veda e mi senta, mi avvicino e sorrido di più, vorrei parlarle, ma rientra l'infermiera che la distrae e mi faccio da parte.
«Ora ti farò un prelievo. Proveremo a muovere un pò le mani e poi proveremo anche a togliere questo fastidioso tubo, ok?» Le dice con calma mentre prepara l'occorrente, lei annuisce lentamente con la testa e rientra anche il dottore.
«Riesce a muovere la testa senza fastidio è un buon segno.» Il dottore sembra ottimista, rimango nella stanza con lei, le fanno tutti i controlli e si lamenta, infine le tolgono il respiratore, tossisce ripetutamente e prova a parlare.
«Mark... » Riesce a dire con un filo di voce e sospiro sollevato.
«Angel... » Provo a toccarle la mano, ma non ci riesco, le sorrido comunque, anche se quel contatto mancato, stranamente, mi pesa.
«Come, cara? Vuoi un sorso d'acqua?» L'infermiera le sorride mentre le accarezza la testa.
«Non sforzarti a parlare. Avrai un pò di fastidio ma passerà presto.» Versa un pò d'acqua in un bicchiere e le avvicina una cannuccia alle labbra.
«Fai un piccolo sorso e duglutisci piano.» Tossicchia e si lamenta, chiude per un attimo gli occhi, e ne approfitto per allontanarmi da lei. Qualcosa non va, voci strane e confuse in corridoio allertano la mia attenzione.
Controllo scrupolosamente il corridoio, stranamente è deserto, quando mi giro per tornare indietro, mi accorgo che Angel ha una bellissima farfalla luminosa poggiata sulla fronte e mi stupisco.
«Una farfalla... Come ha fatto ad entrare?» Pochi istanti di riflessione e la farfalla vola via, mentre mi avvicino lentamente, svanisce a mezz'aria e capisco tutto.
«No, cazzo! Le ali dell'oblio.» Mi agito per la strana sensazione che avverto e mi fiondo da lei.
«Angel, guardami! Mi senti?» Provo a dirle, ma lei guarda altrove.
«Angel!» Grido più forte, ma il suo ignorarmi è una risposta velata che non mi piace affatto.
«Mark.» Il tono aspro che proviene dalla porta non è di certo ciò che mi aspettavo di sentire, mi volto e si avvicina lentamente.
«Marion. Non ho potuto... » Lei mi guarda accigliata e mi toglie ogni possibilità di continuare a giustificarmi.
«L'hanno messa subito alla prova Mark ed ha già fallito. Ora, lei non ricorderà più chi è, non la vedrà più e non la sentirà più. Deve fare molti sforzi per proteggerla, Mark.» La delusione nei suoi occhi preannuncia una lunga e snervante battaglia, persa in partenza.
«Dovrà usare tutte le sue capacità per far sì che ricordi di lei e torni a vederla. Non sarà per niente facile e deve fare in fretta, s'impegni!» Mi ammonisce adirata per la convinzione che sicuramente ha sull'incompetenza del sottoscritto.
«Non mi tirerò indietro, può starne certa.» Sono sicuro di me e voglio raggiungere il mio obiettivo.
«Attento, Mark. Questo è solo il primo di molti ostacoli che ci saranno sul suo cammino. Spero per lei che sarà all'altezza del suo compito, anche se ho seri dubbi su questo.» Si guarda intorno agitata e sparisce velocemente.
"Non sanno con chi hanno a che fare." Ridacchio divertito.
«Angie!» Piagnucola quell'essere insignificante conosciuto come 'marito' che entra correndo nella camera, lei è spaventata e si agita.
«Amore, sei sveglia, finalmente!» Piange disperato e l'abbraccia, ma lei ha il volto sconvolto.
«No, no... » Sibila lei con le lacrime agli occhi, è ancora troppo debole e non riesce a muoversi.
«Lasciami, Ben.» Riesce a dire con poco fiato, lui si alza piangendo e la guarda.
«Perdonami! Perdonami, ti prego!» La implora, diamo inizio alla farsa.
«Vattene, Ben.» Gli ordina irritata, mentre assisto impotente ad una di quelle scene patetiche, che mi danno alquanto sui nervi.
«Ti prego, Angie. Io ti amo!» Piange ancora disperato e lei inizia a piangere con lui.
«Non credere alle sue parole, Angel. Ti farà di nuovo del male, te ne ha già fatto abbastanza. Non cambierà.» Rimangono sospese nell'aria le mie parole, non può sentirmi e mi maledico.
«Angie, perdonami.» Lui continua a piangerle addosso e rimango di nuovo deluso, quando la vedo cedere ancora alle sue suppliche e gli accarezza debolmente la testa.
Entra nella stanza un gruppo di medici e infermieri, forse le faranno ulteriori controlli e mi preoccupo per come trovare il modo di risolvere il nostro problema.
Cammino pensieroso per le strade vuote di questa frenetica città, il sole si è spento da un pezzo, il cielo scuro è ricoperto di stelle e la mezza luna fa capolino tra di esse.
Svanisco da qui, troppo assorto su un'unica persona che è solo un dovere forzato.
Da questo tetto guardo la città dall'alto, accovacciato a terra, non voglio pensare oltre a questo obbligo e la volontà prevale sulla mente, liberandomene in fretta.
Osservo soltanto le luci nel buio che scintillano insieme alle stelle e sospiro.
Lei ha un volto, un volto che mi sorride, al quale, per un secondo, ho voltato le spalle e sono svanito dai suoi occhi, non ho potuto farci niente.
La soluzione è lontana e mi rabbuio, vago di nuovo, per i tetti su questo fottuto mondo, per far tacere ogni cosa, non ho voglia di preoccuparmene ora, svanisco e mi rintano nell'oblio, dal quale sono venuto.Angie
Mi sono svegliata da poco e ripenso a ieri, a Ben che mi ha supplicata fino allo sfinimento, ha giurato di amarmi, di essere pentito per il male che mi ha fatto, mi ha promesso che non accadrà mai più.
Non l'ho perdonato, i sentimenti hanno avuto la meglio sulla ragione e, in qualche modo, mi hanno sconfitta. Vorrei dargli un'altra possibilità, è pur sempre mio marito, ha avuto dei brutti momenti e si è spaventato tantissimo all'idea della mia morte.
Forse sono stupida e vigliacca, ma lo amo da sempre, ha sbagliato e dovrà rimediare parecchio, prima di essere perdonato.
Mi giro lentamente e di poco, mi sposto nel letto di continuo, sento il corpo indolenzito e non trovo la posizione giusta.
I dottori e gli infermieri vanno e vengono dalla stanza, mi controllano i parametri, la febbre, la pressione, la testa mi fa male ed ho una strana sensazione, come se qualcuno mi osservasse per tutto il giorno.
Sono uscita dal coma da un giorno e già sono stufa di stare ferma in questo letto, sola e senza niente da fare, se non pensare.
Pensare al mio futuro, al mio lavoro, ai figli che forse non arriveranno mai, nonostante il forte desiderio che ho di diventare madre e proteggere le mie creature.
Mi manca qualcosa, mi manca Ben di qualche anno fa, quando era gentile e premuroso, quando la sua allegria contagiava anche me, mi mancano i miei genitori, morti in un incidente quando ero piccola e sono cresciuta con mia nonna, sempre così affettuosa, gentile e buona con me.
Mi sosteneva in tutto, erano poche le volte che mi sgridava e sapevo che era per il mio bene, restava ore a guardarmi ballare, m'incoraggiava, non si stancava mai di guardarmi e diceva che avevo le ali, come un angelo che vola libero tra le nuvole.
Amavo ballare, amo ballare, è una passione che ho da sempre.
Sono nata per ballare, ma quella brutta caduta, durante i provini per diventare qualcuno nel mondo della danza, ha pregiudicato il mio ginocchio e il mio sogno si è infranto, insieme alla voglia e la speranza di poter ricominciare.
Non so se la mia scelta di tornare con Ben sia sbagliata, ma sono sola e sono certa che l'uragano Dana non approvi.
Dana Peters, la mia migliore amica, colei che ha sopportato tutti i miei sbagli, i miei piagnistei, le mie gioie e i miei trionfi, colei che mi spinge sempre ad osare, ma che la mia mancanza di coraggio frena, avrei proprio bisogno di una forte dose di Dana in questo momento.
«Dove sei?» Guardo il cielo con tristezza, attraverso la finestra, chiudo gli occhi, ora voglio smettere di pensare, voglio soltanto stare tranquilla.

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Oltre la mente [In Revisione]
FantasyCos'è che spinge una persona ad amare? Ciò che vediamo, tocchiamo, la presenza tangibile di un corpo, il viso, le mani, la pelle... la reale esistenza di un'altra persona che ci sorride e ci sfiora, che ci guarda negli occhi e ci bacia? Non è una...