16.

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Corro come una pazza per strada, voglio assolutamente sapere da Mark tutto quello che sta succedendo.
Sono certa di non essermi inventata niente, la mia mente non è così contorta da farmi immaginare qualcuno che vuole uccidermi, non dopo essere tornata in vita, dopo un incidente mortale come quello che ho avuto.
In effetti sono morta e sono tornata indietro, senza una spiegazione plausibile che non sia di fantasia e non oso pensare a chissà quale miracolo divino o alla fortuna del caso.
Entro in casa come una furia, mi accerto che Ben non sia rincasato entrando velocemente in tutte le stanze dell'appartamento.
In ultimo mi dirigo in bagno, ho il fiatone, un pò per lo sforzo della corsa e un pò per l'agitazione che mi fa tremare anche l'anima.
Apro l'acqua della doccia e attendo impaziente, sembra un gesto stupido, ma è il solo modo che conosco e con il quale riesco a vedere e toccare Mark, spero appaia da un momento all'altro, per poterci parlare.
Nel frattempo prendo il telefonino per chiamare Ben, ho bisogno di avere la certezza che non rientri a breve, invio la chiamata ma il suo numero è irraggiungibile e lancio il telefonino sul ripiano del lavandino.
«Ok, sono sola!» Mi dico tentennando agitata sui piedi e sbuffo più volte.
«Mark, ma dove sei?» Grido esasperata, continuando a guardarmi allo specchio, non avendo un punto di riferimento esatto dove guardare.
Sono così agitata che il cuore sembra volermi uscire dal petto, sono trascorsi svariati minuti e di Mark nemmeno l'ombra.
Dovrei calmarmi, mi appoggio con le mani al lavandino, guardo in basso e faccio dei profondi respiri e sembra funzionare.
Alzo lo sguardo sullo specchio, vedo il viso di Kalun che sghignazza, urlo terrificata e mi giro di scatto per scappare, ma sbatto contro qualcuno che mi afferra e mi si mozza il fiato.
«Mark... Oddio, Mark!» Lo abbraccio piangendo, senza tenere conto che mi sto inzuppando i vestiti d'acqua e lui mi stringe a se.
«Ho visto di nuovo Kalun, ho paura! Aiutami!» Grido tra un singhiozzo e l'altro, lo sento sospirare.
«Calmati Angel. Ci sono io qui.» Mi stacco da lui per guardarlo e mi asciugo il viso.
«Che significa tutto questo?» Sono ancora scossa dal pianto, lui mi tiene le mani e mi guarda con tenerezza.
«Ti dirò ciò che vuoi sapere.» La sua voce è rassicurante, respiro a fondo e cerco di ritrovare la calma.
«Chi è Kalun e perchè quel mostro mi ha detto che vuole uccidermi?» Inizio con l'interrogatorio, ho bisogno di risposte.
«Kalun è il capo delle ombre oscure, viscide creature che s'insinuano nelle anime più deboli, le plagiano per fare le cose più squallide, controllano le loro menti e infine diventano come loro, ombre malvagie.» Spiega serio e deglutisco a fatica.
«E io cosa c'entro?» Chiedo ingenuamente e non capisco il nesso tra me e loro.
«Tu... » Mi scruta per un attimo, abbassa lo sguardo, mi lascia le mani e sfrega lentamente le sue, sembra imbarazzato.
«Tu sei un'anima pura Angel. Una di quelle che emanano una forte luce propria e loro non riescono a scalfirla. Possono controllare la tua mente per un pò, ma non riusciranno mai a farti diventare una di loro, anzi, tu hai il potere di distruggerli con la tua luce.» Continua a spiegare e non credo alle parole che sta dicendo, mi sembra tutto così surreale e lontano da me.
«Io cosa? Ma se ho paura di tutto!» Sbotto incredula e mi appoggio di schiena al lavandino.
«Tu sei una donna forte Angel, affronti tutto con ironia, sei buona, hai beffato perfino la morte, hai combattuto fino alla fine, hai tenuto stretta la tua anima, non l'hai lasciata andare e sei tornata indietro.» Si avvicina e mi stringe le braccia con le mani, guardandomi intensamente, mentre ho gli occhi lucidi per le parole che ha detto su di me.
«Oggi ti ho visto per come sei veramente... » Deglutisco a fatica, abbasso lo sguardo imbarazzata, lo sento sorridere, mentre mi torturo le dita.
«Com'è possibile?» Chiedo perplessa, guardandolo di nuovo.
«Kalun ha creato un'illusione per farsi vedere da te e in quel contesto hai potuto vedere anche me. Credo sia così.» Fa spallucce e una smorfia.
«Sono così orribile?» Ride divertito e fa ridere anche me.
«Sì, in effetti preferisco Kalun.» Il suo sorriso svanisce, mi fissa serio e schiude la bocca, mi rendo conto della cavolata che ho detto, mi accarezzo un braccio e guardo altrove, imbarazzata e mordendomi il labbro.
«Mark, Sono io che immagino queste cose?» Faccio un colpo di tosse e torno a guardarlo, da una parte spero che mi dica che sono reali, dall'altra ho il timore che mi dica di essere fuori di testa, verità comunque inquietanti.
«No, Angel. Queste creature esistono, come esistiamo io e te, solo che non tutti hanno la sensibilità per vedere oltre, come te.» Rivela calmo e sinceramente faccio fatica ad accettare queste affermazioni.
All'improvviso mi vengono in mente le parole che mi ripeteva spesso mia nonna e lo guardo stranita.
«Quando ero piccola mia nonna mi diceva che ero una bambina speciale, che avevo un dono particolare, ma ho sempre creduto che fossero parole che tutte le nonne dicono alle loro nipoti.» Lo guardo quasi scioccata.
«Un giorno lo capirai... Mi diceva di continuo.» Mi porto le mani davanti alla bocca e scuoto la testa, ripensando a tutti i suoi gesti e alle favole che mi raccontava, lui mi guarda in silenzio.
Ad un certo punto m'irrigidisco e mi tocco più volte il collo, mi manca qualcosa, qualcosa d'importante.
«Che ti prende, Angel? Ti senti male?» È preoccupato, ma non rispondo, sono troppo assorta nel cercare di ricordare dove l'ho messo.
«Angel!» Mi strattona e lo guardo seria.
«Che succede?» Si è innervosito, forse pensa che sono sotto shock.
«Il mio ciondolo.» Mi accarezzo lentamente il collo.
«Cosa?» Sembra stupito.
«Sì, il mio ciondolo a forma di segno dell'infinito, quello che mi aveva regalato mia nonna, non ce l'ho più!» Sbarra gli occhi e indietreggia di un passo.
«Ma come ho fatto a dimenticarlo?» Esco agitata dal bagno e mi dirigo velocemente in camera, frugo in modo frenetico nei cassetti, nel portagioie, ovunque, ma non lo trovo.
«Non posso averlo perso. Ce l'ho da sempre, non lo tolgo mai!» Continuo a frugare nervosamente, buttando all'aria qualsiasi cosa incontro.
«Lo ricordo. Lo avevi anche il giorno dell'incidente.» Afferma serio, mentre continuo nella mia impresa.
«E tu come lo sai?» Non mi fermo e metto sottosopra la camera.
«Io... Ero lì Angel. Ho visto tutto.» A queste parole mi blocco, d'un tratto vedo come un'immagine a rallentatore, prima di perdere il controllo dell'auto, riconosco lui in mezzo alla strada, sotto la pioggia, poi il buio e rimango sbalordita.
«Eri... Eri tu. Per evitare te... Io... Io ho avuto... L'incidente?» Mi manca il fiato, mi si annebbia la mente e istintivamente lo guardo infuriata e mi allontano da lui.
«È stata colpa tua?» Comincio ad urlare nervosa, aspettando una sua risposta.
«Non so quanto fosse importante la mia presenza lì, ma credo che doveva andare così.» Il suo tono è triste e abbassa la testa.
«Vuoi dire che dovevo avere quell'incidente e morire proprio in quel momento?» Sono di nuovo scioccata.
«Era destino, Angel.» Afferma e mi scappa una risata amara.
«Non ci posso credere! Perché?» Cammino avanti e indietro nervosamente.
«Angel, ci sono cose che non possiamo evitare. Anche se non ci fossi stato, avresti comunque avuto un incidente, forse peggiore di quello che hai avuto.» Mi fermo e incrocio le braccia, dandogli le spalle, non riesco a pensare nè a parlare.
«Ascoltami, Angel.» Mi afferra piano un braccio, mi giro verso di lui e sbuffo, è molto vicino, lo fisso negli occhi e qualcosa si scioglie dentro di me.
«Forse era destino che dovevamo incontrarci in quel preciso momento... Che dovevo conoscerti... » Deglutisce piano e mi fissa le labbra, mentre mi accarezza lentamente le braccia e schiudo leggermente la bocca, ripensando a quando l'ho visto nella sua vera forma, qualche sfarfallio solletica il mio stomaco.
«Non ricordi... Ancora niente di quando... Eri in coma?» È imbarazzato, mi si secca la bocca, mi attrae in una maniera disarmante, tanto da non capire più niente, non riesco a parlare e scuoto lentamente la testa, continuando a fissarlo.
«Angel... » Una sua mano è sulla mia guancia, l'accarezza lentamente col pollice e appoggia la fronte alla mia, adoro quando fa questo gesto, chiude gli occhi e sospira.
«Credo di amarti Mark.» Bisbiglio, d'un tratto, senza pensare, chiudo gli occhi, sospiro anch'io e sorrido contenta per averglielo detto, il cuore mi batte forte, mentre le mie mani sono sui suoi fianchi.
Si allontana velocemente da me, indietreggiando, è accigliato e lo guardo confusa, mi rendo conto perfettamente di cos'ho rivelato a cuore aperto e sorrido imbarazzata.
«No, Angel. Tu... Tu non puoi... Amarmi.» Serra la mascella innervosito e stringe i pugni lungo i fianchi.
«Tu cosa provi per me, Mark?» Trovo improvvisamente e finalmente il coraggio di chiederglielo, rimane in silenzio, sembra stia riflettendo per trovare le parole adatte.
«Non sono l'uomo giusto per te, Angel.» Risponde in modo rude e fa per andarsene, ma lo fermo scattando in avanti e poggiando le mani sul suo petto, deglutisce piano e mi fissa ancora accigliato.
«Perchè, Mark? Io... Io sto bene... Solo quando sono con te.» Rivelo senza freni, guardandolo dritto negli occhi, sono stupita di me stessa, ma vorrei chiarire una volta per tutte la nostra situazione.
«Tu non puoi... » Scuote la testa e distoglie lo sguardo, sembra combattuto.
«Io non posso.» Torna a guardarmi e serra forte la mascella.
«Perchè?» Mi avvicino di più al suo viso, guardando le sue labbra, deglutisce faticosamente, mi prende i polsi e toglie lentamente le mie mani dal suo petto, indietreggiando di nuovo.
«Perchè, Mark?» Grido con presunzione e mi acciglio anch'io.
«Io non ho più un cuore! Non posso amare nessuno e tanto meno te!» Sbotta infuriato avvicinandosi velocemente al mio viso e fissandomi negli occhi spazientito, continuando a stringere i pugni lungo i fianchi.
Trattengo il respiro, il mio cervello si spegne, la vista mi si annebbia e lacrime calde scivolano sulle mie guance, tremo a bocca aperta e non riesco a dire nulla, sento soltanto un dolore lancinante che si propaga dal centro del mio petto per tutto il corpo.
Mark respira con affanno, ha la bocca socchiusa e il suo sguardo cambia d'un tratto, è dispiaciuto, trema anche lui e continua a guardare attonito il mio viso e le lacrime che scivolano incessanti, fa una smorfia adirata poi scompare.
Rilascio il respiro, scoppio a piangere disperata, voglio strappare questo dolore dal petto e mi accascio seduta a terra, senza forze, non è vero, non credo alle sue parole dure, non voglio credere che non prova nulla per me, lo sento e gliel'ho letto negli occhi.

Mark
Non capisco cosa mi stia succedendo e non voglio scoprirlo, continuo a pensare all'espressione addolorata del viso di Angel dopo averla ferita crudelmente, non se le meritava di certo quelle parole dure, ma non posso e non voglio illuderla, non merita neanche questo.
Sono incazzato con me stesso, cammino per la strada deserta, ormai è notte, ma non trovo pace ai tormenti che mi martellano la testa.
Lascio la strada e riappaio sul tetto di un edificio, la vista sulla città è meravigliosa, ma neanche questa riesce a distrarmi.
Corro veloce, salto da un tetto all'altro senza guardarmi indietro e incurante del pericolo, ho bisogno di sfogarmi, di sfinirmi fisicamente, ma i pensieri corrono più di me e non basta lo sforzo per annebbiare i pensieri.
Mi ritrovo sulla spiaggia, stringo i pugni e riprendo a correre, è più difficile correre sulla sabbia asciutta e soprattutto con gli anfibi, ma è ciò che voglio, devo liberare la mente.
Rallento, sono stufo e mi fermo sorridendo, guardo la luna che si rispecchia sul mare, chino indietro la testa per guardare meglio le stelle che ricoprono il cielo e sospiro.

«Direi che lì è perfettoMi volto per guardare Julie, sorride e cammina lentamente a piedi nudi sulla sabbia fredda per raggiungermi, vicino alla riva.
Si accarezza delicatamente il collo nudo, ha raccolto i capelli in una coda morbida e alcune ciocche le contornano il viso, è bellissima con quel vestito che le scende morbido fino ai piedi e mi appoggio al grande tronco secco dietro di me per osservarla meglio.
«Guarda che meraviglia la luna stasera. Sembra che qualcuno lassù voglia farci un regaloSorride e il suo braccio mi cinge la vita da dietro, mentre ammiriamo il cielo coperto di stelle e i riflessi della luna sull'acqua, ma la stella più luminosa del firmamento è al mio fianco e le sorrido ammaliato.
Stappo la bottiglia di champagne che ho portato per festeggiare, il tappo parte con un botto che ci fa ridere divertiti, mentre il liquido dorato trabocca e mi bagna le mani.
«Oh, attentaNon voglio rovinarle il vestito, ma lei non ci fa caso e continua a ridere.
Riempio a metà i calici, brindiamo a noi e al nostro amore, guardandoci estasiati, beviamo un sorso di champagne, lei si avvicina e mi bacia dolcemente.
«Buon anniversario, amore.» Le dico sorridendo e mi bacia ancora.
«Buon anniversario, amoreRipete dolcemente, accarezzandomi il viso.

Chiudo gli occhi, ora è un dolore opprimente quello che sento nel petto, apro gli occhi e mi lascio cadere seduto a peso morto sulla sabbia, fisso quei riflessi sull'acqua, piangendo silenziosamente per la mia Julie.

Oltre la mente [In Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora