<<Vedrai che sarà tutto meraviglioso! Farai amicizia e ti ambienterai in un lampo!!!>> afferma mia madre con un tono allegro, trascinando la valigia per il corridoio. Vuole convincersi che sarà così, ma sappiamo entrambe che è una bugia. Una grossa bugia.
Faccio una smorfia e apro la porta della camera che mi ospiterà per tutto l'anno. Resto a bocca aperta.
È minuscola!
Entro e tutto quello che vedo è un letto singolo, un armadio in legno più vecchio di Tutankhamon, una scrivania, una sedia malconcia e due piccoli mobiletti.
Delle spesse tende verde acceso lasciano filtrare un po' di luce, quel tanto che basta per ammirare le bellissime pareti giallo vomito.<<Carina no?>> dice mamma con un tono squillante. Scoppia a ridere e io la seguo, che inizio favoloso!
<<Dai, poteva andarmi molto peggio!>> sorrido mentre apro una piccola porta che porta al bagno: un lavandino, un water e una doccia, senza finestre. A dir poco claustrofobico...
<<Sei sicura di voler restare qui? Puoi sempre tornare a casa con me.>>
Mamma è seduta sulla sedia e mi guarda seria, sarei potuta tornare indietro, a casa, prendere un anno sabbatico... nessuno avrebbe avuto da ridire. Peccato che non volessi più mettere piede in quella città.
Per svariati motivi.<<Non sono una che si arrende facilmente, rimango.>>
Mamma sospira e inizia a sistemare il letto, si arma di coperte e si mette all'opera. La osservo e sento un peso schiacciarmi il cuore, mi mancherà tantissimo. Non siamo mai state lontane per tanto tempo, questa è una novità per entrambe e devo ammetterlo... Ho paura.
Una fottuta paura.<<Va bene tesoro, allora io andrei...>>
Guardo il letto con la trapunta verde e mia madre che armeggia con la borsa.
La abbraccio di slancio, la stringo forte."Sei una povera sfigata, non durerai ventiquattrore lì da sola!"
Risento nelle orecchie l'eco delle risate e tremo.
Ho bisogno che qualcuno creda in me.
Ho bisogno che lei creda in me.Rimaniamo così, una tra le braccia dell'altra per non so quanto tempo.
Lasciar andare un figlio non è mai facile, distaccarsi da una madre come lei nemmeno.<<Sei forte tesoro, lo sei sempre stata. So che darai il meglio, sono orgogliosa di te.>>
Erano le parole che mi aspettavo di sentire e quasi scoppio a piangere. Mi mordo il labbro così forte da cancellare le lacrime che tentano di uscire. Devo trattenermi, per il bene di entrambe. Prendo la chiave della stanza e insieme scendiamo le quattro rampe di scale fino al piano terra.
Mamma mi abbraccia di nuovo e mi passa una mano tra i capelli.<<Buona fortuna tesoro.>>
<<Buon viaggio mamma.>>
Dopo aver guardato la macchina azzurra di mamma lasciare il piazzale ho deciso di fare un giro della struttura, per distrarmi. La casa dello studente ha cinque piani compreso uno sotterraneo. Scendo le scale e mi trovo davanti due stanze enormi: una cucina e l'altra vuota fatta eccezione per quattro lavatrici.
Risalgo di corsa due rampe di scale, al primo piano c'è la stanza "svago". Mi affaccio e noto un biliardino mezzo rotto, una tv a terra e un tavolo da ping pong che ha visto giorni decisamente migliori. In fondo alla stanza ci sono due persone, che si stanno baciando.
Santo cielo.Lentamente torno indietro e mi fiondo in camera mia. Spalanco le tende e apro la finestra al massimo, ho bisogno di aria. È in quell'istante che realizzo di essere sola in una città che non conosco. Sento di poter essere chiunque voglio. Chiunque.
Dopo aver disfatto metà valigia scendo al piano terra per prendere un caffè alle macchinette. Con il bicchiere in mano decido di sedermi su una poltroncina blu accanto all'ingresso.
Due ragazze entrano, ridendo.
Parlano con la signora seduta dietro il bancone, oltre il vetro. Sembrano conoscersi bene.<<Ciao, sei nuova?>> la ragazza riccia si avvicina, con un sorriso enorme sulle labbra.
<<Già.>> rispondo, mentre l'amica continua a parlare con la signora, come se non esistessi.
<<Piacere, Gioia.>> la riccia mi porge una mano fresca di estetista e la stringo.
<<Aurora.>>
<<Bel nome! Che corso frequenterai?>> chiede sedendosi sul divanetto di fronte.
<<Enologia, primo anno.>>
<<Ah, quindi agraria! Io sono al secondo anno, sai già come arrivare all'università?>> domanda, curiosa.
Dio mio, sembra quasi un interrogatorio...<<Veramente no.>> rispondo con un po' di stizza.
<<Lo immaginavo, se vuoi posso farti vedere la strada più veloce e farti fare un tour dell'università. Che ne dici?>> chiede con un sorriso.
<<Gioia! Andiamo o faremo tardi!>> urla la sua amica, ha dei capelli così fini e dritti che sembrano spaghetti. Eppure ha un aria famigliare...
<<Fammi sapere se ti va, ok? Chiama la stanza 309 e ci mettiamo d'accordo. Ciao!>> detto ciò prende e se ne va, seguendo la sua amica come un cagnolino. Che tipa strana.
Ma in fondo sono contenta, forse potremmo addirittura diventare amiche con il tempo...
Con un alzata di spalle, butto il caffè ormai freddo e torno in camera.
Finisco di sistemare la valigia, appendo i giubbotti e piego la biancheria nel cassetto. Senza accorgemene si è fatta ora di cena e caccio i panini dallo zaino. Mangio in silenzio, affacciata alla finestra.Alla fine decido di accettare l'invito di Gioia, e la chiamo dal telefono fisso che c'è in camera.
<<Chi è?>>
<<Sono Aurora, domani mattina a che ora ci vediamo?>>
<<Ho lezione alle 10:30 quindi che ne dici di vederci giù almeno un ora prima?>>
<<Va bene, a domani allora.>>
<<Buonanotte Aurora.>>
Riattacco. Metto il pigiama rosa e mi infilo a letto, sotto le coperte.
Serro gli occhi. Potrebbe essere l'inizio di un' amicizia... o forse no.
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Il solito casino.
RomanceTrasferirsi in una nuova città non è mai facile, lo sa bene la diciannovenne Aurora. L'università può essere dura, soprattutto se non si conosce assolutamente nessuno. Aurora è sola, può contare solo su se stessa. Trasferirsi lontano per dimentica...