Capitolo 26

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Fisso le parti disarticolate del gigante Zeus, nel nuovo parco verde di Viterbo. La statua divisa in tanti pezzi è inquietante, sopratutto la testa del gigante, ma le stradine bianche e il prato verdissimo con fiori di tutti i tipi lo rende bellissimo.

Scivolo giù dalla moto, avvertendo la mano calda di Max sul mio fianco, forse ha paura che possa collassare da un momento all'altro. Sono solo un po' confusa, stanca e spossata, ma non credo di svenire in un immediato futuro, almeno non di nuovo.

<<Perché siamo qui? Questa non mi pare la casa dello studente.>> borbotto, allontanandomi un po' da lui.

Non voglio che mi tocchi, che mi guardi con quei suoi occhi magnetici e affascinanti e...
Mio Dio! Se continui così sbaverai, contegno donna!
Solo tu mi ci mancavi ora, che palle.

<<Prendere aria fresca fa bene, vieni?>> dice, con un sorrisetto furbo. Infila le chiavi in tasca, posa i caschi nel bauletto e si incammina verso una panchina libera.

<<Ho altra scelta?>> grido, senza ricevere risposta.

Lo seguo stizzita, ma anche incuriosita. Questo ragazzo mi manderà al manicomio.
A perché ne siamo uscite? A me non risulta.
Ignoro il mio stupido cervello, e guardo Max lasciarsi cadere sulla panchina di legno lucido. Gli occhiali da sole ne celano lo sguardo, il viso è inespressivo e il piercing al sopracciglio luccica sotto la luce del sole. Con un sospiro mi siedo accanto a lui, a distanza di sicurezza.

<<Si sta proprio bene, non trovi?>> dice, tranquillo. Evito di fulminarlo o di tirargli qualcosa addosso, e guardo i cani a passeggio con i padroni per distrarmi.

<<Stai mettendo il muso, molto maturo Au davvero...Sai, ho scoperto che di te so molto poco, quasi nulla in realtà. Ti andrebbe di raccontarmi qualcosa?>> esclama, alzando il bel viso verso il sole. Sembra una lucertola. Una bella lucertola.

<<Hai fatto la scoperta dell'America Max.>> borbotto sarcastica, facendolo ridacchiare. Musica per le mie orecchie.

<<Acidella eh...>> ridacchia, facendomi il solletico su un fianco. Mi scappa un sorriso, e un po' mi sciolgo.

<<Smettila stupido, altrimenti non riuscirò più a respirare per le risate!>> dico, soffocando un risolino. Tutto ma non il solletico! Vado tipo in apnea, e grugnisco come un piccolo animaletto. Non un bello spettacolo insomma.

<<Allora parla dolcezza, sono tutto orecchie.>> insiste, scivolando un po' di più verso di me. Le nostre gambe si sfiorano, e il mio respiro si fa irregolare. È troppo vicino per i miei gusti. Non per i miei però, avvicinati di più bel manzone!

<<C'è poco da dire su di me, amo leggere, ascoltare la musica, guardare serie tv. Tutto qui.>> ammetto, imbarazzata. Non voglio parlare di me, non voglio che scavi più del dovuto.

<<Interessante, ma nulla che non sapessi già. Basta vedere la montagna di libri e cd che hai sulla scrivania, per le serie tv le tue magliette parlano da sole. Perché hai scelto Viterbo per l'università?>> domanda, curioso. Non mi guarda ma non è necessario, ha gli occhi chiusi sotto le lenti scure.
Pessima domanda. Pessima.

<<È più il contrario, è Viterbo che ha scelto me. Abbastanza lontana da casa ma abbastanza vicina in caso di emergenza. Perfetta insomma.>> mi sbottono un po', contro la mia volontà. Forse perché sento che lui chissà come può capirmi.

<<Una fuggiasca, stregata dal fascino della città antica. Chissà perché non mi stupisce.>> dice, sorridendo sul serio. La dentatura bianca quasi mi abbaglia e il cuore perde un battito.
Siamo messe maluccio tesoro, molto molto male.

Il solito casino. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora