Chapter 24

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Michael Pov's






"Siamo arrivati"

Commento spegnendo il motore dell'auto dopo averla parcheggiata nel viale di casa mia, fortunatamente il più delle volte deserta.

Mio padre è sempre fuori città per questioni lavorative che spesso lo portano addirittura al di fuori del continente, mia madre dal canto suo si è rassegnata alla piuttosto insoddisfacente vita matrimoniale a cui è sottoposta e cerca attenzioni altrove.

Alla fine entrambi si sono scordati di avere un figlio, trovando più facile passarmi sostanziose quote di denaro piuttosto che trascorrere un pomeriggio a guardare un film sul nostro costosissimo divano.

Mi sono rassegnato a non avere una famiglia alla giovanissima età di soli 12 anni, quando mi sono reso conto che mentre i miei compagni di classe si lamentavano delle attenzioni asfissianti da parte dei genitori, io li ascoltavo sognante e rabbioso allo stesso tempo, invidiando ciò che loro detestavano e al contempo ferito dalle mancanze da parte dei miei genitori.

Sono cresciuto da solo, e sono fiero di me stesso per avercela fatta, in qualche modo.

Sposto lo sguardo al sedile posteriore servendomi dello specchietto retrovisore, sospirando leggermente vedendo il ragazzino dormire sfinito.

Scendo dalla vettura ed apro la portiera dal lato di Luke, slacciandogli la cintura di sicurezza prima di sollevarlo a mo' di sposa senza troppa fatica dato il suo corpo così esile e leggero.

Così fragile.

Un debole sospiro lascia le sue labbra rosee leggermente dischiuse,attirando la mia attenzione che per diversi secondi si perde ad analizzare i dettagli di quel viso angelico e dai tratti ormai famigliari.

Un brivido ad una gelida soffiata di vento mi ricorda che dovrei rientrare, pertanto mi affretto a cercare faticosamente le chiavi di casa nella tasca anteriore e a raggiungere la porta d'ingresso, sorreggendo come meglio riesco il ragazzo dai capelli biondo cenere.

Inserisco la chiave nella serratura e finalmente varco la soglia, richiudendomi la porta alle spalle con un colpo del piede e assicurandola con due giri di chiavi.

Salgo la rampa di scale tenendo fra le braccia il sedicenne, devastato dall'alcool e dalla cocaina assunta da sole poche ore e ancora in pieno circolo nel suo corpo.

"Mhh"

Emette un mugolio facendo abbassare il mio sguardo verso di lui, incrociando i suoi occhi stanchi e assonnati.

"Torna a dormire Luke, siamo a casa"

Il mio tono particolarmente dolce lo convince a seguire le mie indicazioni, obbedendo senza ribattere.

Una volta raggiunta la mia cupa camera da letto lo adagio sul materasso, premurandomi di sfilargli le scarpe e riporle vicine al letto, così che possa ritrovarle facilmente il giorno seguente.

Dark Hurricane || Muke   Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora