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Guardai attentamente Cameron mentre gesticolava animatamente provando a farmi capire qualcosa... Solo che non capivo cosa, i suoi gesti sembravano essere piuttosto bizzarri e goffi, tanto che corrugai le sopracciglia per fargli capire che non si capiva niente.

Sbuffò sonorosamente e urlò. «Vai sotto! Arriva in fondo e io ti passo la palla!» annuii decisa e non ci pensai due volte a immergermi sott'acqua, nuotai facendo attenzione a non andare addosso agli avversari, il tessuto del mio costume sfiorava leggermente il fondo della piscina, ma non me ne preoccupai.

Trattenni ancora il fiato andando più avanti per poi riemergere proprio davanti alla porta nemica. Fu lì che Cameron passò la palla a Nash che poi la passò a me, e non ci vuole un genio per capire che la buttai dritta in rete.
Quello era l'ultimo punto che ci serviva per vincere.

Esultammo come pazzi uscendo dalla piscina e saltando insieme unendoci in un coro di «La vittoria è nostra» che avrebbe potuto rendere sordo persino una persona già sorda di suo.

«Evvai Darcy! Arriviamo primi quest'anno!» esultò Mona battendomi il cinque e ridendo a crepapelle.

«Però la prossima volta usiamo le mie strategie» intervenne Cameron con fare leggermente offeso.

«Solo quando i tuoi gesti diventeranno comprensibili» lo sfotté Nash scompigliandosi i capelli dopo aver tolto la cuffietta e gli occhialini.

«Ma chissene frega!» urlai io. «Abbiamo vinto!» e tutti scoppiammo di nuovo in urla di festa, che vennero però placate dalla squadra avversaria.

«Era solo una prova! Il torneo vero si terrà tra tre settimane!»

«Ragazzi, si festeggia a casa mia!» urlai ancora cercando di farmi ben sentire dalla squadra perdente.

Il fatto era questo: io e i miei amici eravamo gli unici pazzi da formare una squadra di pallanuoto che rappresentasse la nostra città nei tornei regionali. Che si sarebbero tenuti durante l'estate. L'anno scorso arivammo terzi per un pelo così facemmo una promessa, e cioè: se non vinciamo quest'anno proviamo con la pallavolo.
A non interessava veramente vincere, più che altro divertirci come normali teenagers.

Avevo tutto. Una madre dolce e affettuosa, degli amici pazzi e scatenati, dei voti che non scendevano sotto il 6 massimo e avevo addirittura un cane che avevo chiamato Mrs. Cap. (Il nome del cane derivava dalla sua costante voglia di rompere i miei cappelli, solo che alcuni giorni dopo scoprii essere maschio, ma essendo pigra gli lasciai il nome)

Io ero semplice come ragazza, bassina, magra, occhi verdi e capelli castano chiaro e lisci. Ero ancora in fase di crescita, avevo compiuto da poco 15 anni, mi piaceva quello che piaceva in generale a tutte le ragazzine: amiche, musica, VIP, spettegolare, trucco e parrucco e libri.

L'unica cosa anormale di me era il non accettare nessun fidanzato da parte di mia madre.
Mamma rimase incinta di me per puro caso, lei e quello che doveva essere mio padre stavano insieme da appena un mese e quando quell'uomo scoprì della gravidanza di mia madre, non ci pensò due volte a lasciarla in tronco. Nacqui così senza una figura maschile e ogni qual volta che mamma prova ad avvicinarsi ad un uomo, io sono contraria. Non so neanche io perché, forse perché ho paura che la feriscano di nuovo, forse perché ho sempre pensato che non avessimo bisogno di nessun altro in famiglia.

Quel giorno finita la "partita" allenatoria decidemmo di andare a casa mia per festeggiare e mangiare una fetta di torta che solo mia madre sapeva cucinare, in quanto lei lavorava in una pasticceria.

«Sapete cosa stavo pensando?» chiese Nash portando tutta la nostra attenzione verso di lui. «Mi manca il tic nervoso della nostra cara Darcy» mi prese in giro scompigliandomi i capelli.

Father || Harry StylesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora