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Martedì, 1 Marzo
Ventotto settimane e un giorno

Quando mi svegliai quel primo marzo alle sette e mezza, la prima cosa di cui mi resi conto fu che il bambino calciava. Ancora. Sembrava che il fatto che non avesse dato un singolo calcio per più di una settimana gli avesse dato un'enorme energia, perché praticamente stava calciando senza sosta dal venerdì prima. Non che mi importasse; dopo aver passato giorni pensando fosse morto, ero felice ogni volta che mi dava qualche indicazione che fosse vivo.

"Si, si, ti sento," mormorai stanco e mi sedetti strofinandomi gli occhi.

Continuò a calciare anche quando mi alzai dal letto per andare verso il mio armadio per trovare qualcosa da indossare e continuò anche quando uscii dalla stanza, entrai in bagno e aprii l'acqua della doccia.

"Me la pagherai per tutti questi calci un giorno," dissi mentre mi tolsi la maglietta enorme che avevo usato come pigiama in quelle ultime settimane. "Potrei decidere di non mandarti alle feste quando sarai adolescente o rifiutare di farti chiudere la porta quando porterai una ragazza nella tua stanza. Mi odieresti per quello, ne sono certo."

Ma realizzai che probabilmente non gli sarei stato intorno quando sarebbe stato adolescente e scossi un po' la testa per mandare via la malinconia prima di entrare in doccia e chiudere la porta a vetri.

"Sai, mi piacerebbe se tu potessi parlare con me," dissi mentre l'acqua calda scorreva sul mio corpo. "Tuo padre vorrebbe tenerti, ma... non lo so. Sarebbe più facile decidere se tu potessi aiutarmi un po'." Un calcio fu tutto ciò che ottenni in risposta. "Si, lo so, sto solo dicendo un sacco di sciocchezze. Ma... beh, lui è un bravo ragazzo, tuo padre dico. Un ragazzo fantastico che ha una non-così-fantastica-fidanzata. Lui è bello, divertente, intelligente... okay, beh, non sempre così intelligente, ma è dolce e divertente e bello. Davvero bello."

Rimasi lì in quel modo per quasi mezz'ora, parlando con la mia pancia della mia non corrisposta cotta per Harry, prima di capire che dovessi muovermi se non volevo arrivare tardi all'appuntamento del medico. Dopo aver indossato un paio di pantaloni - 'quanto sarei dovuto ingrassare ancora prima di esplodere?' - e la felpa più grande che trovai - 'la gente penserà che voglia essere un rapper' - misi un paio di converse, avvolsi una sciarpa al mio collo e uscii dalla porta. Il tempo era completamente cambiato negli ultimi giorni e al momento il sole stava brillando, e una brezza leggera soffiò e mi scompigliò i capelli mentre camminavo. Il mio stato d'animo era, per una volta, abbastanza felice e un sorriso increspò le mie labbra per tutto il tragitto.

Harry era già lì quando entrai nella sala d'attesa, seduto su una sedia con il mento appoggiato alla mano e gli occhi chiusi. Non si raddrizzò né sollevò una palpebra quando arrivai fin dove era seduto e sorrisi un po' quando capii che era addormentato. Non volendo svegliarlo, mi sedetti sulla sedia accanto alla sua e passarono cinque minuti prima che l'orologio segnasse le nove. Gettai uno sguardo rapido sul volto dormiente di Harry e dovetti sorridere ancora una volta. Era sempre bellissimo, ma ora, con la bocca aperta e le sopracciglia corrucciate, era adorabile. Non riuscii a godermi la vista per lungo tempo, perché la porta dell'ufficio della Dott.ssa Hayes si aprì e lei mise fuori la testa.

"Non proprio un mattiniero, vedo," disse con un sorriso, e fece un cenno verso Harry.

Ricambiai il sorriso prima di alzarmi e picchiettare leggermente la spalla di Harry. Non reagì subito, quindi lo rifeci, un po' più forte quella volta.

It Beats For Two - [Larry Stylinson - Italian Translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora