Cap 4. Come suo padre!

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 Jensen aveva pensato a quel ragazzo per tutta la notte e ci stava pensando anche adesso, sdraiato sull'erba, alle sponde di un fiume.


Quel ragazzo aveva i capelli come il cioccolato e lisci come la seta e il colore degli occhi come lo smeraldo.

E come brillavano! Possono mai degli occhi brillare cosi? E perché brillano? Per quale ragione? Oh, vorrei essere io quella ragione! Ma cosa sto pensando? Esso forse neanche mi pensa e io sto qui a struggermi. Devo dimenticarlo. Ma perché devo farlo? Non è già cosi tanto triste che quel ragazzo si scorderà presto di me? Oh, è cosi tanto triste che quella magia di quegli sguardi intrecciati tra di noi, debba essere destinato a scomparire tra le pieghe del tempo? Chissà se mi sta pensando ora, o se sarò già sabbia del suo passaggio? Ma perché deve essere cosi? Perché non posso rivederlo?




Nel mentre, si addormentò, e lo sognò. Sognò il suo viso, i suoi occhi. Sognò di abbracciarlo e di correre con lui. Quando si svegliò e capi che era solo un sogno, ne fu molto deluso.

Tornerò nel luogo dove ci siamo incontrati la prima volta e se lui ancora mi pensa, ci sarà! Pensava Jensen.





Jensen prese un cavallo e tornò di nascosto dal padre nel luogo che avevano visitato il giorno prima.

Oh, esso non c'è! Forse ho sbagliato orario, forse è passato di nuovo la sera stessa o ieri notte o forse deve ancora passare! Forse sono uno stupido e non passerà mai!

E poi si sedette sull'asfalto a piangere.



Quando Jensen tornò al castello, il padre lo guardò sgomento.

"Jensen! Ero molto preoccupato per te! Che cosa ti è successo? Hai pianto?? Perché?? Chi ti ha fatto del male???"

"Qualcuno che non mi ha neanche toccato." Disse Jensen, vergognandosi delle sue lacrime e vergognandosi di essere stato sorpreso.

"Jensen, parla più chiaro o dovrò andare ad uccidere qualcuno!"

"Il sole!" disse allora Jensen evasivo. "Il sole brucia gli occhi degli uomini se è troppo forte e gli uomini non possono proteggersi. Non possono proteggersi." Aggiunse, tornando al castello tristemente.

Jared non aveva potuto essere presente all'incontro con Jensen, anche se avrebbe voluto andare, perché Mary stava male e necessitava delle sue cure, quindi a malincuore non andò dove il suo cuore gridava di andare.

Il suo cuore era diviso a metà.


Quel pomeriggio, John decise che portare il figlio con sé era un buon modo per distrarlo da chissà quale sua tristezza.

"Vieni con me a riscuotere le tasse dei cittadini, figliolo!" gli diceva il re.

"Posso?" chiese Jensen.

"Certo, a patto che non dai loro altre monete d'oro, altrimenti nessuno ci rispetterà più, ok?" gli chiese sorridendo, strizzando l'occhio.

Jensen era ben sollevato di avere un'altra opportunità per cercare di rincontrare il misterioso ragazzo che gli aveva rapito cosi il cuore.

"Però mettiti degli occhiali, cosi il sole non ti brucerà gli occhi!" disse John, e Jensen rise.



La carrozza trottava nuovamente tra le vie di Verona e Jensen anche se cercava di non volgere lo sguardo, ci cascava comunque.

Gli occhi sono traditori pensò. Ma non i suoi pensò ancora con un sorriso.

"Che cosa ti fa sorridere in questo modo, Jensen?" chiese John.

"La potenza degli occhi, papà!" disse lui.



Andare a richiedere le tasse ai cittadini, era una faccenda burocratica molto noiosa, e Jensen avrebbe voluto che finisse presto, anche perché non era riuscito a incontrare di nuovo il ragazzo dagli occhi di smeraldo.

Bussarono ad un'altra porta, e Jensen soffocò un singhiozzo quando vide affacciarsi alla porta proprio lui.

Il ragazzo sembrò averlo riconosciuto ed era sbalordito quanto lui.


Certo che mi ha riconosciuto, sono il principe, pensò lucidamente.

"Ciao ragazzo, siamo venuti qua per riscuotere le tasse."

"Signore, noi abbiamo appena soldi per mangiare" supplicò il ragazzo.

Supplicava? Un ragazzo con degli occhi cosi non dovrebbe mai supplicare! Pensò Jensen.


"Allora vorrà dire che ci pagherai con altri mezzi. Hai della frutta o della carne, ragazzo?"

"Papà, ti ha appena detto che ha a malapena soldi per mangiare e tu vuoi..."

"Non contraddirmi davanti al popolo e non chiamarmi papà davanti alla gente, Jensen!"

"Sissignore." Disse Jensen guardandolo duro.

"Allora, ragazzo? Non abbiamo tutto il giorno." Disse il re spazientito.

"Dagli pure quello che abbiamo, Jared..." disse la voce di una donna.

John si mosse incuriosito e spaventato da quella voce e il suo sguardo si fece di puro terrore quando la vide e il suo cuore si mise a battere più forte.

"MARY!" disse.

"John..." disse Mary, per nulla stupita. Sapeva dell'ascesa che aveva avuto John. Sapeva che ora lui era il re.

"Cosa diavolo ti è successo? Perché sei a letto? E perché vivi qui?"

"John.."

"Credevo che risiedessi ancora nella dimora dei Montecchi." Disse lui.

"Siamo caduti in disgrazia da almeno un anno, John. Un castigo degli dei, suppongo."

"Perché non mi hai detto niente?"

"Perché ti eri creato una famiglia." Disse lei.



Il groppo alla gola di John era doloroso. Guardò Mary. Era in vestaglia rosa e aveva i capelli biondi crespi raccolti in una coda fatta male, ma i suoi occhi erano ancora stupendi e il suo viso bello. Era ancora lei e riusciva ancora a fargli battere forte il cuore.

"é...questo il modo di accogliere il tuo Re? Alzati!" disse John, un po' arrogante, anche se la sua voce tremava.

"Non posso...sono cosi debole...sono malata."

"Questo non è giusto. Pagherò io le spese per una tua pronta guarigione!"

"John, non voglio darti ulteriori problemi..."

"BASTA, NON RIVOLGERTI COSI AL TUO RE, TU FAI COME TI DICO!"

Nonostante la furia di John, Mary non potè fare a meno di sorridere, e John sorrise di rimando.

"Non pensavo...che...che i nostri genitori si conoscessero..." disse Jared a Jensen.

"Mary...lei è Mary..." disse Jensen sotto shock.

Jared credette di capire cosa intendeva dire Jensen, ma ebbe paura di domandarlo.


"Hanno avuto una storia, tanto tempo fa...ma...è stata ostacolata, e hanno rotto." Disse comunque Jensen.

"Mi dispiace molto." Disse Jared.

Jensen si voltò verso di lui.


"Ti ho cercato, stamattina, nella piazza grande, ma tu non c'eri."

Jared spalancò gli occhi alla notizia. "Avrei voluto esserci. Sarei venuto se....se non avessi dovuto badare a mia mamma, davvero."

"Non lo dici solo perché sono il tuo principe, vero?"

"NO! LO GIURO!"

Jensen sorrise.

"Perché...perché voleva vedermi, sua altezza?" chiese timidamente Jared.

"Beh, innanzitutto non mi hai detto neanche grazie"

"NON è VERO. L'HO FATTO." Squitti Jared spaventato.

"Mmm...un mormorio poco udibile."

"Ero..ero emozionato..io..."

"Ok, ok, fa niente"

Voleva vedermi solo per questo, sua altezza?" chiese Jared, un po' piccato.



Jensen lo fissò ancora. "è un'insolenza o un inizio di delusione?"

"Me lo dica lei."

Jensen lo fissò con un sorriso arrogante.


"Per cosa vorresti che volessi vederti?"

"Non lo so!"

"Volevo chiederti se hai conservato il mio regalo."

"Regalo??" Jared era confuso e disorientato.

"La moneta!"

"Io...io ...certo che si!"

"Male. Non mi privo del mio oro perché non lo si usi!"

Jared ora lo guardò terrorizzato.

"Ehi, rilassati. Ti sto solo prendendo in giro." Rise Jensen. "A dire la verità, avevo il terrore che te ne sbarazzassi. Sono contento che tu non l'abbia fatto." Disse.

Jared lo fissò.

"Ma, sono consapevole che vi serve dell'oro, quindi...te ne farò avere dell'altro al più presto..ma quella prima moneta, non darla via, ok?" gli sussurrò all'orecchio, e a Jared parve di sentire come il canto di mille uccelli.

"Lo farò, mio principe!"

"Jensen, è ora di andare!!" lo richiamò John.

"Niente riscossione?"

"Niente riscossione!" rispose John burbero.


Jensen prese la mano di Jared, che ricambiò la stretta leggera, eppure tanto dolce.


"Posso...voglio dire...potrei..rivederti?" chiese Jared.

Il cuore di Jensen fece un tuffo. Forse non si era mai mosso dalle sponde del fiume e stava ancora sognando.

"Ti aspetto al castello. Non deludermi." Gli disse, all'orecchio.





"Che cosa sussurravi a quel ragazzo?" chiese John, un po' contrariato, quando uscirono.

"Gli ho solo detto di non rifiutare il nostro denaro."

"Mmm..." rispose Jensen.

"Tu che cosa dicevi a Mary?"

"La stessa cosa!"

"Bene!"

"Bene!"

"Papà, è quella Mary che..."

"Si. Fine della discussione."



Jensen si zitti, e poi ripensò a Jared. Era stato un po' precipitoso a dirgli di presentarsi al castello. Come avrebbe potuto fare?

Oh, che grande idiota che era!



Dopo che furono usciti, Jared disse alla madre: "Che carattere, il principino." E rise.

"Come suo padre." Disse Mary, sorridendo.  


Saremo quel che tutti sognano, quell'amore che i cantanti cantanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora