40

123 28 8
                                    

Daniel

11 ottobre

"Ragazzi" pronunciai rivolgendo tutto ad un tratto la parola ai miei amici.
Mentre camminavamo per le vie del centro di Torino, Melissa e le altre con borse accavallate all'altezza dell'avambraccio, Tommaso obbligato ad aiutarle per via della quantitá di vestiti che avevano acquistato, avevo ascoltato i loro discorsi susseguirsi. Fiumi di parole toccavano svariati argomenti; dalla scuola si passava allo sport, alla partita giocata la domenica, agli sconti dei prodotti di bellezza più costosi e ricercati. Accanto a loro, mi ero limitato ad ascoltarli parlottare animatamente, a lato di tutti quanti, posti alla mia destra.
Tommaso pareva aver legato con le mie amiche, che tra uno strarnazzo e l'altro avevano avuto modo di scompigliargli i capelli almeno un paio di volte.
"Tutto in famiglia..." avevo pensato, rammentandomi di quanto al mio amico desse fastidio quando gli toccassi i capelli.
"Ci metto una vita a renderli cosí perfetti. Non ti permetto di rovinarmi la piega" mi riversava contro rimproveri.
A guardarli, sembravano conoscersi da molto tempo, quando in realtà questo era limitato a un solo anno.

Fino a quel momento avevo preferito starmene per conto mio, continuare a passeggiare al loro fianco ad una velocità che pareva non dare possibilità alcuna di percorrere un chilometro scarso in una ventina di minuti.

Immerso nei miei pensieri, avevo concentrato la mia mente su Andrea. Quante camminate per il centro avevamo fatto assieme; lui con la sua macchina fotografica, sempre pronto a scattare foto ad ogni minimo dettaglio. Ed a me che, ormai abituato al fatto, non mi lamentavo quando mi sorprendeva, in uno scatto, a fare facce ridicole. Ed era inutile, allora, chiedergli di cancellarle, sapendo che mai lo avrebbe fatto ed avrebbe aggiunto, a quelle immagini, altre foto del sottoscritto colto in flagrante mentre sbatte le ciglia o starnutisce.

"Ragazzi" parlai per la seconda volta, senza peró essere udito dai miei amici. Le loro voci elevate sovrastarono la mia, oggettivamente fievole. Le mie corde vocali, abituate al silenzio da ormai un'ora, avevano faticato a vibrare in modo soddisfacente ed il suono ne era uscito tutt'altro che limpido.

Non avendo voglia d'immischiarmi nelle loro conversazioni, in quel momento improntate sull'ambito musicale, decisi di mandare un messaggio a ciascuno dei presentin riunito in una chat di gruppo dal nome improbabile: MATILDA.
Il nome era composto dalle iniziali dei nostri nomi: Melissa, Agata, Tommaso, Lucrezia, Daniel ed Andrea.
"E la i ?" avevo domandato alla creatrice del gruppo, Lucrezia.
"Non lo so" aveva bofonchiato.
"Ma allora perchè la metti?".
"Perché Matlda sarebbe brutto". A metá fra il sorpreso e lo sconfortato, avevo deciso di non porre più domande al riguardo.
"Ma comunque dovremmo trovare una persona il cui nome inizi con la i" aveva poi aggiunto lei, giusto per terminare in bella una conversazione che io non avrei certamente proseguito.

"Aspettate, di sicuro è il tipo che sabato scorso mi ha chiesto di uscire!" esclamó eccitata Melissa, troncando la conversazione per prelevare dalla sua borsa il cellulare, sprofondato nei meandri di quel pezzo di pelle nera, contenente chissá quali inutilità.
Interessate, Agata e Lucrezia si sporsero per verificare se l'amica ci avesse visto giusto, mentre Tommaso cominció a parlare di applicazioni di messaggistica senza che nessuno l'avesse interpellato.
"Cavolo, lampeggia di azzurro" sbottó Mel, delusa.
"E allora?" domandarono le altre due, incuriosite.
"Il led preimpostato per le sue notifiche è il rosso".
"Rosso come la passione" aveva dedotto Lucrezia, alzando le sopracciglia con malizia. Melissa non poté fare a meno di trattenere una risatina.
Allibito, guardai le tre chiacchierare stoltamente ed ignorare il mio messaggio.
"Va beh. Prima o poi mi contatterá" asserì poi.
Era possibile che non avesse capito di chi si trattasse?
"Non mi piace il rosso. Preferisco il blu" parlai, cogliendo l'occasione di un attimo di silenzio.
"Specie se è chiaro" annunciai, sottolineando la mia preferenza.
"Si chiama azzurro" mi corresse Lucrezia come da copione, alzando gli occhi al cielo.
"Azzurro... Daniel!" schioccó le dita Melissa.
"Finalmente..." sussurrai.
"Ma Dane!" pronunció il mio nome con tono di rimprovero.
"Che bisogno c'era di mandarmi un messaggio se sei accanto a me?" cadde dalle nuvole. Roteai gli occhi.
"Ora posso parlarvi?" domandai.
Drizzarono tutti le orecchie, incuriositi. Volevano probabilmente sapere cosa avrei detto loro dopo un lungo silenzio.

Non ti lascerò dormire da solo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora