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Daniel

8 ottobre

Il giorno successivo il meteo mutò radicalmente. Era incredibile quanto le giornate, nelle ultime settimane, fossero state strambe; non solo per il continuo variare del mio umore, in bilico fra un istante di pura felicità ed un altro in cui la mia visione della vita era talmente tenebrosa che temevo di sprofindare nella depressione.
Assieme a me, anche le condizioni metereologiche si erano rivelate piuttosto ballerine: dal diluvio si passava ad una splendida giornata di sole, fino ad un annuvolamento minaccioso che portava nuovamente violente precipitazioni, seguito da uno schiarimento improvviso del cielo, che si spogliava delle sue cineree nubi.

Le temperature, da rigide ed invivibili per essere ad inizio autunno, tornarono ad essere piacevolmente miti, al di sopra della media stagionale. Un sole forte ed intenso illuminava il firmamento, mostrando l'estensione dei suoi raggi attraverso l'intera città, penetrando dalle ampie finestre della sala dell'ospedale.

"Ciao, Ande". La routine era sempre la medesima. Posai zaino e felpa a terra, accanto alla sedia sopra la quale mi sedetti. Ancora poco e avrei dovuto aggiungere, oltre a quest'ultima, un giubbotto, prima cento grammi, poi parka, per evitare di prendermi un raffreddore. Le temperature sarebbero crollate di punto in bianco, senza che nemmeno me ne potessi rendere conto. Ogni anno era sempre la stessa storia, per quanto desiderassi che ció avvenisse il più tardi possibile.

Quanto odiavo i cambiamenti di stagione, specie dall'estate all'inverno. L'autunno pareva durare così poco che nemmeno lo si poteva godere: le camminate fra lo spesso strato di foglie venivano annullate dagli impegni quotidiani che invitavano gli studenti a rinchiudersi nelle proprie dimore a consumare la propria vista con la lettura di testi scolastici. E le foglie cambiare colore le si ammiravano dalla finestra in un attimo di distrazione, quando lo sguardo cadeva sbadatamente sul paesaggio al di lá della finestra accanto alla scrivania, quella a cui si stava seduti da oramai un intero pomeriggio.
Gli occhi percorrevano il tragitto della foglia, assente di clorofilla, dal ramo che l'aveva abbandonata al terreno, pronto ad accoglierla fra le altre, giá adagiate a formare una coltre dalle mille tonalità: giallo, marrone, un rosso tendente all'arancione.
La mente vagava immergendosi nelle sensazioni autunnali, scordando per un attimo che l'unico autunno che dovesse percepire fosse quello dei test d'ingresso di routine ad ogni inizio anno.

"Hai visto, oggi, che bella giornata?" domandai al mio ragazzo, scossa la testa per eliminare ogni residuo di pensiero sul quale stessi fantasticando. Poi voltai il capo verso di lui, sorridendo.
"Ieri c'è stato un finimondo. Non finiva più di piovere" dissi, appoggiando una mano sulla guancia, a sostenere il volto, schiacciato contro il palmo.

"Oh, sai cosè successo ieri?" introdussi un nuovo argomento, sovvenendomi di ció che nelle ultime ventiquattro ore prima non avevo avuto modo di esporre.
"Melissa&Co sono venute a prendermi qui sotto. Sono state carine. Non credi?". Feci spallucce.
"A volte sono delle rompiscatole. Ma in fatto di soprese sono le migliori. Chi se lo sarebbe aspettato?". Guardai Andrea.
"Pensa che erano in tre con un ombrello solo. E così ho pensato di cedere il mio a Lu e Mel. E il mio k-way ad Agata. Mi credi se ti dico che non voleva accettarlo?". Risi alzando lo sguardo per raccapezzarmi della scena, ilare.

"Ah, mi sono persino dimenticato di raccontarti di una cosa che non posso non dirti" dissi, schioccando le dita.
"Melissa, intenta a sorseggaire della cocacola, ha ruttato durante un'interrogazione di fronte alla prof. E poi non ricordo cos'altro le sia successo. Ah sì! Pensa che ha passato dieci minuti a prendersi in giro da sola, non posso dimenticarmene. Disgraziatamente ha tirato una pacca ad un ragazzo del primo anno. Io non ero lì presente, in quel momento, ma chissà che imbarazzo per lei. E soprattutto, che sconforto per il ragazzo!" esclamai.
"Poverino" dissi, mordendomi un labbro per trattenere una stolta risata.
"Credo che Agata, con la sua goffaggine, stia contagiando anche le altre. Lucrezia ha rotto anche il mio ombrello. Era cosí mortificata che mi dispiace persino riderci su. In realtà non so nemmeno se sia corretto che io te lo racconti, ma tanto è una cosa fra noi cinque".

Non ti lascerò dormire da solo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora