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Glorious, David Archuleta

Daniel

6 novembre

"No, non avrei dovuto!" mi lamentai rivolgendo le mie parole all'unico interlocutore col quale stessi sostenendo la conversazione: me stesso. Avviando speditamente i miei passi per il paesaggio urbano, pestandone il suolo cinereo come il resto che lo costituisse, fissavo sovente l'orologio che avevo sempre al polso. La visione delle lancette in posizioni avanzate non garantiva un rilassamento e anzi, andava ad accentuare la fretta con cui il mio camminare si stava quasi trasformando nel correre.
La lancetta più corta aveva già sormontato il numero quattro, mentre quella più lunga, accanto alla cifra uno, indicava i cinque minuti. Avevo giá fatto il mio ingresso nel ritardo. Avrei dovuto sbrigarmi per evitare di tardare ulteriormente, ma per fortuna la mia meta non era lontana. L'edificio ospedaliero, massiccio, si notava alle spalle di un muretto su cui correvano, da sinistra verso destra, magnifici disegni di street art affiancati da qualche scritta atto di vandalismo.

"Menomale" sussurrai lasciando che la mia voce si precipitasse all'esterno del mio petto, il quale l' aveva tenuta incustodita per non far sembrare al mondo intero che avessi sostenuto un monologo fino a quel momento.

Salutando frettolosamente le segretarie del piano terra e le infermiere che avevo conosciuto ai primi due piani dell'ospedale quando Andrea era ancora al piano inferiore rispetto a quello in cui era stato poi trasferito, raggiunsi finalmente la sala del mio ragazzo. Non potendo astenermi dal far precipitare lo sguardo sul mio orologio, notai con piacere che non fossero nemmeno le quattro e dieci. Ero stato piuttosto rapido.

"Ande?" chiamai con tono interrogativo il mio ragazzo, non appena spalancata la porta lo vidi sdraiato sul suo letto, dormiente. I suoi occhi serrati e la staticità con cui le braccia giacevano ai lati del corpo facevano sembare che, oltre a stare schiacciando un pisolino, la sua mente avesse dato vita a un incubo.

"Andrea?" domandai avvicinandomi a lui, immobile e silenzioso. Ad un contatto fisico, dato da un lieve tocco delle mie dita sul suo avambraccio, non rispose.  Non svegliandosi, dava l'idea di aver intrapreso un sogno piuttosto impegnativo.

"Andrea, stai bene?" domandai, appoggiando una mano sul suo polso per verificarne il battito cardiaco. Nel farlo, strinsi l'esile estremità delle sue braccia con i polpastrelli e, iniziando a percepire delle pulsazioni, mi accorsi che il mio battito stesse aumentando mano a mano che li sentivo sotto alla lieve pressione applicata dalle mie dita sulla sua pelle. Mi faceva emozionare così tanto il sentire il cuore del mio Andrea?

Nemmeno una decina di secondi dopo dall'inizio della mia attivitá, Andrea interruppe ogni mio desiderio di continuare a sentirlo vivere.
Tirandosi su di scatto, la schiena eretta e le gambe perpendicolari a essa, strinse forte nella sua mano le mie due dita appoggiate sul suo polso.
Saltai in aria per lo spavento, trovandomi con le natiche incollate al pavimento, freddo.
"Bu!" disse, scoppiando a ridere. Appoggiando una mano sul mio petto, cercai di riprendere fiato. Il mio cuore batteva rapidamente, ancor più di quanto non avesse fatto in precedenza.
"Andrea, mi hai fatto spaventare a morte" dissi, sbarrando gli occhi e poggiando entrambi i palmi sulle piastrelle, fresche, per sostenere il mio corpo che avrebbe rischiato di barcollare senza un appoggio.
Rise ancora più forte di prima, dimenando i piedi sotto le lenzuola, attraversato da una scossa di piacere data dal vedermi così terrorizzato dal suo gesto, coltomi alla sprovvista in un momento di assoluta tranquillitá.
Lo osservai. I suoi denti candidi erano poco più chiari della sua pelle che non aveva preso sole da mesi. Se quello ci fosse stato, la sua melanina non avrebbe esitato a colorare la sua pelle non appena qualche raggio l'avesse sfiorata.
Affiancando le labbra carnose, tese in una curva, completava il suo sorriso la fossetta, che marcó bene la sua presenza nella guancia.
Non potei fare a meno che sorridere assieme a lui.

Non ti lascerò dormire da solo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora