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Daniel

"Hey, ma alla fine ieri sei più andato a parlare al tizio?" mi domandò Melissa mentre, durante l'intervallo, ci apprestavamo a percorrere le scale che ci avrebbero portati al primo piano. Affrontata l'ora di spagnolo con l'adrenalina a mille, sembrava quasi di essere usciti da una bolla fatta di ansia.
Sospirando, mi ritrovai ad essere uno dei tanti che, come me, trovavano sollievo in un'espirazione di ossigeno troppp saturo.

"Quale tizio?" chiesi ritornando in me dopo un istante di riflessione.
Sistemando con ambedue le mani il cappuccio della mia felpa, rovesciatosi verso l'esterno, cercai di comprendere a chi stesse facendo riferimento la mia amica.
"Quello di ieri. Quello che ti ha chiamato... insomma, hai capito!" esclamó gesticolando animatamente. Per poco le sue dita non finirono nei miei occhi, sbarrati per la paura di ció che sarebbe potuto accadere.
"Mi stavi accecando" esternai, poi.

"Dane, mi stai ascoltando?". La voce di Meliaaa si fece udire nuovamente.
"Eh? Dimmi". Scossi il capo, volgendo definitivamente la mia attenzione a lei.
"Hai capito di chi sto parlando?".
chiese insistentemente, desiderosa di avere una risposta affermativa.
"Sinceramente no" confessai, non sapendo come l'avrebbe presa.
Sbuffando, si apprestó a ripeterlo per la quarta volta, forse.

Aaaah!" dissi, finalmente inteso il discorso.
"No, no. Sinceramente non l'ho fatto".
"Ma come?". Feci spallucce.
"Perché?" domandò.
"Scusa, non ricordi che ieri abbiamo avuto ginnastica? E l'intervallo, cadendo sempre a cavallo fra le due ore, ci impedisce di trascorrerlo in classe. La Palletta ci vuole sempre giá in spogliatoio prima che suoni" spiegai, trovando così una valida giustificazione.

"Ah, alla fine com'è andata la gara con Simone?" mi domandò, incuriosita dall'anticipazione che le avevo fatto.
"Bene, bene" mi limitai a dire.
"Ma come? Non mi dici nient'altro?" si lamentò lei.
"Abbiamo fatto due gare. Una, consisteva nel fare più flessioni possibili senza crollare".
"E chi ha vinto?". La guardai, stupito dalla sua domanda.
"Io, ovviamente" dissi, alzando un sopracciglio, aggrottando la fronte e guardandola negli occhi.
"Quanti ne hai fatti?" chiese incuriosita dal valore numerico che avrei pronunciato.
"In realtà lui ne ha fatti trentanove. Poi si è fermato. Io ne avrei fatti ancora" feci spallucce, tirando su il succo lungo la sottile cannuccia bianca del bric.
"Trentanove?! Io ringrazio se arrivo a dieci".
"Così pochi? Secondo me arrivi almeno a quindici" ipotizzai.
"Non lo so, ma non credo" disse, spalancando gli occhi e scuotendo il capo.

"Ma davvero tu ne fai più di quaranta?" disse, sollevando la testa.
"Certo. A danza passiamo delle mezz'ore a fare solo quello" confessai. Spalancò la bocca, stupita. Era evidente che l'attività fisica, per quanto fosse da lei gradita, non era proprio ció in cui riuscisse meglio.
"Io morirei". Risi, immaginandola per un istante incollata al pavimento, senza forze, stramazzata per via di un numero troppo elevato di flessioni da lei fatte senza allenamento.

"Dane?". La sua voce ed una mano passata di fronte ai miei occhi mi fece tornare alla realtá.
"Eh?".
"A cosa pensi?". Scossi il capo, pensando che con tale gesto avrei cacciato via ogni mio pensiero sadico ed evitato cosí che potesse leggermi nella mente. Per un istante mi era sembrato l'avesse fatto; isuoi occhi mi avevano guardato con troppa intensitá.

"E per quanto riguarda gli addominali?" chiese, tornando all'argomento precedente.
"La gara consisteva nel fare più addominali possib...". Venni interrotto.
"Come?! Ma di nuovo?" domandò lei.
"No, fammi parlare" la rimproverai, interessato a darle una spiegazione.
"Il maggior numero di addominali in un minuto".
"Cosa?! Un minuto di addominali? Ma se quando la prof. ci fa fare la prova in trenta secondi io dopo non riesco più a muovermi dal dolore!".
"Inizialmente avevamo pensato anche noi di fare solo trenta secondi, ma poi ci è sembrato poco" dissi. La mia amica, allibita, si mise una mano sulla fronte, scatenando la mia ilarità.
"E come è andata, qui?" domandò poi.
"Quarantasette a cinquantatré miei".
"Stai scherzando, vero?" domandò.
"No, affatto" dissi, sorridendole.
"E tu avresti fatto cinquantamiliardi non-ricordo-il-numero addominali?" chiese, incredula.
"Sì. Mi sarebbe piaciuto arrivare a sessanta, ma dopo le flessioni ero un po' affaticato" confessai.
"VOLEVI SUL SERIO FARE UN ADDOMINALE AL SECONDO PER UN INTERO MINUTO?!" urlò.
"Ehm, sí " dissi, riflettendo sull'improbabilitá della cosa.
"Tu sei folle". Risi per l'ennesima volta al modo in cui mi avesse appellato.
"Va bene. Allora adesso fai una gara, tu contro te stessa" dissi, non appena il turno alle macchinetta giunse al nostro.
"Ti propongo di mangiare il più in fretta possibile il panino che ti acquisterò. Ci stai?" domandai, inserendo le monete nell'apposito ingresso.
"Ma Daniel! Cosa mi proponi? Non sono Agata! Forse ancora ancora Lucrezia sarebbe stata al gioco. Ma non io". Risi.
"Scherzavo" dissi, digitando il numero corrispondente a quello di un panino, prosciutto crudo e mozzarella, sulla tastiera.
"E poi oggi non ho fame" disse, incrociando le braccia.
Mi abbassai per prelevare il panino dall'apertura inferiore.
Lo estrassi e aprii la busta, allontanandomi di lí dove dozzine di studenti si erano piazzati, stranamente con diligenza, ad attendere il loro turno.

Non ti lascerò dormire da solo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora