Andrea
"Come ti senti, in questo momento?" fu la prima domanda che rivolsi a Daniel dopo attimi di silenzio. Lui, appoggiato contro al muro, accoglieva a gambe incrociate il mio corpo, giacente sul suo. La mia nuca, appoggiata sulla sua spalla, osservava il suo collo mettere in evidenza una vena, forse per lo sforzo a cui lo stavo sottoponendo. Le mie gambe, posizionate nello spazio originatosi dall'incrociarsi delle sue, rimasero immobili mentre la mia mano destra s'intrecció alla sua, per poi appoggiare quell'unione di dita sulla sua coscia, coperta da un paio di pantaloni scuri, quelli che io mi limitavo a definire 'da ginnastica' mentre Daniel voleva esplicitamente li chiamassi col nome della marca.
"Ma quello non è di marca, andiamo" avevo bofonchiato un giorno, ricevendo il suo sguardo grave su di me.
"Cosa ne sai tu di moda?" avevo poi rincarato la dose.
Li aveva strapagati e si sentiva anche dire che non andassero bene.
"Senti, ho dovuto spendere la paghetta di due mesi per poterli acquistare" si era di fatti lamentato alle mie critiche.
Dovevo assolutamente rimediare.
"Ma a te stanno bene" avevo sentenziato, forse in maniera un po' ipocrita, facendo svolgere al mio sorriso una funzione di cornice.
Daniel si sciolse in un sorriso, ondulando appena il capo. Si era fatto persuadere.
"Va bene, sei perdonato" aveva poi annunciato, dimenticando del tutto ció che gli avevo detto."Sono gli stessi pantaloni del nostro ultimo litigio" feci notare al mio ragazzo che, stretta la mia mano alla sua, carezzava col pollice il mio dorso, facendomi un lieve solletico.
"Mh?" prese tempo lui, forse per non voler tornare sul discorso.
"I pantaloni da ginnastica". Sorridendo, mi lasciò stupito dalla sua reazione. Mi pareva strano non se la fosse presa, ma avesse incassato la provocazione con un sorriso.
"Oggi mi stanno altrettanto bene?" domandò, guardando davanti a sè.
"Sinceramente?" presi tempo.
"Sì, certo" sentenzió.
"No. Ti preferisco con qualcosa di più elegante".
"Tipo?".
"Tipo quando ti sei vestito per andare al ballo, l'anno scorso". Daniel mi rivolse il suo sguardo e le sue splendidi iridi incontrarono le mie.
"Eri... perfetto" sussurrai con un fil di voce.
"Ah sì?".
"Sì. Il mio principe azzurro". Daniel sorrise di nuovo, poi ruotò il capo impedendomi di fruire ancora dei suoi occhi."Ricordi ancora il ballo in piazza, quello a cui partecipammo con Tommaso?".
"Perché devi rovinare la magia dell'argomento con la presenza di Tommaso?".
"Era per farti capire a cosa stessi facendo riferimento. Magari non lo rammentavi e l'aggiungere qualche dettaglio ti avrebbe permesso di ricordare meglio di cosa parlassi".
"Sì, lo ricordo" rispose secco.
"Perché non vuoi che citi Tommaso? È successo qualcosa fra di voi?". Daniel attese qualche istante prima di rispondere. Ma l'avanzare dei secondi l'obbligò a farlo, prima o poi.
"No, nulla. È che...".
"Che?".
"Io e lui ci vediamo poco, ultimamente. Parliamo soltanto alle leziono di danza, ma nulla di più. Quindi sento la sua mancanza e il sentirlo nominare mi fa riflettere".
"Ho capito" sussurrai."E comunque, Tommaso o non Tommaso, al ballo per me c'eri solamente tu" esplicai, tornando al discorso precedente". Daniel sorrise.
"Ti rendi conto che sia giá passato un anno?" domandai, retoricamente. Intanto osservavo Daniel proseguire nel massaggiare la mia pelle con movimento circolari lasciati sulla mia cute dal contatto col polpastrello del suo pollice, in movimento."Secondo te cosa sarebbe successo se quel ballo non fosse mai avvenuto?" domandai poi. Daniel mi osservò, schiudendo le labbra, accarezzate dalla sua lingua che le inumidì.
"Io e te staremo assieme?".
"Ma Andrea, che domanda é?".
"No?".
"Certo che sì" esclamò lui, facendomi scostare dalla sua spalla.
"Non è stato il ballo a farci innamorare. Ossia, è stato sicuramente importante e ci ha fatto scoprire meglio le nostre vere sensazioni ed emozioni. Ma... è stata solo una parte di noi. Tutte le altre non le conti?".
"Mh?".
"Le uscite, i saggi di danza, i baci dati ancor prima di domandarci soltanto se provassimo qualcosa, gli sguardi...". Rimasi in silenzio a udire le sue parole.
Appoggiata la nuca contro alla parete di camera mia, sollevò lo sguardo. Il suo pomo d'Adamo si mise in evidenza, sporgendo dalla sua gola. Non ci avevo mai fatto caso. I suoi occhi si chiusero, la sua voce emise un suono grave. Sembrava estasiato dal trovarsi in quella posizione.
Io, seduto a gambe incrociate accanto a lui, l'osservavo domandandomi dove dovessi mettermi. Perché mi aveva fatto spostare?
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Non ti lascerò dormire da solo
RomanceDaniel: È successo tutto in un attimo. Per sbaglio. Per distrazione. Per superbia. Per adrenalina. Per ebbrezza. È stato un errore. E non so se riuscirò a fare in modo che ne esca sano e salvo. Nel vero senso della parola. Dopo mille ostacoli, prove...