María Inés
Non seppi se raccontarlo immediatamente a Daniel. Non volevo mostrarmi una donna impaziente, con ancora quello spirito non ben represso di adolescente impulsivo, che agisce senza neppure pensare. Non dovevo lasciarmi trasportare dalla grandezza della situazione. Ero pur sempre un'adulta. Dovevo riflettere accuratamente. Non ero una coetanea di Daniel, ero sua madre. Dovevo mostrarmi responsabile, trovare le parole giuste per raccontare le vicende, che non erano fra le più leggere e piacevoli. Ero pur sempre la 'grande', anche se ormai mio figlio aveva diciassette anni.
Volevo accertarmi che ciò di cui ero quasi sicura fosse una vera e propria certezza. Non volevo parlare a vuoto, scuotere inutilmente l'animo di mio figlio, giá piuttosto turbato. Lui aveva già capito che ad Andrea fosse accaduto qualcosa. Me l'aveva esplicitamente raccontato. Ed io, come una sciocca, invece che rassicurarlo dicendogli che non era possibile, che lui stesse bene, rimasi in silenzio. Come ad affermare la possibilità che ciò si verificasse. Come se il silenzio acconsentisse alla realizzazione delle sue ipotesi. Quanto avevo sbagliato.
È vero, Daniel doveva ormai iniziare a capire che nella vita, purtroppo, le disgrazie accadessero. Lo aveva scoperto da solo, un anno e mezzo prima.
Ma a me pareva che quella tragedia l'avesse chiuso in una bolla. Come se cercasse di proteggersi da ulteriori traumi, arrivando a credere che mai più niente sarebbe potuto accadere.
Ma io dovevo riuscire ad infrangere quella bolla. Farlo uscire da quei pensieri che chiaramente non rispecchiavano la realtà e fargli comprendere che Andrea sarebbe davvero potuto essere in pericolo di vita. Poteva accadere.
Non serviva nulla ripetersi "è tutto okay".Credetti, per un attimo, di essere andata nel panico, nella più completa confusione. Arrivai a contraddirmi, trovando una via d'uscita nella soluzione che poco prima mi era sembrata un punto di non ritorno.
Un minuto prima ero convinta di voler proteggere Daniel, dicendogli che Andrea non sarebbe stato certamente in fin di vita. Ma mi accorsi ben presto che quella non era la giusta via da seguire. Sarebbe soltanto servito momentaneamente, permettendogli di non pensare al negativo e sperare. Sospirare.
Ma dall'altro lato, avrebbe sofferto ancora di più dopo, scoprendo che aveva solo perso tempo ad incrociare le dita per qualcosa per cui ormai non c'era più nulla da fare. Ed io ne sarei stata l'unica artefice. Perché mentre lui continuava a sperare, una parziale idea di ciò che stesse succedendo, l'avevo. E la avrei tenuta all'oscuro dalle sue conoscenze.
Quindi preferii scegliere di parlargliene subito in moso realistico, appena avessi saputo la verità dei fatti ed essermi accertata che il protagonista di quell'incidente fosse proprio Andrea. Anche si fosse trattata della più cruda delle realtà.
Non aveva importanza quanto avrebbe sofferto. C'ero io, con lui.
Non doveva temere. Ci sarebbe solo voluto tempo. Quello, per guarire, è sempre necessario.Assorta nei miei pensieri decisi di fare il passo decisivo. Andai a parlare a Daniel.
Gli dissi dove mi stessi dirigendo, senza pudore. Pronunciai quelle quattro parole decisa, senza ripensamenti nè riflessioni.
"Daniel, vado da Andrea" esternai. Lui, seduto alla scrivania a sfogliare un libro scolastico, si voltó in mia direzione, osservandomi con la luce nei suoi occhi verde oliva.
"Mamma" mi chiamò, sottovoce.
"Come sai dov'è Andrea?". Non potei evitare di rispondere con un sospiro.
"Non so dove sia, Daniel".
"E dove vai, allora?" domandò, con un filo di speranza nel tono di voce, oramai abbandonato l'interesse per la lettura della pagina che aveva sott'occhio.
"Dove penso si possa trovare".
"E dov'è, questo posto?". A quella domanda non ebbi il coraggio di rispondere. Il mio cuore pareva aver arrestato il regolare battito per un istante. Per un attimo mi parve di trovarmi in un posto completamente buio in cui non ci fosse alcuna via d'uscita, nessuno spiraglio di luce. Ero da sola, in quell'immensa oscurità. Ciò fu quello che la domanda di Daniel suscitó in me. Mi sentivo da sola, ad affrontare una cosa di così grande ampiezza. Ma avrei per forza dovuto uscirne vittoriosa. Dovevo farlo per mio figlio.
"Tornerò presto" conclusi frettolosamente la conversazione uscendo dalla sua camera ed avvicinando lentamente la porta all'uscio, senza far rumore. Attesi i passi di Daniel verso di me, pronti a raggiungermi. Ma ciò non accadde. Certa di essere abbandonata a me stessa, sospirai, serrando per un attimo gli occhi, privandoli del senso della vista.
STAI LEGGENDO
Non ti lascerò dormire da solo
Roman d'amourDaniel: È successo tutto in un attimo. Per sbaglio. Per distrazione. Per superbia. Per adrenalina. Per ebbrezza. È stato un errore. E non so se riuscirò a fare in modo che ne esca sano e salvo. Nel vero senso della parola. Dopo mille ostacoli, prove...