17

170 30 10
                                    

Daniel

Alla fine, senza che me ne rendessi conto per un'intera giornata, notai solo all'ultima ora, quella di educazione fisica (la preferita dal mio ragazzo), che Andrea fosse proprio assente, quel giorno. Non entrò l'ora dopo, non entrò due ore dopo, non si fece vedere nemmeno all'uscita da scuola, alle due.
Di sicuro stava male; lui non saltava le giornate di scuola per mancanza di voglia o per la presenza di verifiche.

Chissà cosa avesse. E soprattutto perché non mi avesse avvisato. Sapeva che mi preoccupavo, specie per uno che in un intero anno poteva vantare un numero d'assenze che si poteva contare sulle dita d'una mano.

Poco male. Quel lungo giorno senza di lui era trascorso, fra le lacrime malamente trattenute di Agata, la parlantina insoffocabile di Melissa e Lucrezia e le battutine sarcastiche di qualche altro compagno alle cadute durante la partita di pallavolo.
E di sicuro, senza dubbio alcuno, pensai che l'avrei rivisto il giorno seguente e avremmo riso e scherzato come in ogni giorno passato assieme.

In ogni caso, nell'intervallo, ebbi qualcosa a cui dedicarmi, anche se non ebbi la voglia sufficiente per scherzare e ridere a chiamare gli ascensori come facevo con lui mentre entrambi, attenti ad analizzare l'ambiente attorno a noi per non essere scoperti dalle bidelle, verificavamo che nessuno ci stesse osservando.
"Cavolo, sarà meglio smetterla una volta per tutte" riflettei fra me e me quando, nell'aprirsi delle porte di uno di essi, vidi comparire una ragazza sulla sedia a rotelle, accompagnata da un docente di sostegno che lamentava la lentezza con cui l'apparecchio fosse giunto al piano.
"Sei in quarta. In quarta liceo, Daniel. Se il prossimo anno hai la maturità... preparati prima ad essere una persona seria" pensai.
"Ma io lo sono" aggiunsi.
Scuotendo il capo, parlai ancora fra me e me.
"Come dannazione fai a seguire un cretino come Andrea?" mi rimproverai.
"Trovati qualcos'altro da fare" ordinai a me stesso, sapendo che avrei potuto dedicarmi a trovare il modo di far fare pace ad Agata con le sue amiche, perse fra mille discorsi rindondanti.

"Allora, cosa vuoi che dica loro?" esordii comparendo di fronte ad Agata, seduta al suo banco mentre, con le dita tozze, si destreggiava per intrecciare due fili colorati.
"Stai facendo uno scooby-doo?" chiesi, per rendere più piacevole la conversazione, che avevo iniziato in malo modo.
Lei, spettinata e mogia, si girò a guardarmi.
"Hey, allora cos'hai deciso?" domandai per non prendere decisioni per conto mio.
"Su, non rattristarti" le dissi avvicinandomi alla sua persona.
"Ti ho promesso che metteremo tutto a posto".
"Non lo so, Daniel. Non ne ho idea" aveva risposto, timida ed irresoluta.
"Vuoi che faccia io?".
"Sì. Per favore" m'implorò, accostando le sue parole ad un tono di voce supplichevole, il capo lievemente inclinato in avanti.
"Va bene".

Alzandomi dalla posizione rannicchiata nella quale mi ero messo per affiancare la mia amica, comodamente seduta, mi diressi di buona lena verso l'uscio dove Lucrezia e Melissa erano intente, come ogni singolo giorno, a prelevare a scrocco qualche merendina dalle macchinette grazie alle generose offerte da parte dei pretendenti del primo anno.

"Ragazze, ma hanno tre anni in meno di voi. Sono dei bambini!" precisai, una volta fattomi spiegare una volta per tutte quanti soldi spendessero a settimana in brioches e panini.
"Zero" risposero in coro.
Poi tornarono all'argomento precedente.
"E va be', bambini o non. Ci facciamo notare sin da subito, noo" aveva avuto il coraggio di rispondere Melissa, intenta ad aprire con i denti una confezione di patatine, dalla fluorescente busta gialla.

Quelle due ragazze erano così smunte che risultava impossibile associare alla loro forma fisica la quantità di cibo che trangugiassero. Per di più si trattava di alimenti industriali e poco salubri.

"Allora, cosa fate? Scrivete ai vostri ragazzi?" domandai vedendole addentare con disinteresse le loro merendine mentre digitavano con foga sullo schermo del telefonino, appannato dalle loro ditate.
"Wow, siete così tanto prese da questi ragazzi che hanno raggiunto addirittura il podio superando le prelibate nuvole do drago!" esclamai, senza ottenere una risposta in successione.
Annoiato, mi sporsi verso il telefono di Melissa per vedere cosa stesse facendo, ma più che un suggerimento concreto, ricevetti una gomitata in prossimità dell'addome. Gemetti, indietreggiando.

"Ahia" mi lamentai. Silenzio. Mi massaggiai le costole, mentre le osservavo rimanere nel loro stato d'ipnosi.

Non ti lascerò dormire da solo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora