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Tommaso

"E tu?".
"Io cosa?". Daniel pareva immerso nei suoi pensieri. Muoveva le braccia lungo il corpo in maniera statica, le labbra erano rimaste socchiuse per pronunciare quelle poche parole. Il corpo, retto, dava un'idea di eccessiva rigiditá.
"Cosa mi racconti?" domandai, osservandolo fissare il vuoto davanti a sè con le sue iridi verde oliva che, lateralmente, sembravano fatte di cristallo.
"Boh" rispose, facendo spallucce. I suoi passi, più rapidi del solito, rendevano difficoltoso un percorso accanto a lui.
"Come boh? Sono due mesi che non ci vediamo e tu..." mi bloccò con uno sguardo rigido che placò le mie parole, freddandomi.
"Tommaso..." pronunciò. Poi, tutto ad un tratto, arrestò il suo cammino.
"Scusa" pronunciai, colto in un attimo di estrema soggezione.

Rimanemmo in silenzio per un paio di minuti. Ogni tanto, senza farmi notare, volgevo il mio sguardo alla sua persona, persa ad osservare il firmamento limpido e carico di luce come a contemplarne i vivi colori.
Le sue mani, appoggiate sulle bretelle della sua sacca, ne stringevano delicatamente il tessuto ruvido e scolorito.

"Dove andiamo?" domandai, prossimi al mio isolato, un po' per cercare nuovamente di intraprendere un discorso, in parte per provocarlo sapendo che la mia insistenza l'avrebbe infastidito.
"Non lo so" bofonchiò in malo modo.
"Dai, Dane... rispondi almeno a questo" chiesi gentilmente. Mi guardò nuovamente, questa volta in modo meno cupo.
"Ti accompagno a casa e poi vado a prendere il pullman".
"Va bene" risposi. Poi accennai un sorriso, venendo però tradito.

"Scusa, Tom. Ero sovrappensiero" confessò all'improvviso quando oramai il silenzio si era radicato così profondamente, nell'atmosfera, da poterne sentire l'assoluta presenza., Mutando comportamento, causò in me un intrascurabile stupore, che si percepì dall'espressione che avevo in volto.
"Dici sul serio?" domandai, sconvolto.
"Sì" disse quando sospirando.
"Lo avevo notato" dissi, rasserenandomi. Avevo capito che fosse davvero dispiaciuto.
Daniel abbassò lo sguardo.
"Hey, non fa nulla" risposi ammiccando e sporgendomi per abbracciarlo.
Mi strinse a sè.
"È tutto a posto?" domandai.
"Sì, sì. Stavo solo... pensando a Giorgio".
"Lascia perdere quel cretino".
"Lo so, so che è un idiota".

Fools Gold, One Direction, Piano solo.

Daniel

"Con Andrea tutto bene?" domandó iniziando un discorso. Forse, per via della mia precedente ed improvvisa freddezza, non sapeva di cosa parlare con me. Alzai lo sguardo verso di lui, socchiudendo le labbra.
"Sì, alla grande. Ci siamo fidanzati, alla fine" dissi, sorridente come non mai.
"Come?" domandò, voltandosi verso di me per guardarmi.
"Sì..." risposi con ovvietá.
"E da quando?".
"Beh, poco... saranno poco più di tre mesi". Alzò le sopracciglia, abbassando il capo per squadrarmi meglio.
"Tre mesi?" ripeté la frase.
"Sì. Perché?".
"Quindi tu stai assieme ad Andrea da tre mesi e non mi hai detto nulla?" sbottò. Il sorriso sulle mie labbra svanì rapidamente.
"Beh?".
"Beh cosa?!" sbraitò, spalancando la bocca.
"Tommaso, calmati".
"Calmati un corno!" urlò, stringendo i palmi delle mani in pugni.
"Hey, vorresti spiegarmi perché hai reagito così?" domandai, indietreggiando, ma avanzando le mani.
"Sei una merda, Daniel" disse, provando ad allontanarsi, strattonandomi per um braccio.
"Cosa fai, perché dici così?". Provai a tendere una mano verso di lui nuovamente.
"E quando pensavi di dirmelo?".
"Non lo so. Alla prima occasione" mi giustificai, estrerrefatto dalla situazione.
"E quando sarebbe stata, la prima occasione se io poco fa non ti avessi domandato esplicitamente la cosa?".
"Non lo so...".
"È la ventesima volta che oggi mi rispondi con questo fottuto non lo so. È snervante. Tu mai niente sai. E visto che non lo saprai, sai cosa ti dico?".
"Ma Tom...".
"Che nemmeno io so perchè sia qui, adesso" confessó.
"Dovrei essermene uscito dalla palestra da solo ed essere a casa da un po' ".
"Ma cosa dici?".
"Che non voglio avere a che fare con te".
"Eh?! Ma tu stai delirando!" alzai il tono per cercare di avere voce in capitolo.
"No. È che... che amico sei, se non mi racconti queste cose?".
"Tom...".
"Me l'hai tenuto nascosto" disse con crudezza, facendo vibrare ogni parola nell'aere, scandendo bene ognuna di esse.
"No, non è come pensi".
"Non me lo hai detto. Tu... non ti fidi di me?".
"No!".
"E allora cosa? Io e te non siamo migliori amici?" domandò, gli occhi colmi d'ira. Lo guardai, scioccato. Non seppi come agire.
"Perché non mi racconti le cose? Io non sono il tuo migliore amico?".
"Ma certo che lo sei. Non dubitarne mai".
"E perché non me lo hai detto? Io pensavo ci raccontassimo qualsiasi cosa. Ed una cosa importante come questa credevo fosse la normalità".
"Tom...".
"Mi stai trattando come se fossi un estraneo".
"Non è vero".
"Un estraneo dalla tua vita". Deglutii, cominciando ad avvertire un senso di colpa.
Era vero, io e Tommaso ci eravamo visti soltanto una volta dopo il mio fidanzamento con Andrea. Ma avevo ritenuto che quella volta, coincidente con il compleanno di suo fratello, non fosse l'ideale per parlare di qualcosa che non riguardasse Filippo. Preferii evitare di risultare scortese, egocentrico e fuori luogo piuttosto che narrare l'alba della nostra relazione sentimentale.
E poi, per due mesi, non avevamo avuto modo di combinare un'uscita solo noi due. Un po' perchè lui era occupato con la scuola, un po' perché alla sua compagnia preferivo quella di Andrea, con il quale stavo sperimentando, solo nelle ultime settimane, un nuovo tipo di rapporto che andava vissuto con frequenza e senza interruzioni per essere compreso fino in fondo.
Così, senza che io lo desiderassi minimamente, finimmo per rivederci a lezione di danza, la prima del nostro terzo anno di corso.

Non ti lascerò dormire da solo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora