Il giorno dopo Gillian andò alla panetteria più cupa del solito. Troppi pensieri affollavano la sua mente. Una volta arrivata, però, si accorse ben presto che avrebbe potuto avere le risposte tanto agognate da chi le aveva vissute in prima persona.
"Damiani." lo chiamò, mancavano ancora 10 minuti all'apertura della cucina e aveva intenzione di sfruttarli.
"Dimmi, dolcezza." rispose, strafottente come al solito.
"Perché volevano che uccidessi mio marito?".
Il suo sguardo s'incupì.
"Ah." disse "L'hai scoperto."
"Rispondi."
Per la prima volta Gillian lo vide in difficoltà. Si grattò la nuca e cercò di evitare di incontrare lo sguardo della donna.
"Ehm...non lo so."
Gillian sgranò gli occhi.
"Come non lo sai?"
"No, mi hanno solo detto che avrei dovuto ucciderlo, o loro avrebbero sterminato la mia famiglia. Io...mi dispiace, ma proprio non ho idea del perché. E mi dispiace anche per quello che ho fatto...io davvero, non lo avrei mai fatto..."
"Perché non me lo hai detto prima?" chiese lei, già più dolcemente, facendo comunque capire che non le era passata del tutto. Lui sorrise amaramente.
"Mi avresti creduto?".
Lei sorrise.
"Perché non li hai denunciati?" replicò fredda. Lui fece per parlare, ma venne interrotto dal proprietario che li avvisava che erano pronti a partire. La giornata si svolse meglio della precedente. Tuttavia, Gillian era forse ancora più distaccata del solito. Non riusciva a capire perché non li avesse denunciati, perché non avesse fatto niente per impedire di uccidere un uomo innocente.
Come il giorno prima Mauro la invitò a cucinare con lui, ma lei negò con la testa. Meglio tenere le distanze.
– Damiani manca una teglia con i pomodori conditi. – notò Gill, mentre controllava il lavoro da lui svolto. Damiani la guardò stupito. Il suo tono era acido, ma non così tanto come al solito. Forse, per un momento, aveva dimenticato chi fosse. Gillian lo guardò, in attesa di una risposta, e subito si rese conto di come lo avesse detto. Indurì lo sguardo.
– Guarda che se sbagli lo segno nel verbale. – disse più acida. Lui annuì senza aprire bocca. Forse non era tutto perduto.
***
"Che fai per pranzo?".
La domanda posta a Gillian la lasciò spiazzata. Come avrebbe dovuto rispondere? Certamente il suo direttore avrebbe voluto che accettasse. Ma lei cosa voleva? Non lo voleva vedere. Era simpatico, certo, tutti lo adoravano, ma lei non poteva, perché lei sapeva che persona fosse. Per colpa sua lei era caduta per due anni in una depressione dalla quale forse non sarebbe mai uscita. Eppure qualcosa stava cambiando. Se ne era accorta. Aveva trovato un nuovo colore e forse era proprio quello a darle la forza di andare avanti. Aveva ripreso a disegnare. Aveva fatto nuovamente l'abbonamento musei. E quel giorno sarebbe pure andata in palestra. Già la palestra! Avevano deciso di fare un'ora, un'ora e mezza prima che Alice uscisse, quindi proprio non poteva uscire con Damiani. Sospirò di sollievo.
"Scusa, ma devo andare in palestra."
"Vai in palestra?" le domandò lui, lievemente divertito.
"Già." rispose. Salì in macchina e se ne andò. Mauro sospirò. Quella Gillian era una tosta. Non si faceva intimidire da nessuno. E non perdonava nessuno. Ma lui voleva riuscirci.
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IL SAPORE DEI COLORI
ChickLitPer Gillian i colori sono ciò che caratterizzano le persone, le emozioni, la vita. Gillian ama la vita e ama i colori. O forse sarebbe meglio dire 'amava'. Due anni fa tutto ciò ha smesso di avere importanza. Due anni fa la sua vita è stata distrutt...