In qualche modo Mauro riuscì a convincerla ad andare il giorno dopo da Sabatino. Erano le 16 e dovevano andare a prendere Alice. L'ex-detenuto non le permise di restare sola. Aveva paura che facesse una sciocchezza. La giornata procedette piuttosto bene. Mauro, per distrarre Gillian, le portò a vedere una mostra sulle uova di Fabergé. Ad entrambe piacque molto perché le uova erano decorate in maniera molto precisa e Alice era entusiasta di scoprire tutti i meccanismi destinati ad ogni uovo.
"Questo cosa fa?" chiese per l'ennesima volta indicando uno splendido uovo color madreperla con una rete di diamanti sopra.
"Questo" le spiegò Mauro "è uno dei miei preferiti. Al suo interno c'è un piccolo elefante d'avorio ad orologeria e fu il primo automa ad orologeria mai realizzato."
Alice lo guardò con gli occhi spalancati per lo stupore.
"Ooh! Che carino! Posso vederlo?" chiese, congiungendo le manine.
"Purtroppo no, piccola." rispose Gillian "Ma se vuoi poi te ne compro uno piccolo nel negozio."
"Allora va bene!"
Al negozio Gill mantenne la parola e comprò alla piccola una catenina con l'uovo che le era piaciuto molto. All'interno vi era un minuscolo elefantino in metallo.
Dopodiché andarono a fare un giro nel parco al di fuori della Reggia di Venaria, dove avevano visto la mostra, era enorme e perfettamente curato. Gillian, nel passeggiare lì, si distrasse un po' da tutti i suoi pensieri, meravigliata da tutto ciò. Alice era così contenta! Gillian non poteva non sorridere: sua figlia era allegria pura e contagiosa. Da sempre era in grado di farla sorridere, per un certo tempo era stata anche l'unica. E ora? Non ne era più sicura. Con Michelangelo ed Elisa le cose erano molto migliorate, come se finalmente fosse riuscita ad aprire la porta che li separava e attraverso la quale comunicavano solo tramite il buco della serratura. Ne era davvero contenta. Anche perché Michi lo conosceva da prima che tutto succedesse ed era felice che finalmente avessero restaurato il rapporto di un tempo. E poi c'era Mauro. Quel rosso insistente e prepotente che era sempre con lei. Gillian non sapeva cosa pensare. Non riusciva a lasciarsi andare del tutto. Non voleva. Non poteva.
Mauro la guardò sorridendo.
"A cosa pensi?"
"A tante cose."
"Tipo?" la spronò.
"A com'è cambiata la mia vita in così poco tempo."
"In positivo?"
"Non credo potesse peggiorare ulteriormente."
Mauro sorrise.
"Però hai incontrato me."
"Con quello infatti ho toccato il fondo!" lo prese in giro.
"Ah si?" disse lui, iniziando a farle il solletico "Vediamo cosa dici ora!"
Lei iniziò a ridere e si contorse, cercando di sfuggirgli. Si girò e provò a farlo a lui sulla pancia. Lui scoppiò a ridere e lasciò la presa.
"Ah! Ma allora lo soffri anche tu!" gridò lei, soddisfatta di aver trovato un suo punto debole. Iniziarono così una battaglia di solletico nella quale, presto, venne compresa anche Alice.
***
Gillian si chiuse la porta della camera dietro. Sospirò. Alice stava dormendo. Ora era sola. Durante il giorno era riuscita a non pensarci, ma ora, in quella camera vuota e silenziosa, sentì tutto lo stress che aveva accumulato. Si passò le mani tra i capelli. Sabatino. Lui sapeva qualcosa. Ne era sicura. Lui avrebbe finalmente portato alla luce la verità sulla morte di Rob. Da un lato era terrorizzata. Aveva paura del vaso di Pandora che si sarebbe potuto scoperchiare. Scoprire segreti che non credeva esistessero. Scoprire di non conoscere suo marito. Che fosse un'altra persona. Scoprire che l'uomo che aveva amato in realtà non esisteva. Non avrebbe potuto sopportarlo. Sapeva che se fosse successa una cosa simile non sarebbe più riuscita a rialzarsi. Non poteva sapere. Non voleva sapere.
Allo stesso tempo, però, aveva un'ansia costante addosso di voler scoprire la verità. Di capire il perché di tutto. Capire cosa fosse successo. Sapere tutto e sapere subito. Ora. Immediatamente. Perché se avesse aspettato non avrebbe più avuto il coraggio di andare avanti. Non avrebbe avuto il tempo.
Eppure aveva così paura di perdere tutte le poche certezze che si era costruita a fatica da dopo quel giorno.
Inspirò profondamente. Continuava a vedere quel vicolo. Le notti ormai erano guerre perse prima ancora di iniziarle. Con tutto quello che era successo era come se avesse riaperto la ferita. Lo vedeva sempre. In continuo. Steso lì. In quella stretta via. Affogato nel suo stesso sangue. Con gli occhi fissi che non la vedevano. Con le mani abbandonate lungo i fianchi. Quelle stesse mani che lei aveva stretto forte, cercando di svegliarlo. Si ricordava bene il senso di nausea e di soffocamento che aveva provato, guardando il cielo, stretto da quegli alti muri. Non c'era mai ritornata in quello stupido vicolo dopo 'l'incidente'. Si ricordava la chiamata. Quella fottuta voce che le aveva distrutto tutto. Si ricordava l'ansia. Si ricordava di aver chiamato Michelangelo all'una di notte, mentre lei era già fuori casa, dicendogli di andare da Alice. Si ricordava la disperazione che sentiva addosso. Si ricordava ogni singola cosa di quello schifo di giorno. Si ricordava tutto. Tranne il suo viso. Non il viso dell'uomo morto che aveva trovato. No. Il viso dell'uomo con cui aveva vissuto. Ecco, quello continuava a sfocarsi. Se lo ricordava grazie alle fotografie, sì. Ma non riusciva a ricordarselo nella sua testa. Ogni volta era meno preciso. Ogni volta il suo viso veniva sostituito da quello morto e senza vita.
Espirò. Doveva sapere la verità. Voleva sapere la verità. Non importava cosa avrebbe scoperto. Sì. Sarebbe andata da Sabatino. Subito. Senza aspettare. Ma, forse, prima avrebbe dovuto organizzare le cose con cura. Forse prima avrebbe dovuto parlarne con qualcuno. Forse avrebbe potuto rimandare l'incontro con Sabatino. Forse prima doveva fare pace con la morte di suo marito. O forse non era ancora pronta ad affrontare tutte le conseguenze che lui avrebbe portato. In fondo un paio di giorni in più non avrebbero cambiato nulla, no? Sì. Avrebbe fatto così. Sarebbe andata tra un paio di giorni. Il tempo di fare mente locale.
Si sedette sul letto. Non sarebbe riuscita a dormire. Sospirò. Prese un libro e provò a leggere. Niente. Non riusciva a concentrarsi. Lanciò uno sguardo al diario. Era puro masochismo per lei leggere quelle pagine, eppure non riusciva a farne a meno. Come se tentasse inutilmente di riportarlo vicino a sé. Sapeva che non era possibile, ma quelle pagine avevano impresso sopra la sua voce. La sua risata. Il suo sorriso. Cose che Gillian aveva una terribile paura di dimenticare, sostituite dalla sua figura morta. Dalle sue labbra secche. Dalle sue mani fredde, abbandonate lungo il corpo. Prese il diario e iniziò a leggere.

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IL SAPORE DEI COLORI
ЧиклитPer Gillian i colori sono ciò che caratterizzano le persone, le emozioni, la vita. Gillian ama la vita e ama i colori. O forse sarebbe meglio dire 'amava'. Due anni fa tutto ciò ha smesso di avere importanza. Due anni fa la sua vita è stata distrutt...